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(Redazione) - Metricamente (Prontuario di sopravvivenza metrica) - 04 - La cantabilità dell’amore: dissertazioni sulla forma metrica della ballata

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  Di Ester Guglielmino Perch’i’ no spero di tornar giammai, ballatetta, in Toscana, va’ tu, leggera e piana, dritt’ a la donna mia, che per sua cortesia ti farà molto onore. Tu porterai novelle di sospiri piene di dogli’ e di molta paura; ma guarda che persona non ti miri che sia nemica di gentil natura: ché certo per la mia disaventura tu saresti contesa, tanto da lei ripresa che mi sarebbe angoscia; dopo la morte, poscia, pianto e novel dolore.   Guido Cavalcanti, da Rime, Perch’io non spero… vv. 1-16 Inizia così la più nota ballata di Guido Cavalcanti, il celeberrimo poeta fiorentino che fu personalità centrale, seppur controversa e misteriosa, dello Stilnovismo nonché grande amico di Dante. Appartenente all’alta aristocrazia, a una famiglia di rango ben più nobile rispetto a quella degli Alighieri, fu proprio lui a introdurre il Nostro presso i circoli culturali più in di Firenze. Pare, infatti, che la famiglia di Dante, rientrante nel novero della piccola aristocrazia, a...

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 50 - Poesia (come "estensione del silenzio") e "sinestesia"

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  di Sergio Daniele Donati La poesia, sin dalle sue origini, si colloca in uno spazio liminale tra parola e silenzio. Cercherò con questo mio articolo di tracciare qualche linea di intuizione sulla relazione tra silenzio, sinestesia e parola poetica , senza alcuna pretesa di completezza, visti i nomi di coloro che nella storia del pensiero si sono occupati del tema con ben altre competenze.    La mia piccola tesi è che la poesia non sia solo atto di linguaggio , ma soprattutto evento creativo con un evidente effetto prolungativo del silenzio che precede (e abita) la parola.   In altri termini, è proprio la parola poetica a rendere, tra le altre cose, percepibile il silenzio, togliendolo dal dominio non solo del non-detto , ma anche dell'indicibile , e, in un certo senso trasformandolo in materia estetica .  Rainer Maria Rilke osserva: “ Il bello è solo l’inizio del tremendo ”¹, e in questa tensione tra parola e ineffabile si manifesta, a mio avviso, la p...

Quantica

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  Falsa la tenuta [refolo di vento e assenza di voci nell'arbusto sacro]. Si caglia il latte e il sorriso d'opale [un'ebete certezza dalla consapevolezza aquilina]. ______ Testo — inedito 2025 — di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Il Midrash infinito e il sogno della verità: Idel, Kaplan, Celan, Jabès, Rilke e Luzi

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Il rapporto tra poesia sogno e Kabbalah costituisce un nodo centrale della riflessione contemporanea sulla mistica ebraica e sulla funzione epistemica dell’immaginazione.  Allo stesso tempo esso mantiene un sicuro fascino e una certa rilevanza anche nell'indagine critica di autori, anche del dominio poetico, storicizzati ed estranei alla cultura ebraica in senso stretto.  Moshe Idel , forse il più grande sapiente vivente in merito al pensiero ebraico e cabalistico ha mostrato in più sedi come ogni sogno sia latu sensu  null'altro che un testo  fluido e rivelativo per il quale, come poi riscopre la moderna psicanalisi, l'attività interpretativa non solo è necessaria e fondante ma anche formativa del sogno stesso.  L'interpretazione del sogno, come di ogni altro testo, è parte integrante, in altri termini, dello stesso sogno e, come risaputo, nella cultura tradizionale ebraica essa era oggetto di attività comune, quasi comunitaria, se il sognante ri...

(Redazione) - Dissolvenze - 49 - Vareuse

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  di Arianna Bonino Amleto: Guardate quella nuvola lassù. Non vi pare che richiami la forma di un cammello? Polonio: Sacripante. È un cammello davvero. Amleto: O piuttosto una donnola... Polonio: Infatti, ha la forma di una donnola. Amleto: Ma non pare una balena? Polonio: Tale e quale. Una balena. (William Shakespeare, Amleto, Atto III, scena seconda) Stamattina presto bussano alla porta. Spioncino: solo un cesto di limoni nell’oblò della lente. Chi è stato, lo so. Apro, l’aria è freschissima, piove da stanotte, dal giorno che era, da prima ancora. Gialli, ancora vivi, spruzzati di gocce che si aggrappano sulla scorza brillante. Lavandino: boe gialle che hanno perso la rotta. Graffio, fiuto. A occhi chiusi vedo cose misteriose e lontane, fosfeni di sogno. Correvo tra i muretti a secco, le trecce sfatte, lunghissime. Un sioux col fango sulle guance. In fuga, ridendo di paura, il cuore in gola, e scampavo sempre ai cattivi, visibili e invisibili. Nel fitto trifoglio delle terrazze...

(Redazione) - Fisiologia dei significati in poesia - 19 - Il poeta e la sua parola (parte quinta - Somme prima della Sintesi)

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di Giansalvo Pio Fortunato Arriviamo, dunque, al punto cruciale di questa ricostruzione su un’analiticità in poesia. Lo facciamo tramite il supporto di una riflessione fenomenologica, volta ad equilibrare coerentemente tesi ed antitesi precedentemente espresse. Il presupposto essenziale, in questi termini, è il riconoscimento del potere determinante dell’autore entro l’atto poetico. Un atto poetico non ipostatizzato implica, infatti, la naturalizzazione derivante dall’intendere nel costrutto poetico l’esperienza di linguaggio e l’esperienza percettiva del poeta. Avendo ben chiaro, in tal senso, che, pur nell’unità soggettiva (lo stesso Io nei pressocché stessi momenti di vissuto), l’esperienza di linguaggio non è pienamente compiuta nell’esperienza percettiva e viceversa. Il che significa, naturalmente, che se da un lato la poesia non è definibile nel solo e semplice atto di relazionalità contingente al mondo fenomenico inerito e percepito, dall’altro la poesia non è totalmente estrane...