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La vibrazione dell'abbandono (Oblivion)

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  Foto ricavata dal Web Eppure trema ancora  e vibra, e, più lo tacito e ne spezzetto il nome  in tessere dello Scarabeo, più lui trema.   La vibrazione dell'abbandono è un bicordo antico.   Il resto sono richiami  alla nebbia della solitudine che non hai inventato tu, nè hai importato tu nella mia vita.   Nè l'avrei voluta io quando, nato al mondo, mi fu negato l'abbraccio che da sempre dona il respiro a chi odora ancora di placenta e del sogno di un ventre capace di filtrare  gli stridii della vita in suoni di cetra.   Ora tu vai, e così io, consapevoli entrambi  che un amore inizia prima dell'incontro e, se finisce, trasmette al mondo la sua bava di lumaca e il suono di questa fisarmonica che non ha sosta e dona a esseri inconsapevoli la sua nostalgica  e senza via di fuga rotazione attorno ad un sole che si fa beffa  dei nostri strazi.   Oblivion de Astor Piazzolla  Animazione di Ryan Woodward    

(Redazione) - Muto Canto - 16 - Gaston Bachelard: la fiamma come sostanza poetizzante

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di Anna Rita Merico …Chi ci aiuterà a discendere nelle nostre caverne? Chi ci aiuterà a ritrovare, a riconoscere, a conoscere il nostro essere duplice che, da una notte all’altra, ci fa esistere. Questo sonnambulo, che non cammina sulle strade della vita, ma che scende, scende sempre alla ricerca di dimore immemorabili. Il sogno notturno, nel suo profondo, è un mistero di ontologia… 1   Riflettere sugli infiniti rimandi a cui il fuoco può inviare apre orizzonti tutti da esplorare. Il primo richiamo è all’antico: nelle viscere di grotte preistoriche, la fiamma illumina, nel bordo scomposto dal movimento del bagliore, la proiezione della lotta-amicizia con l’animale. Si scorgono elementi che compongono la frase: la grandezza dell’animale, la paura suscitata, l’arte del suo contenimento attraverso l’agito nella pittura parietale, l’esplosione di una prosa intrisa, sino all’inverosimile, di simbolismo fino ad allora inaudito. Assistiamo muti all’alba di cosa? Si delineano aurorali process

"Un palpitio lontano e costante" - tre poesie inedite di Gisella Canzian con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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      Se c'è una cosa, a parer mio, che assimila la scrittura poetica al vivere o, se vogliamo prendere il percorso dell'astrazione, alla Vita, intesa come fenomeno più grande delle nostre stesse esistenze, è che il loro ritmo interno, il loro palpitio, se vogliamo rifarci all'archetipo del cuore, a volte si percepisce netto, altre volte pare esser un suono indistinto e costante, retrostante l'udito di chi legge (e vive). La vitalità delle immagini poetiche, così come quelle di un paesaggio colto da un treno, è sempre un Altrove, certo, ma un Altrove Prossimo e non talmente distante da non farci udire i suoi mugugni, così come i suoi canti. Queste riflessioni di poco peso, eppure per me importanti, mi sono giunte leggendo queste tre poesie inedite di Gisella Canzian , figlia di una terra, il Veneto, che queste riflessioni conosce sin troppo bene.  Sono poesie, come vedrete leggendole, allo stesso tempo potenti, in un certo senso disarticolanti, ma sempre rispettose dell