Meditazione sul treno del ritorno
L'avvocato si siede felice. Ne ha salvato un altro, a Marcaria, un paese di mille abitanti vicino a Mantova. Chiude gli occhi. Sempre più stanco.
Il treno lento culla i suoi pensieri. O sono i suoi pensieri a rallentare il ritmo della locomotiva sulle rotaie?
E il ricordo del maresciallo dei Carabinieri che lo aveva ringraziato, stritolandogli la mano, gli strappa un sorriso.
Poi il volto del ragazzo, sfidante ma fragile, che gli chiede se andrà tutto bene.
"Certo che andrà bene", aveva detto.
Ma poi cosa mai è il bene per un ragazzo di 16 anni con quel passato famigliare addosso?
L'avvocato non lo sa.
E i vecchi al bar che bevono un bianchino e l'avvocato ci entra in contatto quasi fosse un extraterrestre in un Saloon di un film western.
Poi si ricorda di suo padre e della Modena che gli vibrava nel cuore e nelle parole.
E si ritrova a parlare in modenese coi vecchi, che gli raccontano la loro vita, mentre il cinese titolare del bar sorride.
"Mantova è Lombardia come io sono biondo con gli occhi verdi", pensa l'avvocato con gli occhi chiusi.
E poi arriva. Il ricordo. L'avvocato da piccolo, triste e solo davanti al mare a tirare ciottoli sulle onde, dopo litigio con un amichetto.
E la voce di papà da dietro che dice "t'ad fag veder come s'al fa" (ti faccio vedere come si fa) e ne prende uno piatto che rimbalza sette, dico sette, volte.
E poi gli mette la mano tra i capelli senza dire niente.
E l'avvocato, con gli occhi chiusi sul treno, dice silenziosamente "at vori bein, papà", ti voglio bene papà.
E poi piange che tanto il treno è vuoto, e comunque avrebbe pianto lo stesso.
E poi dice "am so brisa quel che ho, sai, in questo periodo" (Non so mica cos'ho in questo periodo).
E sente la voce del papà che gli risponde "al fa nient, ragastazz, al passa poi". (Fa niente ragazzo, poi passa).
Poi pensa alla ragazza elfo dell'andata. Chissà se scrivendo ha asciugato le sue lacrime?
A me succede. La scrittura mi salva, mille e mille volte al giorno.
Ogni scrittura, intima, professionale, poetica, mi salva.
Sì ma da che cosa?, pensa l'avvocato.
E la voce del maestro che gli parla.
"Ti salva dalla spada rivolta contro il cielo, o contro il tuo ventre, che poi è lo stesso".
È l'avvocato pensa.
Sì scrivere mi salva mantenendomi umano, fuori dal delirio di onnipotenza, come dalla autodistruzione.
Scrivere, pensa l'avvocato, mi serve a riporre la spada nel fodero. Poi apre gli occhi. La campagna della Bassa scorre lenta davanti ai suoi occhi.
E l'avvocato riflette tra sé e sé.
"Ce la farò? Certo che ce la farai, ce l'hai già fatta. Hai trasformato".
E gli incontri che soccorrono, e i ricordi che soccorrono, e i sogni che soccorrono, e le parole ed i silenzi che soccorrono, e le voci che soccorrono, e quel papà di poche parole che soccorre dall'assenza.
E poi c'è l'avvocato e suo figlio.
Tredici anni, un fascio di emozioni e entusiasmo e qualche paura.
E l'avvocato lo vorrebbe con lui ora, sulla riva di un fiume, a tirare sassi.
E vorrebbe potergli dire, ora e non stasera, che il mondo è suo, che il primo amore non si scorda mai, che ha un padre con mille difetti e una sola grandezza: la capacità di trasformare.
Intanto il treno va, come la nave di Fellini, e raggiunge a fatica la sua massima velocità, 40 km all'ora.
Ma va bene. Va tutto bene.
Oggi lento è bene.
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