La danza del perdono e del ritorno (Tikkun)
Poi tutto torna al suo posto (al suo naturale e legittimo posto).
E tutta l'energia che hai messo nel desiderare mediazione e rimediazione, nell'impulso al tuo personale Tikkun, si manifesta in un solo semplice gesto di accettazione.
Ti fermi e accogli i tuoi limiti, quelli di allora.
Il presente sana un passato vorticoso e un poco folle.
Il tempo non pone a tutto balsamo, eppure tu non hai smesso di desiderare, di ricevere e donare, perdono. Mai!
Anche quando niente sembrava avere un senso, non hai ceduto mai alla tentazione di negare un significato a ciò che avveniva.
Giorno dopo giorno, con faticosi passi, nel buio più totale, hai saputo immaginare la luce.
Hai saputo farne un progetto.
Ora tutto ti pare semplice, persino evidente; e della fatica, delle notti insonni, o dei sogni troppo pesanti per farne parola, restano solo tracce nei peli ormai grigio-bianchi della tua barba.
Quel gesto di mediazione e rimediazione che hai ora con tanta facilità compiuto, non nasce dal nulla, né va verso il nulla. Proviene e va verso di te, verso il tuo centro.
È figlio di un progetto di crescita.
Posi la penna su un foglio ormai denso delle sole tue intenzioni.
Vorresti piangere: per ciò che sei stato, ciò che ora sei, e, sopratutto, per ciò che non hai osato essere (allora, sinora).
Vorresti dar sfogo alle tue lacrime, ma un antico silenzio copre ogni tuo impulso e rende la tua stessa esistenza santa agli occhi del mondo.
E respiri una aria calda e lenta con polmoni nuovi, di fanciullo, di bimbo appena uscito dal ventre materno.
Risorgi al mondo sotto sguardi benevoli e innamorati, chissà di chi.
E posi, infine, il pensiero su una sola lettera, la seconda dell'alfabeto ebraico.
È l'inizio della storia da noi tutti conoscibile, è la fine (senza fine) della tua prima esistenza.
Il tuo canto silenzioso diviene armonia celeste, pioggia di gemme, accordo angelico.
Ora sai dove devi andare e quale motivazione ti muove.
Non esiste più incertezza nei tuoi passi e danzi al ritmo della più veloce delle spirali, davanti a quel mare che ti ha infine dolcemente depositato sulla riva.
Poi entri nel bosco, e a ciò che prima è stato non fai più ritorno.
Nemmeno con un pensiero, nemmeno con un ricordo, nemmeno con una carezza.
Resta il canto, certo. Non il tuo.
Resta il canto di coloro che ti hanno condotto e tenuto sinora per mano.
E se la tua mano ora è calda (e raccoglie tesori per terra), non dimentichi a chi devi quel tocco.
Saluti lentamente tutto ciò che per te è stato prima di divenire infine il figlio delle tue stesse scelte.
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