La danza di Maia, la ninfa (e Zeus)
Sono scesa dal cielo, ho lasciato le mie sorelle perché il Sogno mi ha detto che qui ti avrei incontrato.
Sono poi uscita dal Sogno perchè il cielo mi ha detto che non esisti.
E guardo i miei piedi sul muschio e respiro, tra cielo e Sogno e mi incanto, perchè lontano, troppo lontano, so che invece esiste un luogo dove Sogno e cielo fanno l'amore.
E i miei piedi prendono la forma delle foglie. E respiro.
E alzo il palmo della mano sinistra all'altezza dei miei occhi e il mio volto si adombra, gli occhi si velano e canto piano l'uscita dal Sogno.
A nulla valgono i riflessi di stelle nelle mie pupille, a nulla.
E muovo il primo passo. E la schiena si raddrizza, lo sterno si allinea alla cinta di Orione, e monta, monta, monta la rabbia.
Perché troppo a lungo ho sognato.
E il secondo passo, più deciso, pesta forte contro il muschio, come una mazza contro il tamburo, e poi salto. Cado a terra. Mi rialzo e salto ancora. E ogni volta che cado (e mi rialzo) pezzi di Sogno vengono assorbiti dal terreno.
E la rabbia cala e lo sterno viene elevato, e lo sguardo si posa su galassie lontane.
Allora danzo, danzo, danzo. Perché sono uscita dal Sogno e tu non esisti.
Ma, ecco, il corpo ruota su se stesso, e poi ancora e ancora.
Mi faccio vento, turbine, tromba d'aria e sollevo foglie e spezzo rami.
E gli animali spaventati fuggono. E io sono uscita dal Sogno e tu non esisti.
E il cielo tace. Ma che ne sa il cielo della forza che si sprigiona dai miei piedi, dai miei polpacci, della potenza che si scatena dalla mia uscita dal Sogno, dalla tua inesistenza?
Che ne sa il cielo, che sposta galassie e crea mondi, e forma anelli di meteore attorno a Saturno, di un cuore che batte e di piedi che danzano la danza dell'uscita dal Sogno?
Che ne sa il cielo della risposta che dà il mio cuore al fatto che tu non esisti?
E corro, corro, corro, poi salto, in alto, fino alle nuvole, e atterro sulle punte e danzo la danza della fine del Sogno.
E tu non esisti.
E non provo più nulla. Solo la gioia del corpo che batte sul terreno e poi si eleva, privo di peso, e plana lontano. Lontano dal Sogno.
E tu non esisti.
E poi sotto quella quercia mi fermo. E alzo lo sguardo, velato.
E tu mi guardi, come un Dio guarda una foglia.
E tu sei il Dio e io la foglia. E so già che tingerò di verde linfa le tue labbra e le mie ciglia poseranno polvere di stelle sul tuo addome.
Perché ora le sento, le mie sorelle, le Pleiadi, cantare e sussurrare il nome di un figlio, il nostro, che di questa danza avrà il segno; ali nei piedi
E io esisto, e tu esisti. Noi esistiamo.
Fuori dal Sogno.
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