La grande tela

 


È una tela enorme. Così grande che si fatica a percepirne i contorni. 

Così immensa che sembra contenere tutti i colori, tutte le loro sfumature possibili. 

È un quadro talmente grande che ognuno ci legge e vede cose diverse. 

Ritratti, scene di battaglia, paesaggi campestri, persino dei canali veneziani con le gondole nere su riflessi vibrati dell'acqua. 

Chi ha un animo infantile e sognatore pare che riesca leggerci palloncini e mongolfiere e zuccheri filati alle fiere del villaggio. 

Piero lo guarda, entrando nella gigantesca sala del museo, e ne rimane colpito. 

“È un quadro davvero gigantesco”, pensa. 

E sente che quella scena di caccia al cervo gli ricorda qualcosa. 

Forse le sue vacanze in Inghilterra di tanti anni prima. 

Coi prati perfetti, senza un filo d'erba fuori posto, e la boscaglia fitta nella quale sembrava di percepire il richiamo a antiche saghe e battaglie medievali. 

Mentre il bimbo al suo fianco si lecca le labbra alla vista delle ciambelle fritte della fiera, Piero vede il cervo, come sempre regale, fuggire a una muta di cani assassini con la bava alla bocca. 

Vede nell'occhio del cervo un certo sprezzo, come quello che ha chi sa di aver già vinto. 

“Niente da fare” - pensa – “i cani torneranno dai loro padroni a bocca asciutta. È il cervo il gatto e loro i topi.” 

Il bambino al suo fianco piange. La mamma sta cercando di spiegargli che è un quadro e che le ciambelle fritte non sono reali. Ma lui insiste. Ne vuole una, di quelle con la glassa rosa sopra e la marmellata dentro. 

“Vieni” - gli dice – “andiamo a prendere un gelato”. 

Il bimbo guarda il quadro un'ultima volta con rimpianto e chiede alla mamma se il gelato può averlo con tre gusti. La mamma cede, volentieri. 

Intanto Piero è entrato nel bosco e vede due guerrieri medievali affrontarsi all'ultimo sangue. Armature luccicanti su entrambi, si stanno tirando terribili colpi di mazza ferrata e nessuno dei due pare cedere. 

Il cervo passa di lì. Li guarda con sprezzo (ha proprio la puzza sotto il naso 'sto animale) e corre via. 

I cani pure passano di lì. Si mettono ad abbaiare gioiosi ai due guerrieri che, disturbati, montano sulle loro cavalcature. 

“Avrò la mia soddisfazione un'altra volta” - dice uno. 

“Sarà l'ultima volta che impugni una spada” – risponde l'altro. 

E corrono via al galoppo, entrambi troppo orgogliosi per poter pensare di averla scampata bella. 

La muta di cani si divide in due. Una parte continua a inseguire il cervo (Piero ne ha ormai perso le tracce ma i cani hanno un gran fiuto, si sa). 

L'altra cerca di azzannare i cavalli dei due guerrieri che, spaventati, si impennano come un motorino guidato da uno scugnizzo napoletano, rischiando di far cadere entrambi per terra. 

“ 'sto quadro qui lo faceva anche mio mio nipote di tre anni” - dice un vecchietto, e aggiunge. - “due linee, due colori. Sarà mica arte...” 

Piero si indispettisce. 

“L'arte bisogna saperla capire, caro signore, provi lei a tratteggiare una caccia al cervo con tutti quei particolari”. 

Il vecchio non demorde 

“Caccia al cervo? Ma cosa dice? Due o tre macchie di nero, quattro di blu. Sembrano sputi colorati. Anzi sono sicuro che l'autore ha ingerito vernice, prima di sputarla sulla tela.” 

Piero tace, ma un pensiero sul fatto che ai suoi tempi gli anziani non si facevano di acidi lo fa. 

E poi entra Lei. Elegantissima, sensuale, silenziosa. 

Prende senza dubbio alcuno il centro dell'attenzione nella sala. 

Persino Piero, che quando si immerge nell'arte niente può tirarlo fuori, si distrae. 

Le guarda il volto. Perfetto. Occhi verdi tirati, naso regolare ma non troppo. Labbra da urlo notturno in lingua aramaica antica. 

Lei si gira verso di lui. 

“Non trova anche lei signore che in questa scena con bacio, l'artista ha colto tutta il sensuale mistero del desiderio femminile?” - dice. 

Piero comincia a dubitare che ci sia un pusher particolarmente spiritoso all'entrata del museo. 

Ma Lei è talmente bella che non osa contraddirla. 

Balbetta qualcosa sulla sensualità della natura (per aver semmai in futuro motivo di dire di aver parlato onestamente) e le chiede se è appassionata anche lei d'arte. 

“No”- risponde Lei – “mi piace il sesso e l'erotismo in tutte le sue declinazioni, anche artistiche”. 

E gli strizza l'occhio. 

Piero arrossisce che sembra un peperone maturo. 

“L'unica cosa che non capisco (e forse lei potrà aiutarmi)” - dice Lei - è cosa abbia voluto dire l'autore disegnando dei fili di zucchero filato sui capelli della donna e perché ci siano dei palloncini sgonfi sul cilindro di lui. Che sia un messaggio sul dato infantile del sogno erotico e sullo sgonfiarsi dell'amore dopo il coito? Sa come dicevano i latini, post coitum omne animal...”. 

“In effetti” - pensa Piero - “nemmeno io ho capito perché uno dei due cavalieri avesse in mano, oltre alla mazza ferrata uno di quegli enormi peluches che si vincono tirando giù lattine coi fucili ad aria ai luna park”. 

Decide di tacere ancora. Si volta e se ne va. 

“Non mi chiede nemmeno il numero di telefono” - sente dire da Lei, risentita. 

Si gira. La guarda. 

“No, preferisco lasciare un alone di mistero. Vediamoci qui davanti alla grande tela, domani pomeriggio. Vuole?” - risponde e sorride mostrando i suoi denti ingialliti dal fumo. 

“Lei è un furbetto, sa” - dice Lei senza far caso alla dentatura di Piero - “ma va bene. Mi piace giocare al gatto e il topo, che poi chi sia il gatto non si sa mai”. E gli lancia uno sguardo da ululato in armeno antico. 

“Il museo sta per chiudere” - urla l'usciere - “siete pregati di appropinquarvi all'uscita”. 

Appropinquarvi” - pensa Piero – “che termine desueto! Ma d'altronde anche desueto è desueto” e accelera il passo. 

Di lontano gli pare di sentire un potente bramito di un cervo e un oooh di una folla estasiata, a una fiera di fine ottocento, quando le mongolfiere si alzavano alte in cielo.
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Commenti

  1. bello!. Anche io ad "appropinquarsi" ho pensato:
    -Appropinquarsi, che termine desueto- :-)
    Chissà il cervo ...

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    1. Forse anche un "cervo che si appropinqua" è desueto :)

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  2. Penso anche C422, una tela enorme e io son qui.
    Mi sarei fatta arrestare, ma l'avrei coperta di cavalli e loro chimere

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