Quando danzai la danza della purezza
“Sergio Donati, passaggio di secondo Dan”, dice il Maestro.
Seduto in Seizà, saluto alla giapponese e mi metto al centro del tatami.
“Tecniche in piedi. Tre Ukè (attaccanti)”, dice il Maestro.
Le mie mani diventano calde e lo sguardo si posa sull'orizzonte. Lontano.
Saluto, in piedi gli Ukè.
Posizione di profilo. Perfetta.
Il primo prova una presa al polso. Esco dalla linea d'attacco, e entro sul suo asse verticale col gomito. Lo proietto lontano da me. Un perfetto Joko Irimì, una delle mie tecniche preferite.
Il secondo mi attacca alle spalle. Faccio un veloce spostamento indietro. E lo proietto, facendolo girare attorno la mia schiena. Koshì Nage.
Il terzo mi porta un veloce Tzukì (pugno centrale) al petto.
Esco dalla linea d'attacco. Faccio una serie di leve su polso e spalla e lo immobilizzo a terra. Quando lo libero ci guardiamo e sorridiamo. Ci guardiamo e ci guariamo.
“Bokken”, la spada di legno, dice il maestro. Due attaccanti.
Mi giro e gli sorrido, mentre prendo il Bokken. Lui mi guarda. Impassibile.
È estate. Ci sono grilli e cicale e un caldo afoso che non dimenticherò mai.
Uno dei due attaccanti, è lei, il miglior Bokken, Maestro a parte.
A vedere come lo usa sembra di danzare tra le stelle. Si mette alle mie spalle.
Davanti a me un mio grande amico, quarto Dan.
Immobili, per lunghi secondi. Chiudo ogni spazio interiore.
Chiudi, Sergio, chiudi e ascolta.
Ricordi lontani.
Non ora Sergio non ora. Resta presente. Ascolta.
Tutti e tre immobili. Loro cercano il varco. Io chiudo ogni varco.
Le mie palpebre si abbassano.
Cicale, ricordi, grilli.
La sera prima c'era un cielo stellato. L'ho guardato a lungo.
Immobile. Chiudo ogni varco.
Eccolo, il fruscio del piede di Lei. Si sta spostando. Sento la sua spada alzarsi alle mie spalle. Attendo. La sua spada scende.
C'è un momento preciso per uscire dalla linea d'attacco.
Se lo fai troppo presto vieni colpito. Se lo fai troppo tardi, pure.
Attendo e poi esco. La mia spada traccia una linea orizzontale e si ferma esattamente a un centimetro dai suoi occhi, che brillano di stelle.
Mi pare di intuire un suo cenno d'assenso.
Questo rischia di farmi cadere. Il mio amico sta attaccando dall'altra parte.
Esco dalla linea del suo attacco. Schiacciata e presa del centro. Il mio Bokken si ferma a un centimetro dalla sua gola.
Silenzio, silenzio, ovunque.
Sembra che persino le cicale abbiano smesso di farsi sentire.
“Domande teoriche”, dice il Maestro.
Mi metto in Seizà e attendo.
“Che ruolo ha il Silenzio nella pratica, Sergio”, chiede il maestro.
Taccio lo guardo negli occhi.
Che poi è un guardare oltre gli occhi, più in là.
Si impara con la pratica. Si impara lasciando cadere pesi e fatiche dalle mani.
I minuti passano.
“Che ruolo ha il Silenzio nella pratica, Sergio”, ripete il Maestro
Taccio. E lo saluto alla giapponese. Lui risponde col più rispettoso dei saluti.
“Sergio Donati, secondo Dan”, dice.
Torno al mio posto in Seizà.
Chiudo gli occhi e lascio che qualche lacrima scenda sulle mie guance.
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