The reason why (Oblivion)
"Danza" di Sergio Daniele Donati |
Lo sai, non è il nome
di questa musica,
il suo richiamo al ricordo
o al valore dell'oblio,
a farmi scrivere di noi.
È quella nota iniziale, tenuta,
una traccia siderale
verso un infinito di frammenti,
a togliermi dal balsamo del silenzio
e spostare la mia attenzione
sulla colla delle parole.
È stato un éclat, hai ragione,
e forse non ha senso
questo mio agitar lemmi
in movimenti sensuali, a spirale.
Dovrei tessere veli,
o tirare alte le vele
sull'albero maestro,
e parlare del futuro
che già colora d'alba
i cieli di un uomo placato.
È stato ciò che è stato
e forse ogni parola aggiunge
solo briciole di comprensione
a ciò che nacque
per portar significato al mondo,
e si spense poi nel buio
cieco dei miei occhi.
Ma poi c'è quella nota
e a lei ritorno,
con passo zoppo
e occhio presbite.
Se scoppia una stella in cielo,
mi dico,
nascono comete e sistemi solari.
E non sono cocci;
è la vita che pulsa
dietro la descrizione di un lutto.
So bene e non dimentico
la tua diversa attitudine
che tanto invidiavo e amavo;
la tua capacità di passare oltre
e contenere il magma e lo strappo.
E so che questo mio dire
si trasforma ai tuoi occhi
in materiale per letteratura;
scadente.
Ma io vengo da deserti
dove il primo detto è imperativo
e impedisce lo spreco;
gente che nella fuga
crea pane senza lievito
e tramanda ai propri figli
il valore trasformativo della parola.
Per questo quella nota tenuta
mi impone di seguirne le tracce.
Non per ricomporre il vaso,
ormai brecciato,
ma per rifonderne le argille,
che per me so ancora vive,
in nuove e più solide giare.
I deserti -i miei- hanno bisogno di acque,
e le acque di contenitori porosi
capaci di trasudare
i miei sguardi bambini
su altre sabbie.
E ci vuole una nota tenuta,
lunga e lenta,
simile al canto del Samurai
nelle notti di luna piena,
quando riforgia la sua spada;
scheggiata.
Sono suoni scimmieschi e gutturali,
richiami all'essenza del materiale
e di chi lo trasforma;
perché prendano vita
di nuovo entrambi
dalla spirale della consapevolezza.
Straordinario! Qui ti superi proprio caro Sergio.
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