Un dialogo tra opposti
La mia macchia
Tardi, dicono, troppo tardi.
In ritardo di decenni.
Annuisco: sì, ce n’è voluto
prima che trovassi parole
per l’usurata parola vergogna.
Accanto a tutto ciò che mi rende riconoscibile
ora mi rimane appiccicata una macchia,
netta quanto basta
per gente
che indica con dito senza macchia.
Addobbo per gli anni che restano.
O forse si doveva provare il travestimento,
stendere il velo pietoso?
D’ora in poi mi circonderebbe la quiete
in mezzo a rane gracidanti.
Ma già dico sì, no e nonostante.
Non si può mascherare
il torto sanzionato.
Mai troppo tardi ciò che fu ed è
viene chiamato per nome.
La macchia vincola.
Günter Grass (Raffaelli, 2008)
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Fatico
Fatico a dirti che l'usurata parola
non è vergogna,
che è corroso ciò che non nomini;
che è onta per le mie palpebre
il tuo mugugnare nello stomaco
un io, io, io senza fine,
come se ai milioni
di dita amputate
importasse qualcosa
indicare la tua macchiolina
su una camicia di lino.
Ti macchia non aver dedicato,
in questo tuo bel parlare,
una parola ai macchiati dalla storia,
ai miei passi incapaci
di vedere un treno d'inverno
senza udire strazi sulla pelle.
Infanga la mia memoria,
e credo anche la tua,
non ciò che fosti
-altro è il Giudice,
io sono uno scribano-
ma il tuo parlar
di gracidare di rane
e chiudere l'orecchio
ai canti mai cantati
dei miei bambini.
Sergio Daniele Donati - Inedito 2021
Straordinaria! Su quella ferita sempre aperta non basteranno mai parole di estrazione né pentimenti postumi
RispondiEliminaSarebbe possibile se chi si pente di rivolgesse ad altro che sé
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