Tango in terzine (un 4/4 mascherato - Oblivion)
" Evanescenza" - foto di Sergio Daniele Donati |
le aderenze non strappino
tessuti appena cicatrizzati;
odorano di muschio e ginepro
tessuti appena cicatrizzati;
odorano di muschio e ginepro
le tracce ancora biancastre
del tuo passaggio, sulla mia pelle;
del tuo passaggio, sulla mia pelle;
sapeva invece d'eucalipto
lo sguardo felino, il tuo,
e quel batter di ciglia.
lo sguardo felino, il tuo,
e quel batter di ciglia.
Da buon ebreo
mi dondolo, sai,
quando il ricordo si fa battente
mi dondolo, sai,
quando il ricordo si fa battente
e la memoria ripercorre
un intrecciarsi di gambe,
un mescolio di fiati
- appannavano i vetri
d'una stanza, troppo stretta
per contener quel grido -.
un intrecciarsi di gambe,
un mescolio di fiati
- appannavano i vetri
d'una stanza, troppo stretta
per contener quel grido -.
Mi dondolo e spero
che la nenia plachi la furia
che la nenia plachi la furia
del nostro mancato ascolto.
Da buon ebreo resto a guardia
d'un imperativo sovrano
che tacita la rivolta
Da buon ebreo resto a guardia
d'un imperativo sovrano
che tacita la rivolta
e mi spezza e rende umile
il mio humus
- funghi gialli su terreno umido -.
- funghi gialli su terreno umido -.
È stato ciò che è stato
e dentro ognuno di noi
una voce distinta
e dentro ognuno di noi
una voce distinta
canta lo stesso canto
- in lingue lontane -
e chiude palpebre senza peso.
La senti lì, ancora viva,
- in lingue lontane -
e chiude palpebre senza peso.
La senti lì, ancora viva,
trasformata in ricordo
quell'antiqua fabula?
quell'antiqua fabula?
Due solitudini s'incontrano
si sorridono e poi
vanno, lasciando scie
e richiami alla pausa
per un mondo troppo distratto
si sorridono e poi
vanno, lasciando scie
e richiami alla pausa
per un mondo troppo distratto
da pensieri bluastri.
A cosa sia servito
il nostro breve canto
io non so.
So che mi dondolo e canto
perché non sia di sirena
il richiamo al bello.
il nostro breve canto
io non so.
So che mi dondolo e canto
perché non sia di sirena
il richiamo al bello.
Canto e scrivo e
mi dondolo e sollevo i veli,
di una lunga narrazione
che non torna mai a sé stessa,
né abbandona la sua sorgente,
troppo pura per le nostre labbra.
mi dondolo e sollevo i veli,
di una lunga narrazione
che non torna mai a sé stessa,
né abbandona la sua sorgente,
troppo pura per le nostre labbra.
Ti dedico
uno dei miei occhi
- forse il più fragile -
quello incapace di guardar lontano,
che sfoca i contorni
per posarsi sul centro.
uno dei miei occhi
- forse il più fragile -
quello incapace di guardar lontano,
che sfoca i contorni
per posarsi sul centro.
È l'occhio del gufo, veggente, sì,
ma delle striature
di tramonto d'un passato vicino;
resta lì, e ti guarda, e mi guarda
e posa una mano callosa, da nonno,
sulle nostre pulsanti nuche.
ma delle striature
di tramonto d'un passato vicino;
resta lì, e ti guarda, e mi guarda
e posa una mano callosa, da nonno,
sulle nostre pulsanti nuche.
È uno sguardo che perdona,
e lo fa cantando nenie piane
e senza tempo per chi si perde.
e lo fa cantando nenie piane
e senza tempo per chi si perde.
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