(Redazione) Riflessioni, non recensioni - 02 - "Il mio nome è Nessuno" - tra favola e filosofia

di Stefania Lombardi

Non è un mistero che i film mi piacciano e adoro concentrarmi sui film cult su cui, data l'ampia diffusione, non si parla più di recensioni ma di riflessioni.
Da cui il titolo della rubrica. Che dire di "Il mio nome è Nessuno"?
Questo film entusiasma non solo per il romantico ed evocativo richiamo a tutti i “nessuno” fautori del cambiamento e non solo per i rimandi a Ulisse: il cambiamento fatto persona espletato nella metafora del viaggio continuo che non basta mai a soddisfare la sete di conoscenza.
Riguardo il cambiamento portato avanti dai molti e differenti “Nessuno” capaci di creare, addirittura nuovi universi, rimando a uno dei fumetti di Dylan Dog, dal titolo: "Storia di Nessuno".
E, soprattutto, Nessuno, non cerca il cosiddetto “successo”, cerca tempi migliori. Non cerca riconoscimenti personali ma fatti che influiscono sulla collettività.
È l’idealismo incarnato. Ho già fatto considerazioni simili in passato sul mio account social personale.

Figura 1. In questa immagine Beauregard contro il mucchio selvaggio

Le condivido anche qui per l’importanza che attribuisco a questo film che considero formante.
E lo è non soltanto per la poesia nel passaggio di consegne fra l’eroe dei tempi antichi e quello dei tempi nuovi, tra la serietà degli antichi e la strafottenza geniale dei nuovi.
No, non è solo questo. “Il mio nome è Nessuno”, esattamente come “Il Padrino”- di cui abbiamo parlato la volta scorsa - sono film sia filosofici che romantici per eccellenza.
Forse non saranno tra i film migliori della storia ma c’è veramente di tutto in essi.
Storia, destino, caos, passione, romanticismo, vendetta, tradimento, omicidi, ineluttabilità, amore, amicizia, passione, delusione, crudeltà, morale, senso del sacro e del dissacrante, storia individuale e collettiva, psicoanalisi, paradossi, ironia… non manca nulla, ma proprio nulla!
Per questo si apprezzano a ogni età e tra diverse tipologie di persone 1.
Tornando al nostro film, a “Il mio nome è Nessuno”, gli eroi sono simboli.
C'è anche, a ben vedere, Leone e Valerii che rendono omaggio a Clucher perché sembra quasi che ci sia un nuovo Trinità o meglio, non Trinità (su questo è già stato detto molto) ma la sua versione decisamente più idealista dentro il personaggio di Nessuno.
Si gioca su eroe e antieroe.
Se “Brecht” diceva “sventurata quella terra che ha bisogno di eroi”, qui, in realtà, l’eroe è mostrato come una nostra rappresentanza perché siamo tutti “Nessuno”, esattamente come le vecchie generazioni, tutte, sono Jack Beauregard. Il film è sui riti di passaggio sia individuali che collettivi.
Sono i tempi antichi che fanno posto ai tempi nuovi.
Ed esattamente come gli eroi/simboli protagonisti del film, restano in contatto a distanza perché i tempi nuovi non possono fare a meno dei tempi antichi, non possono dimenticarli, anche se cercano di trovare la loro strada, il loro posto nel mondo, con il loro proprio modo di intendere e di fare le cose.
Un po’ come il rapporto genitori/figli.
Chi ama ti lascia andare ma c’è, ti osserva a distanza, resta in contatto, come i due eroi/amici del film.
I tempi nuovi fanno solo finta di “uccidere” i tempi antichi (infatti l’uccisione è simbolica), un po’ come il finto duello tra “Nessuno” e il suo eroe di sempre e, amico, Jack Beauregard.
E così il passaggio di consegne è avvenuto, il rito di passaggio completato e questa favola volge al termine.
Perché Nessuno è fortemente idealista, al punto da trasformare Jack Beauregard, più antieroe che eroe, nell’eroe che Nessuno, sin da piccolo, idealizzandolo, ha sempre visto in lui.Un Nessuno che modifica la realtà secondo i propri ideali. Il messaggio è forte davvero e anche di buon auspicio in questa bella favola. E ogni favola possiede una morale. Qui c’è la morale dei tempi nuovi.
Sarà proprio Jack Beauregard, l’eroe dei tempi antichi, a individuarla.
Ed è proprio quando la comprende che si fa da parte ma non scompare, resta in dialogo, permane nella relazione con l’amico perché ognuno ha bisogno dell’altro, nonostante il bisogno di “Nessuno”, e dei tempi nuovi con lui, di camminare con le proprie gambe.
Prima di dire quale è la morale, vediamo l’antefatto che a essa conduce.
Nessuno domanda a Jack Beauregard se conosce la storia dell’uccellino perché suo nonno gliela raccontava sempre; Beauregard non la conosce e Nessuno inizia il racconto:
“Questo uccellino non sapeva ancora volare. Durante l'inverno, in una notte fredda, ruzzola giù dal nido e finisce sul sentiero. Comincia a gridare piiio piiio piiio come un matto e sta per morire di freddo ma, fortuna per lui, ecco che arriva una vacca. Lo vede e pensa di scaldarlo: così alza la coda e...splash…una margherita bella e fumante, grossa così. L'uccellino al caldo è tutto contento, tira fuori il capino e ricomincia pi-piiio pi-piiio, più forte di prima. Ma un vecchio coyote lo sente, arriva di corsa, allunga una zampa, lo tira fuori dalla cacca, lo pulisce ben benino e poi gnam se lo ingoia in un solo boccone… Il nonno diceva che la morale c'è, ma bisogna trovarsela da soli”.
Di seguito la morale trovata, alla fine, da Beauregard:
“Ho trovato la morale della storiella che raccontava tuo nonno, sì quella dell'uccellino che la vacca aveva coperto di merda per farlo star caldo e che poi fu tirato fuori e mangiato dal coyote.
È la morale dei tempi nuovi: non tutti quelli che ti buttano della merda addosso lo fanno per farti del male, non tutti quelli che ti tirano fuori dalla merda lo fanno per farti del bene.
Ma soprattutto, quando sei nella merda fino al collo, sta zitto.”
O almeno questa è la morale dichiarata.
Poi c’è la morale che tutti noi dobbiamo trovarci da soli, un messaggio di speranza e di amicizia che, in questo periodo di festività, è quanto mai appropriato:
“Ti auguro di incontrare uno di quelli che non si incontrano mai, o quasi mai, così potrete farvi compagnia. Per me è difficile che il miracolo si ripeta, ma come si dice... la distanza fa più cara l'amicizia e l'assenza la fa più dolce. Ma adesso che non ti vedo da tre giorni, comincio già a sentire la tua mancanza”.
Augurio che fa eco a uno scambio precedente tra i due eroi in dialogo.
Jack Beauregard: “Nella vita ho incontrato di tutto, ladri, assassini, preti e preti spretati, ricattatori, ruffiani, perfino qualche uomo onesto, ma uomini soltanto mai”.
Nessuno: “Proprio di quelli parlo: non si incontrano quasi mai, ma sono gli unici che contano”.
Ora credo sia più chiaro perché questo è tra i miei film preferiti (non tra i migliori perché c’è sempre un migliore, sempre! Il “preferito” è invece scelta personale che molto racconta di noi e della nostra storia; ha a che fare con gli affetti).
L’antico, più diretto; il nuovo, più mediato, con metafore più complesse.
Ammetto che questa particolarità mi ha intrigato per anni; allo stesso modo mi piacque la scena finale che rimanda, sì, ciclicamente, a quella iniziale, ma in maniera diversa perché è, ormai, un diverso e nuovo inizio!
Con l’augurio di un nuovo, e magari migliore, chissà, inizio per tutti noi!
Vorrei salutare con la lettera completa dell’eroe dei tempi antichi all’eroe dei tempi nuovi; è questa la chiosa finale.
"Caro Nessuno, morire non è poi la cosa peggiore che possa capitare ad un uomo. Guarda me: sono morto da tre giorni, e finalmente ho trovato la pace. Dicevi sempre che la mia vita era appesa ad un filo, beh... adesso anche la tua è appesa ad un filo, e sono in molti a volerlo tagliare quel filo; ma a te piace rischiare, è il tuo modo di sentirti vivo. Ecco vedi, forse la differenza tra me e te è tutta qui: io, quando capivo che c'era un guaio in vista, se potevo, lo evitavo; tu no, se il guaio non c'è te lo inventi, e poi risolvi tutto lasciando il merito a un altro, così puoi continuare ad essere nessuno; non è mal pensata sai? Ma stavolta hai giocato grosso, e sono già in troppi a sapere che sei qualcuno, così finirai anche tu per farti un nome, e allora vedrai che non avrai più tempo per giocare, e sarà sempre più dura, finché magari troverai anche tu uno che ti vuol mettere nella storia e per tornare ad essere nessuno, si può solo morire. Beh, d'ora in poi dovrai camminare nelle mie scarpe e forse ti passerà un po' di tutta quella voglia di ridere che c'hai. Ma una cosa la puoi ancora fare: conservare un po' di quella illusione che faceva muovere noi altri, quelli della vecchia generazione, e anche se lo farai col tuo solito tono da burla te ne saremo grati lo stesso. Perché in fondo, ai miei tempi eravamo romantici, credevamo ancora di poter risolvere tutto faccia a faccia con un buon colpo di pistola, allora il west era immenso, sconfinato, deserto, un posto dove non si incontrava mai due volte la stessa persona. Poi? poi sei arrivato tu, ed è diventato piccolo, affollato, ci si incontra continuamente! Eppure, se tu puoi andare ancora in giro acchiappando mosche, lo puoi fare anche perché prima ci sono stati quelli come me. Sì, quelli che devono finire sui libri di scuola perché la gente deve pur credere in qualcosa, come dici tu. Ma non potrai certo farlo per molto tempo ancora. Il paese è cresciuto, è cambiato, io non lo riconosco più e già mi ci sento straniero. Ma quello che è peggio, è che anche la violenza è cambiata; si è organizzata! E un buon colpo di pistola non basta più. Ma tu lo sai già, perché questo è il tuo tempo, non più il mio. A proposito, ho trovato anche la morale della storiella che raccontava tuo nonno, sì quella dell'uccellino che la vacca aveva coperto di merda per farlo star caldo e che poi fu tirato fuori e mangiato dal cojote. È la morale dei tempi nuovi: non tutti quelli che ti buttano della merda addosso lo fanno per farti del male, non tutti quelli che ti tirano fuori dalla merda lo fanno per farti del bene. Ma soprattutto, quando sei nella merda fino al collo, sta zitto. Perciò, uno come me deve andarsene, e devo dire la verità: la tua è stata una buona idea, all'altezza dei tempi nuovi. Con il tuo finto duello, hai trovato il modo più pulito di farmi uscire dal West. Del resto, io sono stanco, e gli anni non fanno dei sapienti, fanno solo dei vecchi, è vero che si può essere come te, giovani di anni e vecchi di ore. Sto sputando sentenze, eh? Ma è colpa tua: come vuoi che parli un monumento nazionale? Ti auguro di incontrare uno di quelli che non si incontrano mai, o quasi mai, così potrete farvi compagnia. Per me è difficile che il miracolo si ripeta, ma come si dice... la distanza fa più cara l'amicizia e l'assenza la fa più dolce. Ma adesso che non ti vedo da tre giorni, comincio già a sentire la tua mancanza. Beh, ora ti devo proprio lasciare, e anche se sei un gran ficcanaso rompiscatole e impiccione, grazie di tutto. Ah, dimenticavo, quando vai dal barbiere, assicurati che dietro al grembiule ci sia sempre la faccia giusta".

Figura 2. Tempi duri nel vecchio west. Un "barbiere" poteva sgozzarti












Sì, abbiamo letto bene: favola.
Nel corso del film Jack Beauregard chiede a Nessuno se crede ancora nelle favole e Nessuno risponde: “Eccome”!
Non solo; Nessuno dirà anche, a proposito di ideali, di fare le cose gratuitamente, senza un fine immediato: “Un uomo che è un uomo deve credere in qualcosa.”
Questo ci porta anche a credere in lui, in Nessuno, in noi Nessuno.
E anche questa storia è una favola perché i due protagonisti sono simbolo dell’umanità.
E sono eroi; pertanto, lo siamo tutti perché simboleggiano noi; il messaggio è potente perché tutti noi, assieme, possiamo fare quelle cose eccezionali che sono solitamente attribuite agli eroi.
Siamo noi i fautori del cambiamento.
Dicevamo favola, appunto.
In questa favola c’è uno scontro epico, fortemente voluto da “Nessuno”, tra Jack Beauregard (che stava per defilarsi ma poi ci ripensa), e il mucchio selvaggio, quei centocinquanta “figli di puttana” che cavalcano e sparano come se fossero mille.

Figura 3. La soluzione creativa dei tempi nuovi
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NOTA
1. Certo, in un film di mafia, ovvio che la condizione della donna è misera e, in questo senso non è un film educante o formante; semmai è “informante”, perché fa informazione su quale fosse la condizione della donna e quale è ancora in molte realtà perché, su questo argomento, c’è ancora moltissimo da fare, a partire dall’educazione. Qui, in “Il mio nome è Nessuno”, si parla di eroi, e sono declinati al maschile. Non è il massimo dal punto di vista dell’inclusione e non può essere formante in questo senso. Anche qui, limitatamente a questo tema della condizione femminile, è “informante” perché siamo nel vecchio west. Sono film che, per quanto trattino temi universali, sono, come moltissima letteratura, collocati in un preciso contesto storico e/o culturale dove, purtroppo, si può assistere a certe condizioni non proprio edificanti. Motivo in più per riflettere e impegnarci nel quotidiano. Altrimenti avrebbero ragione i censori di “Via col vento” che è, sì, razzista nei dialoghi e nelle scene, ma non invita al razzismo: informa sulle condizioni degli schiavi e su come erano trattati.

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Commenti

  1. Meravigliose le tue recensioni, Stefania, grazie di 💜‼️

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