(Redazione) - Letti da Francesca - 06 - su "Divorzio di velluto" di Jana Karŝaiová, Feltrinelli Editore 2022.
di Francesca Piovesan
La prima volta che ho visto Jana eravamo a un corso di scrittura, perfette estranee.
La prima volta che ho visto scrivere Jana, l’ho vista scrivere di profilo. Le ero accanto, la guardavo, rimanevo affascinata dal suo naso, per me una costante, dal suo essere lì, in quella stanza, e altrove, lontana, creatura che aveva superato confini.
La sentivo modellare la lingua, una lingua che non era la sua. Una lingua che aveva imparato, e stava imparando da autodidatta. Sentivo la passione premere contro ogni vocale, il desiderio farsi spazio lungo ogni consonante. Era Jana che diventava scrittrice.
Divorzio di velluto, il suo esordio, sta concorrendo per la finale del Premio Strega, è tra i dodici, e questo pezzo uscirà esattamente il giorno prima in cui questa dozzina diventerà una cinquina, o una sestina. Karŝaiová è stata presentata dallo scrittore e giornalista Gad Lerner, come autrice del nuovo romanzo europeo.
L’Europa ci sta tutta in queste pagine. Un’Europa unita e divisa, divisa in silenzio come il titolo, come il velluto, che scivola piano, coprendo e scoprendo.
Slovacchia e Repubblica Ceca divennero due unità distinte, due cose sole nel 1993. La loro scissione prese il nome di divorzio di velluto. Tenuto in sordina, poco rumoroso, nessun fracasso, nessun muro che si sgretolava, eppure Bratislava e Praga divennero due poli, due modi di vivere diversi, accenti diversi, culle di sospetti e barzellette canzonatorie, la vita agiata e il comunismo.
Katarína, la protagonista, rivive, tramite flashback, la storia della nuova Slovacchia; storia che si intreccia con la sua famiglia, le sue compagne di liceo, le rotaie del tram, le vie di giorno e di notte, le tradizioni per il Natale, il cibo.
Katarína cresce, e da adulta, ricorda. Compie il processo inverso, auspicabile a tutti, per capire chi è, per capire i propri demoni, gli angoli scuri, gli errori. Per tentare di comprendere una madre scontrosa, insoddisfatta, forse infelice. Per svelare un padre alcolista, ma innamorato della figlia, della figlia diventata donna, della sua umana imperfezione che rende unici tutti noi.
Nella storia raccontata i divorzi di velluto sono molti: quello tra Katarína e Eugen, moglie e marito in brevissimo tempo, slovacca e ceco, turbamento delle famiglie d’origine, accettazione passiva dell’ormai è fatto, ma mai approvato. Un divorzio con pochi strepiti, che scivola sulla neve, che trova il fondo del barile in un lutto, per riemergere pieno e consapevole.
Quello fra Katarína e le sue amiche, Viera in particolare.
Viera che scappa a Verona per amore, spinta dall’amore per un’altra donna, per studiare, per sostituire quella lingua slovacca, per sentirsi italiana. Katarína che la sente lontana, quasi incomprensibile ormai ai suoi occhi e alle sue orecchie, un mistero che si svela giorno dopo giorno.
Il divorzio di velluto che mette chilometri e chilometri di distanza fra Dora, la sorella maggiore, e l’intera famiglia. Katarína resiste, cerca di resistere a questa lontananza; vorrebbe invece esistere ancora assieme a questo affetto lontano, sempre più silenzioso, sempre più conciso nelle mail, nel renderla partecipe della sua vita. Sorelle strette nel letto mentre la quotidianità casalinga alzava il volume delle urla.
È un romanzo di addii e ritorni, di rinascita, di nuove consapevolezze, di identità che cambiano, si ritrovano mutate o si perdono per sempre. Un romanzo di scelte ponderate e improvvise, di svolte che arrivano brusche, nel bene e nel male.
Un romanzo che dimostra come una nuova lingua possa diventare ospite, e protagonista della propria vita.
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