Il menestrello, il poeta e io
"Il bello è una manifestazione di arcane leggi della natura,
che senza l'apparizione di esso
ci sarebbero rimaste eternamente celate.“
Johann Wolfgang von Goethe
Attiva neuroni stanchi
il menestrello dal passo di daino
e appoggia a un ricordo flebile
e a polpastrelli induriti
l'alba d'ogni suono.
Così il poeta dallo sguardo di smeraldo,
di fronte al sibilo serpentino
d'un silenzio senza sosta.
Il primo tocco della loro campana di rame
insinua nei miei timpani vibrazioni binaurali
e risveglia tra l'aracnoide e la pia madre
la guardia senza corazza
contro i fuochi fatui
della mia stessa parola.
Accorda il menestrello
i suoni della sua viella
a quello d'una ciaramella immaginaria
- unico strumento capace di trasformare
in ricordo collettivo
le sue lacrime di sabbia.
Così il poeta, mentre
mastica tra meningi incallite
e miasmi di lemmi
il magma che forma ogni dire.
Io sto, di fronte a questo spettacolo
arcano, a questionarmi senza requie,
a domandare a un Dio,
celato quale mano abbia cancellato
dal mio occipite
il nome della costellazione
di sogno che mi ha dato vita.
Sto, come stella solitaria e decadente
- senza linee di contatto
con l'alterità onirica,
coperto come baco
dal canto d'un menestrello
e d'un poeta che sanno trarre
dal limo di paludi senza suono
tele d'armonie in si minore
che m'impastano
da sempre il palato.
Sto lì, immerso nella loro perizia
d'artigiani, a contare
goccia a goccia le note distillate
dall'alambicco del mio fallimento.
Testo inedito (2022) di Sergio Daniele Donati ©
Le note distillate da questa poesia arrivano nel nucleo cerebrale, attiva la parte sensibile ed è ben distante dal fallimento umano (mio umile pensiero di pover'uomo). Qui il "menestrello" canta una lode che si fa poesia agli occhi di chi legge, alta poesia.
RispondiEliminaQuesto commento ha fatto risuonare in me corde molto molto antiche e quasi dimenticate. Grazie
Elimina