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Visualizzazione dei post da novembre, 2022

Il quarto Alef-Bet - 08 (Zain/Het)

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Una cadenza lenta un fuoco basso in un deserto alieno testimoniano l'unione impossibile. Il bacio dei contrari crea il varco; e io sorrido. Testo  -  inedito 2022 -  e immagine di Sergio Daniele Donati

L'altro lato della meditazione

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Prima sono i simulacri del ricordo. Disorganizzati e cristallini, si manifestano come urla leggere di bambine, nei parchi giochi.  Sembrano scatole color pastello con dentro gessetti in mille pezzi per scrivere numeri  su cui saltare ilari su un asfalto asettico.  Poi è il vento o l'acqua; e si tacita ogni memoria nel momento del ritorno al ventre di balena del respiro. Là chi medita muta  colore dell'iride e l'ossidiana trascende in diaspro, la giada in granito; la pirite in oro. Il corpo manifesta l'ossimoro d'una tensione etica e rilassata sull'asse verticale della non comprensione. E, se c'è un canto, è simile a quello d'Odisseo  prima di abbandonare Itaca non a quello della sirena. In meditazione si è a un passo dalla salvezza ma quel passo non si compie. Il giogo del qui e ora pesa sui nostri colli; e restiamo assenti alle radici, evanescenti al sorriso dei nostri stessi figli. Siamo schiavi d'un dire ebete che non accetta  il disequilibrio fer

Quattro inediti tratti dalla silloge "Se mi sfiori (s)fiorisco" di Valentina Meloni

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donna cosmo sono una donna cosmo ho in me vortici di stelle la luna e i pianeti e il corpo celeste del creato negli occhi orbite e rivoluzioni tra i seni venti e maree nelle mani fiumi e foreste nei capelli rami pulviscolo di sogni e il mio grembo è un prato fiorito un giardino incantato in cui sbocciano le aurore sono del mare dell’acqua del vento sono del mare dell’acqua del vento non mi puoi prendere legare incatenare sono del mare dell’acqua del vento vado per strade tessute di bisso e fluttuo con le maree del mio essere vago per campi di luna in luminosi sentieri intenta sono del mare dell’acqua del vento sono del tempo buono quello che non si conta e navigo su oceani di solitudine persa in abissi infiniti di malinconie solo mie mi perdo negli idrogeni del mondo… io sono del mare dell’acqua e del vento c’è un pianto nel cielo il freddo m’è penetrato nelle ossa oggi tutto riluce di vaghezza c’è un pianto nel cielo che resta sospeso tra nubi e desiderio la siepe si è innalzata a dis

(Redazione) - Nota di lettura alla silloge di Adriana Rinaldi "Dentro un chicco di caffè" (Porto Seguro ed., 2022)

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È uscita ad ottobre del 2022 la nuova raccolta poetica di Adriana Rinaldi per i tipi di Porto Seguro ed.   La silloge si caratterizza per una scrittura meditativa e molto personale in cui l'autrice lascia trasparire un mondo etico e spirituale in cui i richiami al sacro, benché non sempre espliciti, sono del tutto evidenti.   Tuttavia qui il sacro, al contrario di molte altre scritture che vivono gli eccessi d'una imposta seriosità, prende le caratteristiche del tutto differenti di una quotidiana serietà. La cosa è evidente già dal titolo eletto dalla autrice per la sua silloge, ove viene esppresso appieno il rapporto intimo tra interiorità e una piccolezza creativa che non comporta mai sminuimento. Ad esempio in una sua composizione senza titolo l'autrice così scrive: Mi risuona il tempo non tempo mi risuona l'essere imperituro dell'esistenza lo spazio cosmico sublimato da percezioni metafisiche. Un soffio la vita. L'esordio della poesia richiama elementi alt

Due poeti allo specchio (Bruno Di Pietro e Sergio Daniele Donati)

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Augusto a Somma evoca Orazio e Mecenate di Bruno di Pietro Tutt'altro che pallida, Quinto, è la morte. Nulla s'impara nella perdita dei più cari affetti come in quell’ostile autunno che portò via te e Gaio. Ritroveremo nell’Ade il sapore delle olive e del vino della Sabina e quei silenzi in cui ognuno pensava con se stesso? Il mio viaggio verso l'origine si ferma a Somma non si può vedere l'inizio prima della fine. Sono in quella radura del tempo e dello spazio che non ha sponde: non più qui non ancora altrove. Devo salutare le costellazioni mentre incoronano il vulcano. Svanisce la quieta maestà delle stelle di fronte alla minacciosa infinità priva di futuro. Svanisce l'erba in questi afosi giorni estivi svaniscono le rose prima del crepuscolo. È questa la notte dell’antico niente e persino le ali della luce sono lente quando non sai più se l’ora passata è un'ora persa o un’ora guadagnata. Ascolta. Il cigolio degli scalmi lo sciabordio dei remi annunciano l'

Un mezzo liquido

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Necessita di liquido ogni dire che, troppo a lungo stagnante, è cozza sulla roccia scivolosa della parola. Il silenzio , certo, è fluido ma troppo torbido e solleva ad ogni suo passaggio bruni fondali di significato.  Cerco dunque non lo zittimento, ma una parola ebete, uno sguardo ottuso sul suono che le cose trasmettono come sirene sdentate.  Foto e testo -  inedito 2022 -  di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Dissolvenze - 13 - RACCONTO A QUATTRO ANTE (parte terza e quarta)

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di Arianna Bonino Questo armadio racchiude quattro brevissime storie. Ma, una volta aperte tutte e quattro le ante di questo strano armadio, si scoprirà che la storia è una e una soltanto. Forse. Le prime due ante sono state aperte il mese scorso e le trovate qua E ora, se volete andare fino in fondo, seguitemi…   TERZA ANTA: RESISTENZE Sarà stato anche moderno e spazioso, almeno così le era parso durante i due sopralluoghi, ma adesso che c’era, via via che prendeva confidenza con quell’appartamento, si faceva sempre più chiaro quanto fosse datato l’impianto elettrico: arterie, capillari, snodi e resistenze che colonizzavano le pareti di un macramè d’inestricabili compromessi avevano fatto cilecca già un paio di volte in un solo pomeriggio. Una regola di base della convivenza tra lei e quella trama sottocutanea ricoperta d’intonaco giallo s’impose da subito. Doveva scegliere: o un toast accompagnato dal brusio del televisore oppure il microonde che trasformava qualcosa in qualcos’altro

Un "attimino"

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Pare che D.o, sollecitato dall'Uomo ansioso d'essere creato, si sia rivolto al fango  che teneva in mano dicendo "Un attimino , dammi tregua e arrivo subito anche da te" . Dicono i saggi che allora  furono creati l'Uomo, il Tempo e l'entropia della parola che ancor oggi incarcera per salto anche l'uomo - e la donna o chi gioca con la tua attesa. Foto e testo - inedito 2022 - di Sergio Daniele Donati ©

Sobrietà (sei milioni)

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Mi capita mentre scrivo di sentire il canto di sei milioni di voci afone; un soffio sul Silenzio della storia.  Scrivo d'altro allora e così, forse, salvo quella memoria dal secondo cappio  d'una parola indicibile, straziata e zoppa. Foto e testo - inedito 2022 - di Sergio Daniele Donati ©

Due poeti allo specchio (Daìta Martinez e Sergio Daniele Donati)

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Un suono sordo Trattiene un suono sordo e ottuso quel grido nostrano, quello sbatter d'ali prima del primo volo - o della prima caduta. Sorride - è vero - il bimbo dei suoi inciampi e così noi che chiamiamo vita la fragile tenacia del filo  d'erba; su terre arse. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 © e m’odora silenzio il profilo tuo lento un piccolo inverno fiorito sul grembo così che tutt’intorno piove la scena al canto poggiato nell’identica attesa del prato è il segnale sfilato dalle campane di campagna che per assenza volta tesa d’ avutra vucca lieve al sole Daìta Martinez  - inedito 2022 © ____ Nota biobiografica sui poeti  Daìta Martinez, palermitana, ha pubblicato con LietoColle (dietro l’una), 2011, segnalata alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino”, e nel 2013 la bottega di via alloro. Vincitrice - sezione dialetto - del 7° Concorso Nazionale di Poesia Città di Chiaramonte Gulfi, è stata finalista, per l’inedito in dialetto, d

Polittico del nascondimento

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(...) tutto questo per non dire quanto fertile sia il terreno dell'inadeguatezza, per non aprire al mondo la ferita del nascondimento, per non parlare senza sosta del desiderio d'essere accolti (...) Accompagna la memoria una lieve brezza  un profumo acido  d'adolescenza ribelle;  pesa l'incapacità mia  di dirmi diverso dall'assenza che ha devastato - prima che imparassi l'uso della spada - il mondo di sogno; dei miei sogni più acerbi. Lascia ch'esploda la bellezza della penombra, nella decadenza  del tuo autunno. E poi taci; non farti maschera ma coriandolo,  non gesto, ma gestazione. Vivi nascosto  e non piangere sul lathe biosas versato. Allora è certo, affascina l'Antico ma la rovina testimonia la balbuzie del futuro; l'incanto del passato è morso di tarantola  ed è l'incauto inciampo  di bambino a sorreggere il mondo. Alla fine di questa corsa io resto a guardia - samurai dalla sp

Un insegnamento antico

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(...) così a volte dovrai fare attenzione a non dimenticar per il sangue l'arteria, per l'inchiostro il calamaio, e a saperti dire contenitore prima che contenuto.  Solo allora saprai che è l'argine a definire il fiume e il foglio ogni tua scrittura (...) Testo - inedito 2022 - e foto di Sergio Daniele Donati

Cinque poesie di Ugo Mauthe tratte dalla silloge inedita "L'equilibrio del niente"

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Autoritratto dell'autore I Cartoon life nel fondo paziente s’aprirà un cratere a nostra sagoma e rassomiglianza e certa sarà la resurrezione II chi sa perché sono nato io e non un altro al posto mio III gente ambigua i sogni ti sussurrano un che che non sai mai cos’è IV dopo lieto solo fine V sempre s’incontrano piastrelle quadrate la settimana diventa mesi si saltella fra gli anni si confondono i giochi mai calpestare gl’incroci s’inseguono le fughe s’inganna l’attesa sull’equilibrio d’un niente è il percorso di tutti ___ Nota biobibliografica Ugo Mauthe è un pubblicitario con una lunga storia professionale come copywriter, direttore creativo e docente di comunicazione. Alla scrittura pubblicitaria ha sempre affiancato quella d’espressione. Nel 2020 è uscita per Ensemble la sua raccolta di racconti Vento Lupo e altre nove improbabili storie, vincitrice del Premio Officina, indetto dalla Casa Edit

Il quarto Alef-Bet - 07 (Vav/Zain)

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Sebbene uniti da fili di lino sacro, tutti gli e raccontano il dramma  della nascita e della distanza e, sebbene nascosti dalle nostre timidezze, ogni io e te  è la condizione d'un possibile abbraccio. Testo - inedito 2022 - e foto di Sergio Daniele Donati ©

Papà e mamma

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Sergio Daniele Donati - Autoritratto © Sei andato via, papà, senza salutare, lasciando solo una scia di ricordo tra i miei passi zoppi. Mamma va ora via  goccia a goccia - la vedo rincorrere  un suo dire bambino - e non lasciano scie quelle sue parole delicate, dense di rimpianto, il mio. Perché su quella pietra,  papà, io mi fermo; senza fondare ecclesie,  mi siedo,  e finalmente piango. Scrivo sempre per mettere ordine,  papà; non ora.  Ora mi siedo; e piango.

(Redazione) - Riflessioni, non recensioni - 13 - Andriravil (quella notte) La vita, le ombre e il palcoscenico - Andriravil (on that night) Life, shadows, and the stage

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di Stefania Lombardi Questo corto di 5 minuti, ANDRIRAVIL (quella notte), parla di una madre e donna di palcoscenico, un palcoscenico maschile. Questo corto è anche un film muto che affida alle musiche e al testo della canzone la storia e i sentimenti di questa madre, donna e lavoratrice in un contesto maschile. Essendo un film muto, mi permetto, se me lo si concede, di analizzarlo passo dopo passo perché non può esserci “spoil” dove non c’è testo ma solo le nostre sensazioni, le nostre interpretazioni, i nostri sentimenti e le nostre emozioni. In cinque minuti abbiamo il racconto di una vita, musicato, assaporato e in cerca di salvezza. Eccoli qui i temi di questo toccante corto muto che affida le parole alla musica. Come sempre, i cortometraggi di Manjunathan Subramanian sono intensi, unici. All’inizio il ritmo è scandito da gesti lenti e misurati nel truccarsi e nel vestirsi. In sottofondo, in forma di musica, i pensieri della donna. Assistiamo alla sua preparazione a un palcosceni

Midolli

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Costa ai midolli l'esercizio stanco  d'un mutismo eletto.  E costa alle ciglia lo sguardo fisso s'un indicibile tiranno. Tiravo per la giacchetta da piccolo la risposta svogliata d'un padre assente, e imparavo - col tempo - quanto collosa potesse essere la goccia del Tempo sulla mia fronte. Per questo costa alla mia rinnovata innocenza la sagra primaverile degli ottimismi, e costa - fors'anche di più - ai miei tendini scrivere di sofferenze sepolte sotto coltri di foglie, secche. La scrittura di sé - rinati dai salti avanti e indietro; in alto e in basso - d'un cuore di gesso umido costa alla mano tremula una rinuncia urticante.  Ma poi c'è il taglio, la forbice ironica  sul foglio bianco, troppo serio per esser vero; Golem senza Alef, a terra. Allora, sì, costa meno togliere cinque lettere dal mio nome e ritrovarmi a essere,  tra risate stupite, Ruolo Generale  - in stretto ordine temporale - delle ansie d'un idolo da me preso a bastonate.