L'altro lato della meditazione
Prima sono i simulacri del ricordo.
Disorganizzati e cristallini,
si manifestano come urla leggere
di bambine, nei parchi giochi.
Sembrano scatole color pastello
con dentro gessetti in mille pezzi
per scrivere numeri
su cui saltare ilari
su un asfalto asettico.
Poi è il vento o l'acqua;
e si tacita ogni memoria
nel momento del ritorno
al ventre di balena del respiro.
Là chi medita muta
colore dell'iride e l'ossidiana
trascende in diaspro,
la giada in granito;
la pirite in oro.
Il corpo manifesta l'ossimoro
d'una tensione etica e
rilassata sull'asse verticale
della non comprensione.
E, se c'è un canto,
è simile a quello d'Odisseo
prima di abbandonare Itaca
non a quello della sirena.
In meditazione si è a un passo
dalla salvezza ma quel passo
non si compie.
Il giogo del qui e ora
pesa sui nostri colli;
e restiamo assenti alle radici,
evanescenti al sorriso
dei nostri stessi figli.
Siamo schiavi d'un dire ebete
che non accetta
il disequilibrio fertile,
il movimento incerto
e da funambolo
sul filo trasparente di lino
teso tra i deserti
delle nostre nascite
e la solitudine di sogno
d'un cielo stellato
Foto e testo - inedito 2022 -
di Sergio Daniele Donati.
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