(Redazione) - Riflessioni, non recensioni - 14 - OPOPOMOZ La parola magica infernale e la missione nascita a Natale
di Stefania Lombardi
“Ma
perché? Una storia per essere bella deve essere vera?”
Questa frase,
pronunciata durante questo film d’animazione di Enzo D’Alò, è
la prima provocazione di “Opopomoz”
che ricorda che noi siamo le storie che raccontiamo e queste ultime
sono parte di noi e del nostro percorso.
Si può
raccontare una storia sul Natale senza mancare di rispetto a chi è
ateo o di religione diversa da quella cattolica, in quanto appunto
storia, non catechesi.
Una storia
che parla in napoletano e che vive in quella immensa tradizione
napoletana dei presepi.
Una storia
che inizia dal punto di vista di chi non può certo gioire delle
festività natalizie: la popolazione infernale.
Il prologo è
lì, nella ricerca di un’anima da dannare e rovinare il Natale.
Poi abbiamo
un altro prologo.
Un prologo
che ha, in sottofondo, le splendide musiche di Pino Daniele: vediamo
una famiglia felice che fa acquisti natalizi: un padre, una madre
incinta, il figlio Rocco di circa 7 anni, gli zii del bimbo (compreso
lo zio d’America, John, con la voce di John Turturro) e la
cuginetta Sara di 3 anni.
Sembrano una
famiglia felice ma si vede subito che c’è qualcosa che non va,
perché Rocco soffre di gelosia per l’imminente nascita del
fratellino; e la situazione è aggravata dal fatto che i genitori,
pur amandolo moltissimo, sono troppo presi dall’imminente parto e
dal Natale, un parto che avverrà proprio a Natale, tanto per restare
nella metafora.
Tre
diavoletti sono andati in missione a Napoli, capitale dei presepi e
di quella Nascita che, grazie ai presepi, appunto, si commemora.
Devono
trovare un’anima da dannare e che impedisca quella nascita
simbolica, simbolo e metafora di vita e di ogni nascita.
Vedono cosa
fa Rocco in quel negozio. Capiscono di aver trovato chi e cosa
cercano.
In quel
negozio, infatti, il padre di Rocco stava cercando un bue per il
presepe, perché quello dello scorso anno era stato distrutto. Il
negoziante, però, sostiene che il bue si vende solo in coppia con
l’asinello. Convinto di aver subito un’ingiustizia, di nascosto
da tutti, Rocco ruba una statuina al negoziante e se la infila in
tasca, compiendo, pertanto, una cattiva azione.
Eccoli qui
tutti gli antefatti della nostra storia.
I tre
diavoletti Farfaricchio (Fabio Volo), Scarapino (Oreste Lionello) e
Astarotte (Tonino Accolla) contattano Rocco in sogno e lo convincono
a impedire quella nascita che permette ogni nascita.
Non deve far
altro che recarsi nel presepe e far in modo che la nascita non
avvenga.
Ma come si
entra nel presepe? Con la parola magica “Opopomoz”,
naturalmente.
Nel presepe
Rocco incontrerà vari personaggi, tra cui la
Re Magia, tipica della
tradizione napoletana.
La Re
Magia lo invita a riflettere
sulla felicità perduta perché quando è perduta, ormai è perduta:
bisogna crearsene una nuova, magari persino migliore.
Vari
personaggi del presepe prendono a cuore le sorti di Rocco e cercano
di metterlo in guardia perché comprendono subito che qualcosa non va
nel cuore di quel bimbo.
Fortunatamente,
nel presepe, arriva anche la cuginetta Sara che aveva sentito la
parola magica direttamente da Rocco mentre stava sognando.
All’obiezione
di Rocco che i tre diavoletti starebbero agendo per il suo bene, Sara
gli chiede che cosa ci vogliono fare con il suo bene, anteponendo
quella logica fanciullesca che fa riflettere.
Ma i
diavoletti non demordono e si travestono da angelo per ricordargli di
onorare i patti. Arriva un angelo vero che canta la canzone del
“me-me”,
uno sciocco a cui non basta un “me” solo e, come rafforzativo, ne
utilizza ben due, e non considera l’esistenza degli altri.
Non bisogna
ascoltare il proprio, sciocco, “me-me”,
ma fare la cosa giusta e accorgersi degli altri che ci amano.
E,
soprattutto, come ricorda l’angelo, un bambino che sta per nascere
porta già con sé l’amore e il bene che gli si vorrà; i bambini
non rubano; sono, semmai, gli altri che rubano ai bambini.
Rocco si
convince, quindi, a tornare a casa con la dolce cuginetta Sara.
Incontrano
Giuseppe e Maria; e Rocco, da figlio che si è sentito escluso, si
permette di dare a Giuseppe qualche consiglio sulla buona
genitorialità, assieme all’idea della costruzione di un
“Pinocchietto” (piccolo Pinocchio) per il bambinello.
Alla
richiesta di Giuseppe di sapere chi fosse Pinocchio, Rocco risponde
che è il figlio di un falegname anche se non è proprio suo figlio,
e poi diventa famoso in tutto il mondo.
“Eppure
questa storia mi sembra d’averla già sentita”,
commenta Giuseppe.
Tutto è bene
quel che finisce bene? Trattandosi di una storia di Natale la
risposta è sì, certo, ma non così in fretta.
“Sua
Profondità”, ovvero il capo di tutti i diavoli, decide di agire in
prima persona non fidandosi dei tre diavoletti un po’ stolti e non
del tutto perfidi.
Riesce a
comparire e rapisce la piccola Sara e sta per divorarla.
Ma questo è
un film d’animazione che onora cliché e tradizioni napoletane ed è
risaputo che i napoletani ne sanno una più del diavolo, no?
Appena in
tempo, Sara ricorda una filastrocca della tradizione napoletana e che
serve a scacciare i diavoli.
Questa
filastrocca - vera, tra l’altro – è stata raccontata a inizio
storia dalla loro nonna.
Noi siamo le
storie che raccontiamo e non possiamo prescindere dalle nostre
tradizioni, qui rappresentate da una saggia e attenta nonna.
Il diavolo
scompare lamentando che si ha compassione per King Kong e per il
mostro di Frankenstein ma non per un povero diavolo.
Non vi dico
altro perché non posso certo dirvi tutto io, eh?
Sappiate che
potrebbe essere un cinese che sogna di essere una farfalla o una
farfalla che sogna di essere un cinese e forse questa storia è un
sogno del gatto della famiglia di Rocco, oppure un nostro sogno.
Non lo
sapremo mai, ma ci piace pensare a tutte queste possibilità.
Sarà nato il
bimbo alla fine?
Voi che ne
dite?
Qui gli
ingredienti ci sono tutti: magia, tradizioni, storie, morale, visione
fanciullesca, musiche bellissime (“Core
Fujente” fu scritto da Pino
Daniele proprio per questo film d’animazione), scenografie
mozzafiato; persino presepi dentro e fuori, se consideriamo Napoli –
capitale dei presepi – come un grande presepe.
Io il mio
regalo di Natale ve l’ho appena fatto; fatevelo anche voi
recuperando questo piccolo capolavoro: “Opopomoz.”
Ah…
Prima di
congedarmi…
A proposito
di consigli dei bambini che, per fortuna, certi adulti (santi!)
accolgono, guardate molto attentamente l’ultima immagine e BUON
NATALE!
Commenti
Posta un commento