(Redazione) - Riflessioni, non recensioni - 15 - "I giorni dell’Ira": viaggio tra giustizia e vendetta: il dovuto riconoscimento, per non dimenticare
di Stefania Lombardi
Il film “I giorni dell’Ira” non è solo un film western ma anche e soprattutto un ammonimento sulle conseguenze delle etichette che possono fare tanto male fino a giungere ad atti estremi.
Si è spesso partiti dalle etichette quando molte cose son precipitate.
Il protagonista di questa storia è Scott “Mary” (Giuliano Gemma), etichettato come “bastardo” e socialmente ostracizzato come “netturbino”.
Costantemente minacciato, evitato, insultato.
Ha il rispetto – ricambiato – solo delle prostitute, essendo stata sua madre, “Mary”, una di loro.
Ama, non ricambiato, la figlia del Giudice della cittadina.
Tutto cambia quando in quella cittadina arriva Frank Talby.
Si presenta sicuro, sa il fatto suo e offre subito a Scott un piccolo lavoretto e la promessa di raggiungerlo in saloon a lavoro concluso.
Non appena Scott lo raggiunge, incontra la resistenza degli avventori e dell’oste perché a loro ripugna confondersi con uno come Scott.
Uno degli avventori sfida Frank Talby, il quale continua a sostenere che Scott è suo ospite e finisce molto male per lo sfidante.
Le parole pronunciate da Frank Talby introducono il procedere del personaggio: invita, infatti, a testimoniare che lui ha sparato solo per legittima difesa.
Sarà, infatti, assolto proprio per questo. Se si ascolta con attenzione, nelle parole dello sceriffo si può arguire cosa nasconde un personaggio come Frank Talby (Lee Van Cleef).
Lo sceriffo si domanda e gli domanda quanti uomini ha ucciso, sempre per legittima difesa.
Le creature che attuano e perpetuano il male sanno muoversi molto bene nella legge e nei cavilli legali; Frank si trova perfettamente a suo agio tra queste cose.
Non vedendone l’indole marcia, l’ammirazione di Scott per Frank cresce a dismisura e lo insegue per poter imparare a essere come lui, dato che nella sua cittadina è trattato come un reietto, cosa che accade anche a un suo amico, un povero cieco assunto a personaggio da beffare.
Comincia così il loro rapporto, basato su varie lezioni: la prima è di non pregare mai un uomo e la seconda di non fidarsi di nessuno.
Con la seconda lezione, infatti, Frank prende a Scott tutto quello che ha e va via.
Con il coraggio e la determinazione di chi non ha nulla da perdere, Scott insegue Frank per farsi dare la terza lezione.
Puntualmente arriva: non mettersi mai tra una pistola e il suo bersaglio.
La lezione successiva è che i pugni sono come le pistole: se sbagli il primo sei già spacciato.
Si arriva alla lezione relativa alla pietà: quando spari a un uomo devi ucciderlo o prima o poi ucciderà te.
Le lezioni si svolgono mentre le cose accadono, e sono più una spiegazione di quanto fatto.
Sembra un’eco molto indiretta (e nemmeno intenzionale, probabilmente) a “il brutto” di “Il buono, il brutto e il cattivo”, il quale sostiene che quando si spara si spara, non si parla.
Abbiamo, come ingredienti, la fascinazione del male e il grande desiderio di riscatto del protagonista, reietto ed emarginato.
In una delle conversazioni con il filosofo Roni abbiamo convenuto che non è l’accettazione dell’altro da noi a cui dobbiamo ambire ma al riconoscimento, in senso più propriamente hegeliano.
L’accettazione è, fondamentalmente, sopportazione, tolleranza.
L’altro da noi merita riconoscimento, è quel che ognuno di noi cerca.
Scott si vede negli occhi di Frank e si riconosce pistolero, e, in questo, diventa molto in gamba al suo fianco.
La sua voglia di riconoscimento è tale da non accorgersi della seduzione del male.
Frank uccide, senza nemmeno esitare, chiunque si metta tra lui e il suo obiettivo.
Usa i cavilli della legge per non essere mai incolpato di omicidio.
Non è solo forza bruta, è un cervello sopraffino che attrae e affascina.
E, con Scott al suo fianco, sembra davvero invincibile.
Può capitargli di cambiare degli accordi secondo la convenienza e di bruciare un locale, con dentro il suo proprietario, solo per poterlo ereditare, avendo avuto prima cura di aver fatto firmare al proprietario un testamento in tal senso.
Niente e nessuno può fermalo al punto che potrà ben dire che l’arma che lo ucciderà non è stata ancora inventata.
A proposito di armi…ha fatto avere a Scott la sua propria arma, ma si è premurato che fosse diversa dalla sua, quella dell’indomabile Frank Talby: più rapida da estrarre e più veloce. L’allievo non deve poter mai superare il maestro in questo continuo dialogo a lezioni, ormai reciproche.
Sarà Murph “il saggio” colui che, per primo, aveva insegnato a Scott a estrarre la pistola, a cercare di aprirgli gli occhi sulla natura di Frank Talby e sulle motivazioni delle pistole diverse.
Scott aprirà gli occhi solo alla morte del suo amato amico Murph “il saggio” che, prima di morire, si era premurato di fargli avere una pistola all’altezza di quella di Frank Talby, frutto di tre generazioni di pistoleri.
Ed è così che l’allievo può opporsi al suo maestro per vendicare il primo maestro, quello di cuore.
Comincerà dagli uomini di Frank Talby ripetendo, di volta in volta, e una a una, le lezioni apprese da Frank, ora ritorte contro i suoi uomini e, ovviamente, contro di lui.
Dagli uomini di Frank si passa a Frank, in quel rito di passaggio che ammette una sola pistola così efficace.
Non ci possono essere pistole così, non impunemente.
Il rischio è l’orrore, il rischio è la morale del vincitore, la legge del più forte.
La perdita degli affetti.
Frank ha sempre detto a Scott che in un probabile scontro tra loro due, la differenza sarebbe stata fatta dall’alta probabilità che Scott avrebbe esitato.
Ma Scott non esita, piange ed empatizza ma non esita perché il suo percorso formativo si sta completando. Da reietto iniziale è passato a essere una persona che ha ottenuto il rispetto, il rispetto della paura, diverso dal riconoscimento.
Ma è chiara ora la sua diversità dagli altri abitanti. Il Giudice e sua figlia sono sempre pronti a ostracizzare i reietti e a salire sul carro dei vincitori. Non riconocono e non si riconoscono. Non sembrano persone ma personaggi, macchiette.
Murph “il saggio” era una persona, un uomo vero.
Il reietto Bill “il cieco” è un uomo trattato da macchietta dagli abitanti della cittadina, ma mai da Scott.
Dopo il percorso hegeliano verso il riconoscimento, Scott ritorna alle origini, ritorna a Bill “il cieco”, ma finalmente forte del bagaglio di esperienze vissute che molto l’hanno cambiato per non cambiarlo.
Non poteva non uccidere Frank perché sarebbe stato un pessimo allievo in tal caso. Avrebbe dimenticato la lezione che quando spari a un uomo devi ucciderlo o prima o poi ucciderà te.
Scott non dimentica, porta nel cuore il ricordo di tutte quelle etichette elargite ai “reietti” e all’intolleranza a cui conducono, spesso con conseguenze estreme.
Non abbiamo bisogno di etichette ma di riconoscimento.
A volte la giustizia sembra vendetta e viceversa. Sembra.
Il giusto riconoscimento può aiutare nella direzione, o meglio, propensione, più opportuna.
Non servono pistole invincibili, nessuno deve avere tanto potere e poter dettare la propria morale nella storia.
La pistola che Murph “il saggio” ha donato a Scott, frutto di 3 generazioni di pistoleri, e l’unica che ha potuto sconfiggere la pistola di Frank, è lanciata via.
Scott prende per mano il reietto Bill “il cieco” ed esce di scena, ripartendo da dove tutto è iniziato.
Per non dimenticare.
Si piange, si ricorda.
Non si dimentica.
Ringrazio Fernando Popoli che ha collaborato con Valerii a questo film e, circa un anno fa, mi chiese di parlarne, un giorno: per non dimenticare.
Questo è un western, è vero: è anche un film per uscire dalle etichette e per non dimenticare.
Bellissima recinsione di un film che va al di là del western.
RispondiEliminaGrazie mille. Era proprio l’intento di questa riflessione. Contenti che sia stato colto. Grazie
EliminaStefania Lombardi