(Redazione) - Quattro poesie di Mirea Borgia tratte da "Cronaca dell'abbandono" con breve nota di lettura (il Convivio ed., 2022)
Mi sono snaturata di venerdì.
Osservavo i panni sulla sedia
e la valigia già dettava il
percorso. Fuori, le rotelle
assorbivano i binari, mentre
i piedi deragliavano ancora.
Sono stati anni di manomissione,
di squarci abbandonati al
sogghigno del silenzio. La linea
guida tratteggiata convoglia
ogni ferita: l’altrove è una madre
che muore di sradicamento.
_____Quando la maschera avrà svoltato l’angolo e la donna
pagato la sua ultima pigione, quando la chiusa avrà
scandito il nascondimento e passato il testimone
a nuove mani,
potrai raccogliere i pezzi e ricompormi
sul rimorchio, strizzare l’occhio al mio amaro
accadimento, indagare sulle lacrime che mi hanno
intrisa, confortare la miseria salita sul podio.
Ma leggerai una confessione dentro un diario vuoto.
_____
Il lampo palesa la notte.
Pre-vede.
Allarme di chi non declina
nel buio.
Il ripiego più ambito è la fine.
Senza.
___________________________
Credo ha affollato le stanze:
“mio dio – mio dio”
Pigia ansimante, fisso recide
(recede la danza) il collo del piede.
Credo che è sete, la sete che avanza.
“Mia Dea!”
– l’étoile si reclama, forgia
il suo vento, disegna una trama.
Sete la stringe, le porge un bicchiere.
Mia Dea non lamenta il bisogno di bere.
_____#
MIREA BORGIA E IL VALORE CONFESSORIO DEL POETARE
UN BREVE SPUNTO DI LETTURA
Non è in questa sede che si vuole delineare una completa recensione o nota di lettura della silloge di Mirea Borgia Cronaca dell'abbandono, uscita a novembre dell'appena concluso anno per i tipi di il Convivio Editore.
Per questo ci si richiama alla meravigliosa prefazione all'opera fatta da Gabriela Fantato, la cui lettura approfondita si consiglia a tutti.
Chi vi scrive, tuttavia, nel leggere con attenzione la silloge, per poterne selezionare l'estratto che qui si presenta, è stato trascinato - direi quasi rapito - in un mondo, per nulla accessorio al fare poesia, che parla proprio del rapporto tra verso e la sua funzione anche confessoria e liberatoria.
Scrivere - meditavo mentre leggevo la poeta - non è mai un gesto neutro, né mai atto vile, soprattutto in questo caso.
Perché questa silloge nasce da un raccontarsi nelle proprie ferite più profonde e in un dichiarare questo intento con il coraggio di chi - è certo un bell'ossimoro che si addice a questa silloge - ha il coraggio di confessare la propria innocenza.
Mirea Borgia muove la sua penna su un equilibrio instabile - un filo sottile - evitando con vibrante maestria di cadere in due abissi contrapposti: quello di un poetare accusatorio e quello di una scrittura autocommiserativa.
La Borgia scrive confessandosi innocente e questo è un dire raro e sottile che necessita di un grande equilibrio non solo poetico, ma anche emotivo, per emergere.
Per questo la lettura di questa silloge, che a tratti non manca di commuovere empaticamente il lettore, ci dice chiaro che è ben più difficile confessare al mondo la propria innocenza, la propria purezza, nonostante tutto, che sbrodolare davanti al mondo la propria colpa al fine da liberarsi dal suo peso.
Il coraggio di Mirea Borgia è quello di dire il proprio esistere e resistere nella scrittura.
E lo fa, lo si ripete, con la forza di chi si confessa (esistente e resistente).
Quanto sia più facile e in uso anche in poesia l'esatto contrario, quanto anche in poesia si faccia uso della parola per non dirsi (capaci di esistere) non sta a me ricordarvelo.
Dico solo che la parola di Mirea Borgia è sì lenimento e balsamo su ferite ancora aperte ma, come ogni buon balsamo, inizialmente brucia.
Perché, diciamolo chiaro a noi stessi almeno, confessare la propria vitalità nonostante le ferite è un atto di coraggio estremo cui pochi e sempre più rari poeti aderiscono.
Per questo vi esorto a leggere questa silloge - e credetemi é cosa che non faccio mai - anche sul piano etico e morale che investe il rapporto di tutti noi con la parola.
PER LA REDAZIONE
IL CAPOREDATTORE
SERGIO DANIELE DONATI
BREVI CENNI BIOBIBLIOGRAFICI
“Borgia mette in gioco
l’istinto di sopravvivenza per combattere l’inquietudine”, così
scrive Franco Manzoni sul “Corriere della sera”, parlando della
sua poesia, che indaga, attraverso dei moti filosofici e lirici, i
meandri dell’Io in continuo dialogo con i risvolti civili. Nel 2019
è stata finalista al Premio Letterario Internazionale Citta DI Como.
Nel 2020 ha pubblicato con Il Convivio Editore la raccolta di poesie
“L’innocenza dell’ombra”, opera selezionata al Camaiore e
finalista al Premio Prestigiacomo. Suoi testi sono stati pubblicati
in alcuni blog e riviste letterarie. Collabora con le pagine
culturali del quotidiano “Conquiste del lavoro”. Vive in
provincia di Roma.
Commenti
Posta un commento