(Redazione) - Figuracce Retoriche - 04 - ANADIPLOSI, EPANADIPLOSI, EPANALESSI, EPIZEUSI
di Annalisa Mercurio
Forse non ve ne siete accorti, ma in questa introduzione ho appena usato tutte le figure retoriche che tratteremo in questa puntata, ma facciamo un passo alla volta, e sarà tutto più chiaro.
ANADIPLOSI
Anadiplosi
(guarda un po’ che strano) deriva dal
greco: ἀναδίπλωσις, anadíplosis,
che significa duplicazione o raddoppio.
I latini chiamavano questa figura retorica reduplicatio.
Bene, fin qui ci siamo, ma DOVE andiamo a raddoppiare? Come abbiamo visto nella precedente puntata per distinguere alcune figure retoriche da altre, è fondamentale conoscerne la posizione all’interno del periodo. Nell’anadiplosi la ripetizione avviene a fine e inizio frase successiva, cioè cominciando una frase, ripetendo una o più parole con cui si è conclusa frase precedente.
È una figura retorica perfetta per chi vuole brontolare ma non solo. L’anadiplosi, infatti, nel parlato quotidiano, viene spesso usata inconsapevolmente, perché è un espediente semplice, ma di sicuro effetto. Vediamo qualche esempio.
Se dicessi: Ti avviso che sono stanca. Stanca di… , l’attenzione sulla mia stanchezza raddoppierebbe immediatamente.
Oppure: Ho fatto un sogno, un sogno che sembrava reale.
E ancora: Ho sbagliato tutto. Tutto!
Bene, fin qui ci siamo, ma DOVE andiamo a raddoppiare? Come abbiamo visto nella precedente puntata per distinguere alcune figure retoriche da altre, è fondamentale conoscerne la posizione all’interno del periodo. Nell’anadiplosi la ripetizione avviene a fine e inizio frase successiva, cioè cominciando una frase, ripetendo una o più parole con cui si è conclusa frase precedente.
È una figura retorica perfetta per chi vuole brontolare ma non solo. L’anadiplosi, infatti, nel parlato quotidiano, viene spesso usata inconsapevolmente, perché è un espediente semplice, ma di sicuro effetto. Vediamo qualche esempio.
Se dicessi: Ti avviso che sono stanca. Stanca di… , l’attenzione sulla mia stanchezza raddoppierebbe immediatamente.
Oppure: Ho fatto un sogno, un sogno che sembrava reale.
E ancora: Ho sbagliato tutto. Tutto!
Ora alcuni esempi in
letteratura:
…È il
vento,/il
vento che fa musiche bizzarre…
in questo testo tratto da Diario d’Algeria
di Vittorio Sereni, la ripetizione de il
vento ne sottolinea tanto la
presenza, che la seconda volta, ci sembra quasi di sentirlo.
In Giorno
dopo giorno di Quasimodo, l’anadiplosi
carica la narrazione di drammaticità:
Invano cerchi tra la
polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo (…)
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo (…)
(S. Quasimodo, Giorno
dopo giorno)
Possiamo però parlare di
anadiplosi anche
quando all’interno di un discorso, dopo aver divagato per spiegare
qualcosa, abbiamo bisogno di riportare l’attenzione sul soggetto
iniziale. In questo caso, la ripetizione non sarà immediata, ma
intervallata da un inciso. Il brano di Italo Calvino che segue, è un
perfetto esempio di questa circostanza:
(…la satira) non
esclude (…) una forte parte d’ambivalenza,
cioè la mescolanza d’attrazione e ripulsione che anima ogni vero
satirico verso l’oggetto della sua satira. Ambivalenza che
se contribuisce a dare alla satira…
(Da ‘Una pietra sopra’)
Cosa fa qui Calvino? Sta
parlando dell’ambivalenza della satira ma, dopo aver scritto una
prima volta la parola ambivalenza,
si allontana dal discorso per spiegarne il significato (la parte in
corsivo) mette poi un punto, e subito dopo riscrive la parola che è
il fulcro del precedente ragionamento. Con questo espediente, nel
caso in cui la spiegazione avesse distratto il lettore, si riporta la
sua attenzione al soggetto, alla parola chiave del discorso, che è,
in questo caso, ambivalenza.
Pensateci. È una cosa che facciamo tutti!
Per il coraggio di cimentarmi nell’anadiplosi dopo questi magnifici esempi, vorrei una medaglia al valore.
Per il coraggio di cimentarmi nell’anadiplosi dopo questi magnifici esempi, vorrei una medaglia al valore.
E la terra bevve se
stessa.
Si ruppe. Si ruppe come il pendolo
che pensavi fermasse il tempo.
Il tempo non si fermò. Si ruppe.
Si ruppe. Si ruppe come il pendolo
che pensavi fermasse il tempo.
Il tempo non si fermò. Si ruppe.
Annalisa Mercurio
EPANADIPLOSI
No, non abbiamo a che fare
con la duplicazione dei pani. Immaginiamo invece ora un cerchio, una
ruota che torna al punto di partenza, nel quale inseriremo una breve
frase che inizia e termina con la stessa parola. Una frase circolare.
Questa figura retorica infatti, viene chiamata anche ciclo.
Come sempre, per comprendere meglio, andiamo a vedere alcuni esempi, partendo dal linguaggio pubblicitario, il quale ha la necessità di colpire il pubblico e far ricordare lo slogan, che dev’essere per questo motivo semplice, ma incisivo. Sono certa che a questo proposito ricorderete tutti la pubblicità dell’automobile che Piace alla gente che piace, oppure, quella di una marca di creakers Il gusto di condividere il gusto.
Come sempre, per comprendere meglio, andiamo a vedere alcuni esempi, partendo dal linguaggio pubblicitario, il quale ha la necessità di colpire il pubblico e far ricordare lo slogan, che dev’essere per questo motivo semplice, ma incisivo. Sono certa che a questo proposito ricorderete tutti la pubblicità dell’automobile che Piace alla gente che piace, oppure, quella di una marca di creakers Il gusto di condividere il gusto.
Torniamo ora ai classici con un estratto da Patria di Giovanni Pascoli:
dov’ero?
le campane mi dissero dov’ero.
Per passare ora al titolo
di un’opera di Nietzsche:
Umano
troppo umano.
Nel prossimo caso invece,
ci sono piccole varianti. Come spiega Bice Mortara Garavelli nel suo
Il parlar figurato,
infatti, possono esserci epanadiplosi
con varianti di forma
e di funzione, cioè con varianti
morfologiche e sintattiche. (Ho appena fatto cosa? Bravi,
un’anadiplosi). Per questo caso di epanadiplosi, prendiamo un
estratto da Piazza Sarzana di
Dino Campana:
E dura sotto
il cielo che dura, estate rosea di
più rosea estate.
Alziamo ora il tiro
dell’articolo, con una citazione latina dall’Eneide:
ultro
animos tollit dictis atque increpat ultro
(di più solleva i cuori con le sue parole e li stimola ancora di più)
(di più solleva i cuori con le sue parole e li stimola ancora di più)
Per chiudere il cerchio
(mai tale espressione fu più azzeccata), guardiamo la stessa
citazione in questo mio tentativo grafico, che, per quanto casalingo,
penso renda bene l’idea di ciò che possiamo chiamare epanadiplosi.
E ora mia la seconda
figuraccia retorica del giorno:Non pensare,
disfa la mente e non pensare,
culla
i due emisferi, nella nebbia, culla.
Annalisa Mercurio
EPANALESSI
Dopo le disquisizioni culinarie e un breve tuffo nell’etimologia della parola, cerchiamo di vedere realmente in cosa consiste.
In questo caso particolare, preferisco chiamare in aiuto il nome latino geminatio, il quale ci porta subito all’idea di gemello, di doppio. Abbiamo infatti una epanalessi, quando andiamo a raddoppiare (a geminare), una parola (in alcuni casi più di una). Questo può avvenire indifferentemente all’inizio, al centro, o alla fine della frase.
È una struttura diffusissima in ogni genere di discorso, sia in espressioni solenni come "In verità, in verità vi dico", sia nel parlato quotidiano: se ne andarono zitti zitti, oppure mi raccomando, andate piano piano! E ancora se ne stava in un angolo solo solo.
Dicevo che l’epanalessi, possiamo trovarla (a differenza di altre figure retoriche di ripetizione) in qualunque punto della frase. Vediamo così qui di seguito, alcuni esempi di epanalessi a inizio, centro e fine periodo.
Double,
double toil
and trouble.
(Trad - Doppi, doppi fatica e problemi - Shakespeare, Macbeth, atto IV,
scena I, dove questa battuta viene ripetuta più volte in vari punti
della scena, mutando solo l’ultima parola).
La ratio, il logos, non hanno
buona stampa, lo so, lo so,
nel nostro mondo patetico, strimpellante, teatrale: e gratuitamente
astratto, o distratto.
(Carlo Emilio Gadda dalla raccolta Il tempo e le opere)
...ma la figlia / del limo
lontana, / la rana, / canta nell’ombra più fonda, / chi
sa dove, chi sa dove!
(D'Annunzio la pioggia nel pineto)
E ora un intervallo musicale con Ivan Graziani. Cantiamo!
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei, ancora un po' di lei (Firenze)
Tuttavia, alcuni studiosi
ritengono che sia da definirsi epanalessi
solo ciò che ha altri elementi tra le parole ripetute. Non è la
prima volta in cui ci troveremo ad affrontare correnti di pensiero
discordanti, e non sarà l’ultima. In questo caso, mi affido non
solo al Parlar figurato di Bice Mortara
Garavelli (già precedentemente citato), ma
anche ad alcune ricerche fatte per chiarirmi le idee, le quali mi
hanno portata molto più indietro nel tempo
(35/40 d.C. - 96 d.C.) e più
precisamente alla Institutio oratoria di Marco
Fabio Quintiliano (oratore romano e
maestro di retorica: il primo a essere stato stipendiato
per questo dal fiscus imperiale)
secondo il quale, frapporre un inciso fra la prima e la seconda
citazione, è un possibilità , non la sola e unica regola.
Come esempio di questo caso (cioè
di epanalessi con
inciso), prenderò una citazione da Mezzogiorno
d’inverno di Umberto Saba:
e su tutte le cose, le divine / cose…
Molti penseranno che questa sia
un’epanadiplosi della quale abbiamo parlato poco sopra, ma c’è
un piccolissimo particolare che le distingue, nella epanalessi
infatti, ciò che si trova tra quello che si ripete, è qualcosa di
breve, (in genere un aggettivo) che va a esaltare ulteriormente la
parola o il breve periodo che si va a ripetere, non una più ampia
divagazione.
EPIZEUSI
Per la barba di Zeus si
salvi chi può, che ora ci tocca memorizzare un’altra variante che
riguarda la ripetizione! Ma sarò brevisssssima perché davvero
semplice!
Se nell’anadiplosi iniziamo una frase nello stesso modo in cui abbiamo terminato la precedente, se nell’epanadiplosi abbiamo un periodo circolare, se nell’epanalessi la ripetizione della parola (o di più parole) è in rapida successione (in alcuni casi intervallata da un inciso), nel caso in cui andiamo a moltiplicare una parola in rapida successione senza intervalli per più di due volte, diamo vita a una epizeusi!
In greco ἐπίζευξις epízeuxis, derivato di ἐπιζεύγνυμι epizéugnümi cioè congiungere, unire.
Vi lascio un esempio tratto dalla silloge Le giovani parole di Mariangela Gualtieri:
Se nell’anadiplosi iniziamo una frase nello stesso modo in cui abbiamo terminato la precedente, se nell’epanadiplosi abbiamo un periodo circolare, se nell’epanalessi la ripetizione della parola (o di più parole) è in rapida successione (in alcuni casi intervallata da un inciso), nel caso in cui andiamo a moltiplicare una parola in rapida successione senza intervalli per più di due volte, diamo vita a una epizeusi!
In greco ἐπίζευξις epízeuxis, derivato di ἐπιζεύγνυμι epizéugnümi cioè congiungere, unire.
Vi lascio un esempio tratto dalla silloge Le giovani parole di Mariangela Gualtieri:
(…)
L’ormeggio delicato si scioglierà da sé
appena salirai e quel viaggiare
avrà cominciamento. Andrai. Andrai. Andrai.
(…)
E un altro da Una
stagione all’inferno di Arthur Rimbaud:
Fame, sete, grida,
danza, danza, danza, danza!
Come nota musicale, ancora una volta Firenze di Ivan Graziani:
(…)
Per questo canto una canzone triste, triste, triste Triste, triste, triste Triste, triste Triste come me
(… )
Per questo canto una canzone triste, triste, triste Triste, triste, triste Triste, triste Triste come me
(… )
E infine
Spargeremo gli occhi al vento
e tu riderai, riderai, riderai.
Annalisa Mercurio
E anche oggi è suonata la campanella. Possiamo uscire! Vi aspetto alla prossima.
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