A vele spiegate (in morte di Odisseo)
Non fu la corda a legarmi
all'albero per evitare
delle sirene le seduzioni,
ma un controcanto
una nenia piana,
un basso continuo
- un suono metallico -
che tracciava senza pietà
l'imperativo d'un ritorno
già scritto nelle crepe
d'una vita non più mia.
Si torna morti
- dai campi e dai fumi
della Storia, dal miele
rancido delle storie,
dalle contro-narrazioni,
si torna già morti -
e il luogo incolto del ritorno
è coperto di sterpi,
erbe maligne, come parole;
come la Parola.
Son tornato per non raccontare,
non per esser detto nei millenni.
Cercavo l'oblio e ho trovato
un poeta accecato
- e fui io a cavargli l'occhio
perché non dicesse;
ma disse, e per sempre -
No, non fui legato da funi,
né furono guardiani
i miei compagni.
Mi tenne stretto
un contro-incanto
l'illusione di ritrovare in Itaca
l'assenza del Tempo,
la sepoltura d'un uomo indegno.
Son tornato però
a tender archi,
uccider Proci
e provocare infarti
a cani troppo fedeli.
E dell'occhio di Penelope
mi spezza le ossa
- più del canto
di sdentate sirene -
l'assenza di perdono.
Son tornato troppo tardi
per uscir dal sogno,
troppo presto
per donarmi al risveglio.
Per questo muoio;
l'unica metastasi
per il corpo d'un uomo
sta nell'illusione
d'esser altro
dall'ammasso poco nobile
delle molecole senza senno
di un'esistenza vana.
Si torna già morti
dalle narrazioni e dalle epiche,
dai lemmi e dalle iperboli.
Muore colui di cui
si pronuncia il nome
fuori dai campi Sacri
del silenzio di stelle
sacrificate alla clessidra
impietosa delle galassie.
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VIDEO LETTURA E INTERPRETAZIONE
DI SERGIO CARLACCHIANI
Foto e testo - inedito 2023 -
di Sergio Daniele Donati
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