Due poeti allo specchio (Mirjana Zarifović e Sergio Daniele Donati)


SE TU TORNASSI

Se tu tornassi
porteresti il tuo vaso, la tua cenere,
e io conterei, conterei il tuo vaso, esso viene dal tuo tempo di cenere,
viene al mio tempo. Altri vasi nella casa del santo.
Nei suoi occhi, le nostre bianche mandorle, come sono entrate?
Solo divinando, solo ignorando, è il sapere,
lo dicono i tripodi, lo dicono i sassi. Spremi la mandorla sulle nostre bocche, santo,
la rosa è scarlatta, portala alla signora che leviga il vento.
Ai crocicchi, dove ogni cosa è in disparte, e prima del corpo e prima del sangue…
lei incede rugginosa e si volta alle campane
ieri rinnegate, alle fosse le appende e leviga le rose.

Forse hai un nome signora?

Ah, ma scendono,
nelle campagne camminano, vengono…
Santo, santo del pane caldo dei morti, sulle tue labbra le nostre parole sanguinano,
pronunciale tu, dalle a noi, non le abbiamo mai udite.

È l’ultimo giorno, noi andiamo dietro l’ombra a impiegare i vasi,
tu spremi la mandorla, spremila, e diremo che è buona.

Mirjana Zarifović  - Inedito 2023


HO CHIAMATO IL SACRO

Che poi ho chiamato il sacro dalle paludi fertili
e m'ha guardato l'airone, là,
nelle umide albe di nebbia, dove si confonde
l'odore dello stantio con quello del ricordo.
E son rimasto immobile ad aspettar risposta,
evocando dalle mie membra memorie minerali.
E, mentre ti scrivo, quel che iniziale 
rimbomba alle mie orecchie come monito:
" se leghi sappi cosa stai unendo, oppure
lascia libero il pensiero di legarsi 
all'Altrove che lo genera".
Ma io, ormai, ho chiamato il sacro
e la tua mandorla mi abbassa timido lo sguardo
e tende l'orecchio al suono del grillo;
un mònotono senza sosta che mi strappa
dal mio bisogno di penombra e mi ricorda
che luce fu il primo detto. 

Io non son degno di parola,
non sono degno di questa penna che m'ustiona
il palmo, senza lasciare stigmate;
non son degno di questi lemmi che calano
da un firmamento mai detto, per il mio ascolto;
eppure ho chiamato il sacro a soccorso
e mi ha risposto, dalle paludi fertili
l'airone. Ha alzato il becco dai fanghi
che costruiscono ogni nostro dire,
m'ha guardato e ha aperto le ali,
senza prendere il volo.

Ho due cicatrici sulle spalle;
una me la fece il mio Maestro 
dicendomi pronto per la via del petalo.
La presi come una benedizione, allora, 
ma il petalo è petalo quando cade dal fiore
e la via della delicatezza è 
un eterno, poetico addio.
La seconda ferita me la fece il sacro
perché l'ho chiamato mentre riposava
tra le pause del verso del grillo
e il grillo, per liberarlo e permettergli
di venire a me, è morto. 

Sergio Daniele Donati  - Inedito 2023

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