(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 19 - Una piccola riflessione a ruota libera (la vocina)
di Sergio Daniele Donati
Ogni volta che inizio a scrivere un articolo per questa rubrica, più che per altre, la vocina si fa sentire.
È una specie di bisbiglio, un sussurro che mi chiederebbe di dargli corpo e sì, forse, persino nome.
Il più delle volte volutamente fingo di ignorarla e allora lei monta in cattedra con le domande irose: chi ti credi di essere per commentare quell'autore? che certezza hai della validità di ciò che stai per dire? chi sei, in fondo, tu per dire ciò che menti ben più elevate della tua hanno già detto, per affrontare temi su cui si sono diffusi i migliori pensieri? Tu, Sergio, proprio tu, perché scrivi sulle altrui parole?
Questo è il tenore del questionamento della vocina che, ad esempio, tace molto di più se scrivo poesia, quasi a concedermi, come lo si concede a chiunque, la facoltà di parlare del mio mondo.
La vocina, al contrario, mi rimprovera e mette in allerta solo quando mi accingo a scrivere note di lettura, recensioni, impressioni, in altre parole, sulla scrittura altra.
Eppure lo sa, la vocina, che per me nessuna scrittura è mia, e che concepisco lo scrivere come un fenomeno di ascolto, di un certo attraversamento, un fenomeno antico che proviene dall'Altrove e all'Altrove torna.
Più che mezzi della scrittura, noi siamo dalla scrittura dimezzati, come i calviniani visconti; la scrittura ci taglia, ci attraversa e se ne va, alla guisa di certi crudeli amori giovanili che tutti noi abbiamo vissuto.
Ma, se così è, la vocina non dovrebbe far distinzione, nel suo reguardirmi, tra scrittura di poesia mia e note di lettura di poesia altrui.
Eppure lo fa, ed io penso oggi di aver capito il suo messaggio.
C'è un dato etico in più nel parlare della scrittura degli altri, ed è un dato irrinunciabile. Ogni scrittura ricevuta, al di là di esiti e livelli, è un dono ricevuto, e come tale va trattato.
Se scrivo una nota di lettura entro nel mondo, nel reame, del dono; del dono di una parte di sé che qualcuno ha deciso di farmi.
Qualcuno ha scritto per esser letto e io ne sto parlando.
E, lo si ripete, poco importa in questa sede se l'autore abbia intinto il pennino in inchiostri sacri creati da fiori rari nelle notti di plenilunio o abbia usato una Bic.
Poco importa - importa invero, ma non per ciò che sto per dire - se chi ha scritto sia un abile giocoliere di lemmi e figure retoriche o scriva ancora poesie in cui amore non è capace che di far rima con dolore (1)
D'altronde nessuno di noi irride le prime poesie di un bambino no? Tutti noi siamo capaci di vedere la sacra potenzialità di una tremante infante penna quando scrive Mama (le doppie che dramma) ti voio (anche "gl" é un dramma) bene.
La vocina, che altro non è che l'etica del lettore, è un soffio flebile ma persistente a non dimenticare che ogni tratto è un divenire, è simbolo di ciò che potrà esser detto meglio in futuro.
Questo la vocina mi esorta a non dimenticare prima di scrivere una nota di lettura.
Leggere, e commentare ciò che si è letto, comporta una gigantesca responsabilità, un richiamo diretto alla parola che costruisce (che non è solo quella divina) proprio perché sa indicare il bene anche nell'inciampo.
Su Le parole di Fedro non troverete mai una critica negativa.
Agli autori che ci hanno sottoposto inediti o sillogi non ritenute idonee non è stata chiusa la porta in faccia.
Gli si è consigliato di rivederle, offrendo anche il nostro piccolo aiuto, perché potessero far fiorire le loro potenzialità.
È la flebile - ma decisa - vocina di Fedro ad imporcelo.
Il giorno in cui si dovesse perdere l'etica della lettura e del commento, credo, si perderebbe l'utilità e il senso profondo della parola e di questo litblog.
E io vengo da una cultura che su questo rispetto della parola fonda i suoi picchi e sulla coscienza del potenziale anche negativo e distruttivo della malaparola pone la massima attenzione.
La vocina della coscienza si manifesta nei confronti della alterità con ancora maggiore potenza e, se anche a volte è per me insistente e disturbante, il giorno che, prima di scrivere una nota di lettura, non la sentissi, chiuderei immediatamente Le parole di Fedro.
Per la redazione de LE PAROLE DI FEDRO
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
(1) - che poi è la vita a imporre quella rima; la Vita, la grande poeta.
Di questi doni reciproci nutriamo l'anima... onorata di leggerti, onorata del tuo ascolto.
RispondiEliminaGrazie davvero, onore tutto mio
Elimina