(Redazione) - 02 - Il Femminile - A proposito di Cristina Campo
di Patrizia Baglione
curvato da molte nevi
allegra come falò
per colline d’oblio
su acutissime lamine
in bianca maglia d’ortiche,
ti insegnerò, mia anima,
questo passo d’addio...
allegra come falò
per colline d’oblio
su acutissime lamine
in bianca maglia d’ortiche,
ti insegnerò, mia anima,
questo passo d’addio...
Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Guerrini, nasce a Bologna nel 1923 da una famiglia agiata all'interno della quale arte e cultura erano pratica quotidiana. Il padre era un celebre maestro di musica e la stessa Cristina una raffinata dilettante.
I problemi di salute la costringono a proseguire gli studi da autodidatta, seguita dal padre o da insegnanti privati. Da questo momento, la sua educazione si compie al di fuori dei canali istituzionalizzati, prevalentemente sui libri presenti in casa. Attraverso la lettura impara l’inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo.
Era ossessionata dall’idea di perfezione. La sua parola è simbolo. I suoi versi sono a tratti dei piccoli haiku.
Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana
dolce Ottobre, e sui nidi.
e tu discendi sulla meridiana
dolce Ottobre, e sui nidi.
Troviamo in Cristina l’urgenza verso una bellezza che lei ritiene trascurata, se non dimenticata, dall’umana inconsapevolezza.
Guido Ceronetti nella nota introduttiva alla raccolta saggistica Gli imperdonabili (Milano, Adelphi, 1987) definì Cristina Campo con un’espressione particolarmente calzante: una “tessitrice d’inesprimibile”.
Nei suoi scritti il peso di ogni parola è perfetto, vi è una completa dedizione al tema trattato ed emerge il disprezzo per tutto ciò che è mondano. Ogni sua parola è tesa verso la perfezione, ma anche ogni sua amicizia, o amore, o pensiero. È tesa: la sua scrittura e la sua vita sono una continua ascesi, per raggiungere una forma ideale. Quando ha quasi trent'anni, Vittoria si battezza definitivamente Cristina. Sente che lei stessa è fatta di parole e si trasfigura quindi in ciò che vuole essere. Traduce Rilke, Morike, Emily Dickinson, Williams Carlos Williams (con Vittorio Sereni), John Donne, Mörike , Hofmannsthal e Mansfield. Si alza a mezzogiorno e lavora fino all’alba. Soffre d’insonnia.
“Esco da un’ennesima notte oscura: febbre, mal di capo fin quasi alla cecità e una tosse che pare scavare il cuore».
Il suo corpo spesso non regge la sua indomita volontà, quasi tirannica: Cristina è un essere al tempo stesso fragile e ferreo. È severa con gli altri come con se stessa. e le sue relazioni, d’amore e d’amicizia, saranno sempre tempestose. Abitò a Bologna per molti anni, poi a Firenze e a Roma. Visse di letteratura, circondata dai gatti e quando morì molte delle sue carte andarono disperse. Scrisse poco di proprio, ma in realtà scrisse moltissimo se si contano i saggi e le traduzioni (che è difficile recuperare perché mai raccolti in volumi). Si spese sempre ai margini del testo. Un modo di essere scrittrice profondamente coerente con il suo essere donna e la sua vita.
Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce Ottobre, e sui nidi.
Trema l’ultimo canto nelle altane
dove il sole era l’ombra ed ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.
E mentre indugia tiepida la rosa
l’amara bacca già stilla il sapore
dei sorridenti addii.
____
Amore, oggi il tuo nome
al mio labbro è sfuggito
come al piede l’ultimo gradino...
Ora è sparsa l’acqua della vita
e tutta la lunga scala
è da ricominciare.
T’ho barattato, amore, con parole.
Buio miele che odori
dentro diafani vasi
sotto mille e seicento anni di lava –
ti riconoscerò dall’immortale
silenzio.
Cristina Campo |
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