Cartoline dal cielo - un racconto di Mario Sicolo


Il segreto meno segreto di tutti.
Due mani che si cercano. E si stringono. Quante volte, catturandoci il cuore, abbiamo visto un’immagine così?
Lo fanno i bambini per imparare a giocare. Lo fanno i grandi quando si amano. Lo fanno i vecchi, quasi tutte le sere, se non vogliono restare soli.
Il gesto più semplice del mondo nasconde il mistero più grande della nostra vita: l’intreccio dei destini come piccoli sentieri che si abbraccino prima d’inoltrarsi nel bosco dei giorni.
Non dimentichiamolo mai, questo gesto piccino. Anche quando non ce lo aspettiamo più, può avere dentro la forza del nostro stesso respiro…
Mas
Il coperchio della bara emise un tonfo sordo che ferì mortalmente Maria.
Il prete col turibolo andava già spargendo nuvole d'incenso intorno a quella cassa di legno scuro e lei pensava che sarebbe rimasta per sempre da sola.
Figli nessuno, un fratello ed una sorella consegnati troppo presto all'aldilà.
Quel pomeriggio, pure suo marito.
Senza forze, raccolse con uno spento sorriso le condoglianze più o meno sincere dei parenti.
Poi, una volta rincasata sottobraccio ai suoi nipoti, gli unici che le restavano accanto, prese subito il sempre troppo pesante elenco telefonico.
Scorse le lettere dell'alfabeto in capo alle pagine grigie e si fermò alla "C".
"Case di riposo", il nome inequivocabile della sezione.
Diede una scorsa, con vista debole e certosina cura, a quelle colonne di tanti numeri e poche lettere.
Ecco, Villa Santa Lucia: il suo futuro immediato.
Col dito, girò il disco del telefono color granata e compose quel numero.
Le parvero subito cordiali. Le diede solo un poco fastidio il comunicarle d'urgenza la retta mensile, ma, come dire?, si sentiva superiore a certe cose, ormai.
Tirò giù dall'armadio polveroso una valigia di pelle consunta e ci infilò due vestiti, un pigiama scolorito ed una vestaglia lunga. Infine, una foto di quando erano giovani e felici, lei e suo marito.
In quell'istantanea, sorridevano entrambi. Due arcobaleni felici tra le piogge della vita.
Sorrise anche lei, ma non fu la stessa cosa.
Con uno stridore secco delle ruote, il taxi si fermò dinanzi a lei e si spalancò la portiera gialla, che le parve le fauci di un animale troppo crudele per trovarne uno che gli somigliasse davvero, nella natura.
Il viaggio attraverso quei viali scolpiti dal vento e quei palazzi orlati di ghirigori fantasiosi le pesò nulla.
Fu tutto all'improvviso dinanzi a quelle scale infinite.
Le pietre erano ingiallite di tempo, come foglie abbandonate sopra un prato d'autunno triste. Salì. L'accolsero tutti sorridenti, ospiti e infermieri. Ancor più lieto si mostrò il direttore.
Tutti tranne una signora anziana, seduta in un angolo della sala grande.
Lì, dove a mala pena tremava un raggio di sole, la vecchietta stava leggendo frettolosamente un libro e non si curò affatto del nuovo arrivo.
I giorni ora volavano velocissimi, ora ristavano strazianti.
Maria, che si sentiva ancora giovane dentro, presto divenne un'infermiera aggiunta e correva da un vecchietto all'altro per prestar soccorso, dare conforto, un aiuto purchessia.
Una sera, che tutti erano già nelle loro stanze, adocchiò rincantucciata in quel salone la vecchietta, che leggeva e piangeva. Le aveva stretto il cuore una poesia che parlava di un uccello goffo e pure assetato d'azzurro, che per colpa d'ali abnormi non riusciva a volare. "È lui, è lui, il mio Piero", sussurrava.
Suo marito - anzi, si autodefiniva "consorte" perché con lei voleva condividere il destino d'una vita - era stato un poeta senza che nessuno lo sapesse. Sì, era un oscuro impiegato come tanti altri, ma la notte si lacerava il petto di versi dolenti e bellissimi. Che regalava soltanto a Giovanna, la sua anima.
Maria, pur continuando a darle del lei, senza capire perché, s'accorse di voler bene a quella donna, così sola e così dolorosamente felice.
Giovanna, pian piano, quando vedeva entrare Maria, spostava il tavolino e la sedia verso la grande vetrata che sembrava una tela con un cielo interminabile dipinto sopra. E faceva cadere a bella posta il piccolo libro.
Maria accorreva, lo rimetteva sul tavolino e le chiedeva come si sentisse quel giorno. Giovanna, che non vedeva l'ora che l'improvvisata crocerossina facesse quella domanda, si tuffava nella sua mitica giovinezza e s'accucciava nella culla d'amore che sono i ricordi, certe sere.
Poi, un giorno, Maria dovette andar via. Per curare una brutta asma bronchiale, doveva trascorrere dodici giorni presso le famose terme distanti pochi chilometri da quella città. Solo dodici giorni, in fondo, un piccolo soffio nel vento del tempo.
"Ma tornerò presto, è solo una vacanza necessaria”, s'affrettò a rassicurare gli ospiti.
Era sincera, ma nessuno le credette. Crudele è la clessidra, in quei posti.
Quando non venivano i figli falsamente pietosi a render loro visita, tutti gli altri ospiti della residenza si trovavano nuove beniamine, pur di continuare a campare.
Giovanna, invece, riprese a leggere freneticamente, desiderosa di perdersi in quel labirinto dolce e atroce, fatto di memorie e poesie.
Solo, non fece più cadere un libro che fosse uno.
Li stringeva forte forte tra le mani, come fossero le mani di Maria.
In uno, c'era una cartolina scritta con grafia graziosa e bambina, gliel’aveva spedita proprio Maria, tra un aerosol e l’altro, dalla stazione termale.
La foto illustrativa ritraeva l’eterno silenzio delle grandi montagne. Le parole erano leggere e rispettose, e, se qualcuno le avesse lette con gli occhi del cuore, avrebbe inteso un chiaro "ti voglio bene"...
Dieci giorni, invece, furono troppi.
Giovanna, rannicchiata in quell'angolo buio, si dimenticò di sé.
Tornò Maria. Non vide più lo scaffale con tutti quei libri di poesie e capì. Bisognava fare spazio ad una nuova ospite.
Si sentì invecchiare di colpo, senza riuscire a contare quanti nuovi anni s'erano accastellati sul cuore. Forse, aveva la stessa età di Giovanna, adesso.
Si fermò dinanzi alla vetrata azzurra e sconfinata. Lontano, una piccola nuvola le parve sorridere, mentre un'altra più grande l'abbracciava...
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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Mario Sicolo è direttore del quotidiano di informazione online www.dabitonto.com oltre che del più antico periodico della provincia di Bari, “Da Bitonto”. Cronista sportivo per la storica “Gazzetta del Mezzogiorno” e le emittenti pugliesi "Antenna Sud" e “TeleRegione”, collabora con “Radio Doppio Zero” e “Bitonto Channel”. È responsabile della collana "Sotto i riflettori della parola" per Secop Edizioni
Scrive da più di trent’anni su quotidiani, settimanali, mensili, TV e radio, nazionali e locali. L’ultimo riconoscimento pubblico lo ha ritirato nell'estate 2022 a Portopalo di Capo Passero (Siracusa), avendo vinto il Premio “Più a Sud di Tunisi” nella sezione "Storie di calcio di Provincia – Targa Osvaldo Soriano”. Nel 2023 ha contribuito con la sua penna al libro "Per Gianni Brera, l'arcimatto. Studi, documenti, omaggi e memorie a 30 anni dalla scomparsa", a cura di Adalberto Scemma e Alberto Brambilla. Insegna da anni materie letterarie negli istituti superiori in provincia di Bari.

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