(Redazione) - Figuracce retoriche - 07 - Allitterazione e Omoteleuto
di Annalisa Mercurio
“Yuhuuuuuu, ci sieteeee?”
“ Antò fa caaaaaaaldo! Cosa dici??? L’aula di figuracce
retoriche è aperta anche d’estate?”
“Per forza! Sennò vi fate crescere la panza e non studiate abbastanza!”
“Per forza! Sennò vi fate crescere la panza e non studiate abbastanza!”
Entriamo presto! Gli ultimi banchi sono già occupati!
Oggi parliamo di:
Oggi parliamo di:
ALLITTERAZIONE
Il termine allitterazione prende origine dal latino: alliteratio-onis, che a sua volta deriva da littĕra cioè lettera. (Appunti rilassanti e parte col latino, andiamo bene!)
L’allitterazione consiste infatti nella ripetizione di una o più lettere in alcune parole all’interno di una poesia o di un brano in prosa; avremo quindi, in uno o più versi (o in uno o più periodi), una ripetizione di fonemi e questo andrà a creare omofonia (no, no niente a che fare con l’omofobia! questa sì che è paronomasia) Se avete perso la scorsa puntata nella quale ne abbiamo parlato a lungo, la trovate qui
Per entrare nel vivo di questa figura retorica, parliamo ora di scioglilingua. Questi, possono essere utili nello studio delle lingue straniere, e in quelli di dizione. Gli scioglilingua sono allitterativi, e sono spesso utilizzati da attori, oratori pubblici, o in logopedia, a per praticare e migliorare la pronuncia e l’articolazione. Il mio scioglilingua preferito è:
Li vuoi quei kiwi? E se non vuoi quei kiwi, che kiwi vuoi?
Se non vi si è arrotolata la lingua, passiamo al prossimo 8 che mi riporta indietro nel tempo sulle ginocchia di mio padre):
Apelle figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo.
“Scusi, ma paronomasia e allitterazione sono quindi la stessa cosa?”
La risposta è NI
Possiamo parlare di allitterazione nella paronomasia, nella figura etimologica e nel poliptoto, in quanto, in ognuna di queste abbiamo delle allitterazioni, le quali però, possono esserci anche al di fuori delle figure retoriche sopra citate. Possiamo quindi dire, che vi sono casi in cui convivono in un verso (o periodo), più figure retoriche. Vediamo, come siamo soliti fare, alcuni esempi.
Dagli Annali di Quinto Ennio:
O
Tite tute Tati tibi tanta tyranne tulisti (O Tito Tazio, tiranno, tu stesso
ti attirasti atrocità tanto tremende).
In questo caso, Tite
tute Tati tibi è paronomasia, mentre tanta tyranne
tulisti direi di no, ma è comunque un’allitterazione in
quanto abbiamo tre suoni più volte ripetuti: T, A, N.
Abbiamo invece già citato
come poliptoto (lo trovate qui) il verso “E caddi come corpo morto cade” (Dante
Inferno canto V), dove abbiamo un poliptoto (in quanto il verbo
cadere viene coniugato a breve distanza in tempi e modi differenti caddi,
cade) e al contempo abbiamo anche una forte allitterazione data dalla
ripetizione delle lettere C e D.
Nell’articolo sul poliptoto, un altro esempio che abbiamo riportato è il seguente:
Nell’articolo sul poliptoto, un altro esempio che abbiamo riportato è il seguente:
“di me medesimo meco mi vergogno”
(Francesco Petrarca, Canzionere)
In questo specifico caso, il poliptoto è dato dalla ripetizione del pronome in vari modi (me, medesimo, meco, mi), mentre l’allitterazione, dalla ripetizione della "lettera "m
La casa cosa parea bretta e brutta, Vinta dal vento, e la natta e la notte Stilla le stelle, ch'a tetto era tutta; Del pane appena ne détte ta' dotte; Pere avea pure e qualche fratta frutta, E svina, e svena di botto una botte; Poscia per pesci lasche prese all'esca; Ma il letto allotta alla frasca fu fresca.
Mentre, ne La sera fiesolana di D’Annunzio, abbiamo allitterazioni di F e S, dei gruppi FR e SC, e ripetizioni di E, ma non abbiamo altre figure tra quelle sopra citate.
Fresche le mie parole ne la sera ti sien come il fruscìo che fan le foglie
silenzioso...
(Gabriele D'Annunzio, La sera fiesolana)
Altri esempi di sola allitterazione:
Sempre nell'Eneide: “Nec non Lamyrumque Lamumque”, incontriamo due allitterazioni differenti in un solo verso: la prima (nella doppia negazione) è data dalla lettera N, mentre la seconda nei nomi dei due guerrieri Lamiro e Lamo (tre lettere L A M ).
Vedo un’altra mano alzata! “ quindi la rima è un’allitterazione?”
La risposta è sempre NI, infatti, la rima avviene se la ripetizione delle lettere è (solo ed esclusivamente) a fine parola, mentre per parlare di allitterazione, i fonemi ripetuti devono trovarsi all’interno di questa. Vi dirò di più, la rima è una forma particolare di omoteleuto.
La rima è un caso particolare di omoteleuto tra due parole a fine verso. Se i versi con omoteleuto finale sono consecutivi, abbiamo una rima baciata, se l’omoteleuto si trova al termine di versi alternati, avremo una rima alternata.
Però (eh eh eh, c’è sempre un però), l’omoteleuto per antonomasia, è quello in cui le parole sono all’interno dello stesso verso, meglio ancora se si susseguono
mio
avaro amore amaro
(Edoardo Sanguineti, da Bisbidis)
(Edoardo Sanguineti, da Bisbidis)
(...)
(...)
"Amare amarene amare" (Sergio Daniele Donati - Amarene)
(...)
audaciter territas humiliter placas
Nel sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare di Dante Alighieri, vi sono diverse allitterazioni, e, affacciandoci un attimo al fonosimbolismo, vediamo anche che, l’accostare i suoni nasali delle lettere N, GN e M con quelli dentali di T e D, fa sì che la lettura risulti più scorrevole ed equilibrata:
Tanto gentile e tanto
onesta pare
la donna mia quand'ella altrui
saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umilta' vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì' piacente a chi la mira,
che da' per li occhi una
dolcezza al core,
che 'ntender non la può
chi no la prova
e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira.
I suoni fonici, e di conseguenza le
allitterazioni, hanno anche un peso (da non sottovalutare) nello stimolo
emotivo. Infatti, chi scrive, scegliendo una lettera specifica per dar vita a
un’allitterazione, va a stimolare un determinato sentimento e/o emozione
e di conseguenza il lettore riceve più o meno consciamente, un messaggio. Il fonosimbolismo
è un discorso davvero molto ampio, ma mi sembrava interessante farne almeno un
accenno.
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umilta' vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì' piacente a chi la mira,
uno spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira.
A è una vocale che richiama all’ampiezza
E è una vocale che richiama un clima rasserenante
I è una vocale che richiama alla chiarezza
U è una vocale che richiama un clima di gravezza
T e R sono consonanti che richiamano un clima di durezza, lo stesso vale per G e C se seguite dalle vocali A, O, U
M, P, B sono consonanti labiali che creano un clima di appagamento: pensiamo alla parola mamma, o papà (che, inserendo una R, diventa una figura più autoritaria nella definizione di padRe.
Love's Labour's Lost
(Pene d’amore perdute, commedia teatrale di William Shakespeare 1593- 1596)
The fair breeze blew, the white foam flew,
The furrow followed free;
We were the first that ever burst
Into that silent sea.
(The Rime of the Ancient Mariner, Samuel Taylor Coleridge)
Volevo
fosse tuo
per
sporcarti di pigmenti saturi
i
neri di scorza.
Per
dirti che sei un ordine di caldi
e
di tubi sottoterra come bulbi
colmi
di buio come vene
da
sturare fino a scoprire
delle
tuniche intime il grido
e
il bisogno loro netto
di
cure e suture
Annalisa
Mercurio
(da
Muovimi il fiato ed ChiPiùNeArt, 2023)
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