(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 21 - Una recensione in forma di lettere (parlando della poetica di Maria Allo e altro)
Milano, 01/07/23
Cara Paola,
la tua lettera mi ha dato tanto da riflettere. Pensieri che si sono stratificati su quelli già vivi a proposito della poetica di Maria Allo.
Hai ragione: la dolcezza è uno dei tratti che più emerge nella lettura dei versi di Maria Allo.
E anche la delicatezza, che tu sai bene essere al vertice della mia scala etica di valori.
Il sottile, il delicato, la traccia lieve, seppure profonda, è ciò che, in fondo, cerco sempre nelle altrui scritture, perché in esse ritrovo tutta la saggezza dell'antico insegnamento che ci porta a non cadere nella trappola delle apparenze, specie delle parole.
Tutto questo mi pare emergere sempre tra i versi di Maria Allo ed avviene con una capacità espressiva senza pari, a mio avviso.
Sul titolo della sezione "Carte sparse" della sua silloge Sul margine (Interno poesia), anche io ho assaporato un richiamo petrarchesco, ma la suggestione è stata anche relativa al raccolto della parola.
La parola appare trovare, nella scrittura di Maria Allo, ordine nel limite stesso della carta che la contiene.
D'altronde è questo che facciamo quando scriviamo. Dettando tempi, ritmi, suoni e durate ai versi ne determiniamo il perimetro e, così facendo, ciò che nasce come sparso prende ordine. Non trovi anche tu?
Questo a mio avviso emerge sia nella struttura intera dell'opera che nelle singole composizioni, vere e proprie perle di tenuta e compattezza poetica.
Le poesie di Maria Allo sembrano essere oggetti preziosi e delicati, come dicevamo, tenuti da una simmetria simile a quella della struttura interna del diamante.
E io trovo questo molto raro nel panorama della poesia contemporanea. Voglio dire che la tenuta è data da fili sottili e quasi trasparenti che però manifestano una coerenza stilistica e di contenuti meravigliosa.
Qui sotto ti riporto un esempio di ciò che intendo.
Non c’è che mare
Niente è perfetto in quello che non c’è
Impariamo da soli con questi corpi rappresi alle vertebre
i dettagli dei nostri abissi
rivelano chi siamo
ombre incustodite tra atomi dispersi
cardi smemorati sul pendio
Non c’è che mare pochi suoni
sulle gote e il sole quasi non ci tocca
Una poesia dolcemente assertiva che lascia poco spazio alla follia del tentativo di definire l'assenza.
Niente è perfetto in quello che non c'è è un esordio di poesia eccezionale, un dire che non lascia repliche e che potrebbe essere da sé parte di un dire stentoreo.
Invece l'autrice nei versi successivi introduce la delicatezza di cui sopra parlavamo, perché il filo della tenuta deve rimanere naturalmente teso tra due poli: tra il dire una verità dai contenuti filosofici forti e chiari e il temperare, poi, quei contenuti con immagini che ci ricordino l'importanza del fragile in poesia e in ogni parola.
Il gioco dei simboli, concorderai con me, è perfettamente bilanciato.
La fatica di un apprendimento solitario attraverso una corporeità limitata e rappresa ci permette però di cogliere i dettagli dell'abisso - come a dire che è dal nostro limite che comprendiamo il tutto, almeno in parte (passami questo ossimoro).
E gli abissi stessi definiscono chi siamo, ma è un chi, una soggettività, che subito viene definita attraverso il suo contrario: siamo ombre, riflessi abbandonati tra atomi dispersi (sì, ma quegli atomi la parola di Maria Allo li riunisce, è questa la sua maestria).
E poi i due versi finali in corsivo parlano di un'esistenza liquida e marina, di una quasi assenza di suono e di un sole da noi distante, oserei dire indifferente.
Vista per parcelle questa poesia appare pessimista vero? Eppure per me, ed è qui la tenuta, non lo è, e sai perché?
Perché la poeta ci dice che questo noi siamo, una somma di equilibri tra limiti patenti e potenti.
Il non detto centrale, il nonostante nascosto, di questa splendida poesia è appunto il saper definire l'essere umano attraverso i suoi limiti e la tenuta in equilibrio instabile che in fondo rappresenta l'esistenza umana.
E ciò che più mi colpisce di questa scrittura, che pur parla della fatica profonda dell'essere, è la sobrietà, il non cadere in facili strazi ad effetto ma senza storia, il dire ciò che è con la dignità di una parola non viscerale ma da meditare profondamente.
Questo secondo me risponde anche al quesito del Frammento in prosa cui fai cenno nella tua lettera: E tu perché scrivi?
Hai fatto bene a rimarcarlo perché quel quesito, che avrebbe ben potuto essere il titolo della intera raccolta è la domanda più evasa, eppure la più pregnante, di gran parte della poesia contemporanea.
Evasa perché riguarda l'etica della scrittura, e tu sai bene come il tema mi sia chiaro, e parlare di etica spaura.
Tutti, o almeno molti, presi a chiedersi come scrivo, saltiamo con nonchalanche la domanda principe.
Che senso ha l'atto di scrivere, qual è la sua intima motivazione?
Io penso, e mi pare di trovare assonanza con l'autrice Maria Allo, che non ci sia domanda più pregnante ogni volta che prendiamo la penna in mano. E penso anche che la sobria delicatezza dei tratti di Maria Allo sia una possibile risposta.
Scriviamo per dare ordine e tenuta a ciò che nella mente è sparso, per dare memoria e ciò che, come il cardo della poesia di sopra è smemorato, per tracciare sottili fili di tenuta.
Un po' come da sempre ha fatto l'uomo, nell'apparente caos del firmamento.
Ha tracciato linee immaginarie tra stelle tra loro lontane e non connesse da alcuna forza fisica e le ha chiamate costellazioni.
E ha dato loro nomi che richiamano la potenza del Mito, la memoria di un immaginario collettivo forte.
Il dar ordine immaginario e nome al caos di luci sparse nel cielo ha permesso ai naviganti di orientarsi per millenni.
Non pensi anche tu che con la parola chi scrive questo faccia, tramutando il suono in significato e il simbolo in suono, in un viaggio eterno a spirale.
Io credo che Maria Allo sia maestra in questo e che la sua raccolta orienti chi scrive a riscoprire le radici etiche, delicate e sobrie dell'atto creativo connesso alla parola.
Ti abbraccio, Paola, che le tue costellazioni verbali brillino sempre come fanno ora.
Sergio
______
[N.D.R.: questa é la risposta di Sergio Daniele Donati alla lettera aperta di Paola Deplano pubblicata nella rubrica da lei curata "Specchi e Labirinti" uscita il 14.06.2023 che potrete leggere qui]
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