Dialoghi poetici coi Maestri - 57 - Camillo Sbarbaro
A volte, mentre vado per le strade
della città tumultuosa solo,
mi dimentico il mio destino, d’essere
uomo tra gli altri e, come smemorato,
anzi tratto fuor di me stesso, guardo
la gente con aperti estranei occhi.
M’occupa allora un puerile, un vago
senso di sofferenza e d’ansietà
come per mano che m’opprima il cuore.
Fronti calve di vecchi, inconsapevoli
occhi di bimbi, facce consuete
di nati a faticare e riprodursi,
facce volpine stupide beate,
facce ambigue di preti, pitturate
facce di prostitute entro il cervello
mi s’imprimono dolorosamente.
E conosco l’inganno per cui vivono,
il dolore che mise quella piega
sul loro labbro, le speranze sempre
deluse,
e l’inutilità della lor vita
amara e il lor destino ultimo, il buio.
Ché ciascuno di essi porta in sé
la condanna d’esistere; ma va
solo assorto nell’attimo che passa,
distratto dal suo vizio prediletto.
Provo un disagio simile a chi veda
inseguire farfalle lungo l’orlo
d’un precipizio...
Dedicato al poeta
David La Mantia
Oltre il recinto del mio pensiero
un palpitare di vita
che poco m'appartiene
crea sciami di consapevolezze:
piccole, come falene morte
contro il lume d'un lampione.
E vago anch'io per strade,
rese profughe e deserte
dal passaggio dell'uomo,
a cercare senso nella stasi
d'oggetti d'uso:
un posacenere abbandonato
alle ceneri dell'esistenza;
un tavolo claudicante che vorrei
rendere stabile sostenendone il piede
con l'inutilità del mio poetare;
uno sguardo di bambino
che pare chiedermi
" sarò mai grande io?"
- e s'attarda l'animo mio
su quello strozzo in gola
che da sempre canta
musiche argentine di nostalgia
per un'infanzia mai vissuta.
Allora cammino, anzi strascico
i piedi e sollevo polveri,
testimonianze di ciò che fui
e presto nuovamente sarò.
Mai ricordato, se non forse dall'afa
d'una Milano che evoca sugli asfalti d'estate
schiere d'insetti che poco
hanno a che vedere
con una kafkiana ironia.
Mi diagnosticarono da piccolo
il piccolo male,
e dissero sarebbe scomparso
con l'età dello sviluppo.
Così fu
- una diagnosi puntuale e senza appelli -
Ma da allora conosco dalla vita
lo stesso doloroso stacco
che conosce il pianista
dal suo strumento,
che pur ama,
ma ha un suono tanto lontano dall'urlo che gli crepa il cuore.
(Sergio Daniele Donati)
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