(Redazione) - Estratto dalla raccolta di Luana Minato "Memoria del Silenzio" (Giuliano Ladolfi editore, 2023) - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati
Per chi naviga le acque della parola poetica è quasi impossibile evitare nel percorso l'incontro/scontro con l'apparente antagonista di ogni dire: il silenzio.Del silenzio in poesia è sempre stata descritta ogni declinazione, apparentemente sorvolando l'evidente paradosso di un dire sull'assenza di parola.
Chi poi si addentra nello studio dei testi rivelati sa bene che forse di silenzio non si dovrebbe parlare, perché le connotazioni, i significati e i portati che alla parola Silenzio si possono dare sono molteplici e spesso tra loro contradditori.
Nei cinque libri della Torah ad esempio incontriamo decine di tipi di silenzio differenti che vanno dal totale annichilimento di ogni dire (un silenzio terrificante ad esempio è quello che colpisce Aronne alla vista dei figli inceneriti dalla collera divina), al silenzio creativo e nutriente di ogni parola (silenzio come sorgente della parola stessa, rappresentato dalla prima lettera, la Alef, che è muta ed afona), al silenzio umanamente e spiritualmente pregnante che dovremmo saper percepire nello spazio vuoto tra ogni lettera della narrazione biblica (si procede con passo sincopato e ogni spazio vuoto tra le lettere rappresenta un preciso monito a rielaborare quanto già letto prima di procedere - una sosta perenne di riflessione).
Il silenzio in altre parole non è solo tacitazione, essendo, al contrario, essenzialmente ascolto, terreno fertile su cui poggiare l'attesa del raccolto della parola.
Una sorta di maggese per tutti coloro che della parola hanno fatto il loro primo cardine etico.
Tutto questo la poeta Luana Minato lo sa bene e ci conduce, nella sua raccolta Memoria del Silenzio (Giuliano Ladolfi editore, 2023), in un percorso alla scoperta dei significati più profondi del silenzio stesso, alla ricerca di un sentire che non stento a chiamare religioso.
È bene però specificare che l'aggettivo religioso non è qui usato in senso teistico, ma nella sua accezione etimologica latina di legame profondo.
Il silenzio che la poeta magistralmente descrive ha la natura della delicatezza profonda, della quasi-invisibilità e impercettibilità, ma allo stesso tempo ci narra della forza disvelatrice di quello stesso silenzio, come una sorta di luce che, illuminando le nostre fragilità, ci dà il senso concreto di una crescita, di un mutamento possibile.
Le singole composizioni, pertanto, non possono che essere caratterizzate da un lessico che richiama sia alla delicatezza di un ascolto fine, che alla tenacia e tenuta che il filo d'argento del silenzio garantisce a chi percorre la ricerca di un contatto sempre più profondo con il proprio sé.
Ci sono pertanto, benché celate, inespresse e sottese, nella poetica di Luana Minato, tracce di scrittura iniziatica, nel senso anche qui etimologico del termine.
Un silenzio, quello descritto dalla poeta, che è allo stesso tempo inizio e fine (ed anche fine ultimo) del viaggio del poeta nella parola.
Siamo pertanto di fronte ad una scrittura che non disconosce i passaggi perigliosi del rapporto parola-silenzio ma che sa appieno tramutare questa necessaria difficoltà ed inciampo in un passo verso la meta del riconoscimento del sé e dell'altro da sé, attraverso un medium necessariamente silenzioso e di ascolto.
Siamo pertanto lieti di pubblicare in estratto alcune composizioni facenti parte della raccolta, invitando tutti voi, al contempo, a una lettura piena e profonda dell'intera opera, in cui la relazione tra le singole poesie è elemento strutturante e fondante.
Per la redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
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ESTRATTO DALL'OPERA
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La bellezza è in un angolo buio
avvolta nell'oblio
come la voce profonda del mare
ma si avverte un battito leggero
uno sbattere d'ali
che ci fa trepidare
un senso amorevole
di vedere le cose
pur restando ciechi che ci commuove
senza capirne il senso
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Scivolano i colori dell'autunno
allo scrosciare fitto della pioggia
sui filare di chicchi d'uva e campi
fra fronde e fronde sparse
col freddo inverno che si annuncia
prima che la campagna
si riaccenda dei colori caldi
della dolce stagione
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Non so misurare il tempo
è sempre lunga l'attesa
Fuori il mondo strappa le mie certezze
Troppo dolore per comprendere
troppo poco questo mio scrivere
- per salvare qualcosa -
Ma la notte è in agguato
e ho solo questo ricamo di sillabe
che cucio tra le pagine bianche
di questo mio vecchio quaderno
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Che senso ha questo tempo
se le imposte sono chiuse
e il mare mugola
riversando sulla riva cimeli
che nessuno raccoglie?
Occorre imparare a orientarsi
sollevando il capo per vedere
oltre i confini che dividono
E poi abbracciarsi di immensa luce
cospargendo di semi i sentieri
lasciati incolti da troppo
disamore
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Non mi spaventa il silenzio
la parola raccolta in un punto
il niente che segue la virgola
il vuoto sospeso nei punti
infiniti di uno spazio bianco
che ripara dai rumori di fondo
ma resto aggrappata ai margini
a cogliere parole cancellate
e sbavature dimenticate sul foglio
che si allargano fino a colmare
frammenti di sillabe e vocali
sospese nell'abisso delle infinite
cancellature che nessuno vuole
ma che svelano il senso nascosto
delle nostre fragili incompiutezze
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La parola mi appare come faro
ad annunciare un porto sicuro
dove approdare mentre sul foglio
tormentato
trascorro
- infaticabile - le mie ore
come un navigante senza timone
in mezzo al grande mare
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