(Redazione) - Una duplice nota di lettura su “Bugiardino” di Paolo Castronuovo e “La sposa nana” di Anna Bazzo (entrambi di Il Convivio editore, 2023) - di Sergio Daniele Donati
“Se l’Uomo ha fondato i suoi destini Duplici e Triplici Alleanze sarà ben capace di scrivere una duplice nota di lettura”.
Questa è una nota di lettura anomala, una specie di tentativo di tracciare legami e distanze tra due scritture molto diverse tra loro, sia da un punto di vista lessicale e linguistico in genere, che di contenuto.
Questa è una nota di lettura anomala, una specie di tentativo di tracciare legami e distanze tra due scritture molto diverse tra loro, sia da un punto di vista lessicale e linguistico in genere, che di contenuto.
Mi
riferisco a “Bugiardino”
di
Paolo Castronuovo
e a “La sposa
nana” di
Anna Bazzo
- entrambi usciti quest’anno per Il Convivio editore.
Chi
vi scrive ha voluto unire in un’unica nota di lettura le due opere
perché sussistono elementi di similitudine e di differenza tra le
due opere che rendono interessante una sorta di breve comparazione.
L’opera
di Paolo
Castronovo,
come lo stesso titolo ci suggerisce, si configura come un vero e
proprio bugiardino,
quel
lungo foglio pieno di avvertenze che troviamo dentro ogni scatola di
medicinali. E infatti, l’autore esordisce con una iniziale
Avvertenza:
avvicinarsi a sé stessi/è un’allucinazione.
Questo
è un richiamo certo ad una particolare filosofia che fa del Sè un
inesistente,
qualcosa che possiamo porre forse a consolazione della nostra più
grande paura: quella di dissolverci nel tutto.
Sempre
seguendo la struttura di un bugiardino, l’Autore divide poi l’opera
in sezioni
Contenuto di questo libro
- a cosa serve
- cosa deve sapere prima di prenderlo
- come prenderlo
- possibili effetti indesiderati
- come conservarlo
- contenuto della confezione
Nel
rimarcare l’originalità e l’ironia di una simile struttura
dell’opera non si può però disconoscere che quelle stesse
avvertenze dovrebbero sensibilizzare chiunque alla scrittura e alla
lettura di qualsiasi testo poetico si avvicina.
A
cosa serve scrivere? E leggere? Ci sono effetti collaterali, forse,
come dicevamo, lievemente estranianti e allucinatori connessi al
binomio Scrittura/Lettura.
Prendiamo
ad esempio un testo dalla raccolta
1.5
la
presunzione di capire l’astratto
di
spiegarne il senso se non di darne spiegazione certa
è
un piedistallo fallimentare
spruzzato
di elogi da copertina
chi
può vantare un nome sulle montagne
è
solo l’eremita
che
annoda la fascina prima di darle fuoco
e
di vederla crepitare sotto il cervo.
Come
potrete osservare siamo davanti ad una descrizione piana e priva di
orpelli retorici eccessivi di un tema dai contenuti psico-filosofici
importanti. E ci sarebbe da discutere con l’Autore per ore, magari
in attesa che il cervo giunga a cottura, sull’esordio della
composizione che contiene un evidente e creativo paradosso.
Se
la comprensione dell’astrazione è mera presunzione, come possiamo
concepire l’astratto
stesso.
In
fondo l’autore ci sta delineando un problema molto connesso
all’attività del poeta. Il rapporto col simbolo è delimitato da
perimetri urticanti, lo sa bene chi scrive, ma allo stesso tempo non
se ne può fare a meno perché il linguaggio stesso si struttura su
basi metaforiche e al simbolo attinge per esistere.
Il
paradosso che sembra sottendere l’Autore è il seguente dunque: se
è vero che spiegare
l’astrazione è presunzione, è altrettanto vero che l’uomo
astrae, istintivamente.
La
soluzione che Castronuovo
propone
è quello del ritiro (eremitaggio) e del ritorno alla gestualità
senza porsi la domanda (annodare la fascina).
Ma
a me sembra di percepire il sorriso ironico dell’autore nell’aver
scelto proprio quell’immagine (ogni legatura porta diretta al
simbolo della parola)
per
descrivere il rifiuto di ogni astrazione/simbolo.
Il
viaggio in un sé disgregato e dolorante che ci propone
magistralmente Anna
Bazzo –
lo premetto subito – è fatto di altro tipo di tessitura,
altrettanto pregiata.
Quella
della poeta è una scrittura molto più intima e descrittiva di un
percorso di lenta presa di coscienza che ha pochi simili nelle più
recenti uscite di poesia contemporanea.
La
poeta non si attarda troppo su schemi di pensiero/scrittura
generalizzanti, spesso le sue poesie, almeno implicitamente, cantano
un canto in prima persona singolare.
Eppure
non manca affatto una risposta agli stessi temi che sopra per
Castronuovo abbiamo
accennati, seppure con scelte linguistiche e lessicali del tutto
diverse.
Golia
Non
ho paura di Golia.
Non
mi fanno paura i sei cubiti di altezza,
l’armatura;
la troppa sicumera.
Non
ho sassi che il fiume ha levigato
non
ho l’ardore rosso nei capelli.
Nonostante,
mi preparo con la fionda
e
l’unico proiettile che possiedo.
L’abbatterò
il gigante per sfinimento
e
spossatezza; non potrà che vacillare
sotto
i colpi della mia adolescenza,
goccia
a goccia.
Evidente
qui il richiamo alla narrazione biblica dell’episodio di David e
Golia e precisa la descrizione di ciò che permette a David di
vincere contro il gigante il duello.
David,
a cui peraltro viene proposta, rifiuta l’armatura dello stesso re
Saul, perché impedirebbe i suoi movimenti e oppone la potenza
atomica della sua piccolezza
alla
esuberante maestosità corporea di Golia.
Il
gigantesco vacilla
di fronte al piccolo
che
– e qui c’è uno stacco dal racconto biblico, che descrive il
gesto di David come secco, unico e inequivocabile – lo abbatte
goccia a goccia,
opponendo
sicurezza a
sicumera, tenacia di propositi a spossamento per eccesso di baldanza,
assenza di paura e manifestazione di rosso ardore.
Mentre
Castronuovo
nella precedente lirica parla senza indugio di una resa
di fronte alla astrazione, al gigantesco che l’astrazione stessa
rappresenta davanti a i nostri limiti, della necessità di tornare ad
un gesto lento e di ritiro, Bazzo ci
descrive tutt’altro perimetro in cui i nostri stessi limiti
divengono punti di forza capaci di smantellare goccia
a goccia ciò
che ci sovrasta e di fronte al quale non possiamo – a detta del
primo Autore – che rinunciare al nostro stesso Nome.
Questo
però al duro prezzo di una totale assenza
di paura, descritta
per passi e gradi.
Entrambe
le poetiche dicono al lettore qualcosa di estremamente profondo e
vero, pur con tessiture molto diverse tra loro, ed entrambe impongono
al lettore una vera e propria pausa di riflessione sui limiti e le
potenzialità di noi stessi come esseri umani.
Qui
sotto vi lascio altri due testi estratti dalle sillogi in esame,
inviandovi – così, quasi per gioco - ad un esercizio di piccola comparazione.
E mi permetto di consigliare a tutti voi la lettura di queste due
opere, così distanti tra loro, in contemporanea, oltre che
singolarmente. È un esercizio che io stesso svolgo spesso perché la
natura sinaptica del nostro cervello lo richiede e perché il
simbolo,
come elemento capace di tendere tenaci fili d’argento tra enormi
distanze, possa
crescere come una pianta rigogliosa nelle nostre anime.
Per la Redazione de Le parole di
Fedro
il Caporedattore - Sergio
Daniele Donati
___
Estratto
Davanti
(dall’opera di Anna Bazzo)
Quando
mi sei davanti
perdo
la parola
le
frasi diligentemente articolate.
Emetto
frequenze basse di vocali
impeti
del sangue;
silenzi
d’erbe e sottoboschi
bisbigli
di radìcole.
____
Possibili effetti indesiderati (4.1)
(dall’opera di Paolo
Castronuovo)
il
desiderio è
una
poesia più lunga
del
tempo
la
fame dell’allucinazione
il
tremore della voglia.
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