(Redazione) - Figuracce retoriche - 10 - Allegoria
Su
questa figura potremmo scrivere interi volumi, ma tranquilli, non
sono un tipo logorroico e cercherò di essere chiara e concisa. Il
caro Mike Bongiorno a questo punto direbbe
Allegoria deriva
dal greco antico αλληγορία , composto da ἀλλή allon
più ἀγορεύω agoreuo,
letteralmente un
altro e parlare.
Indica un dire
diversamente, o
meglio, parlare d’altro, leggere tra le righe (non è il parlare
d’altro quando, colti in flagrante, cercate di sviare
l’attenzione). L’allegoria
è una figura retorica con una funzione piuttosto complessa: deve
esprimere qualcosa di astratto attraverso un’immagine concreta.
Per
fare questo, l’allegoria
parla attraverso simboli e si utilizza quando si vuol dare alla
parola un valore differente da quello che possiede letteralmente.
Se
vogliamo essere ‘precisini’, questa figura retorica si divide in
tre grandi sottocategorie: allegoria
morale, allegoria politica e allegoria religiosa;
la sua intenzione è sempre quella di sollevare questioni riguardanti
questi temi.
Abbiamo conosciuto tutti l’allegoria in tenera età, nel nostro primo incontro
con la letteratura: le favole. Credo sia chiaro per tutti che questo
sia un genere da non sottovalutare; in ogni luogo terreno, da che
mondo è mondo, la favola ricopre un ruolo straordinario: passando
per l’inconscio, prepara i bambini alla vita reale attraverso
storie luoghi e personaggi fantastici. Non posso esimermi
dall’osservazione di quanto le favole mutino nel corso del tempo,
facendosi portatrici della visione storica e sociale del momento. A
tal proposito, possiamo porre lo sguardo sull’aspetto allegorico
delle moderne favole disneyane che vanno a ribaltare – offrendo
nuovi modelli ai piccoli di oggi – il concetto di femminile
di alcune favole
classiche con le quali intere generazioni sono cresciute.
Lasciando
ora da parte la letteratura per l’infanzia, secondo voi, avrei
potuto parlare di allegoria senza citare l’opera letteraria
allegorica per eccellenza? Certo che no! Ecco che (sentivo da
lontano la vostra nostalgia) torna a noi la Divina Commedia. Tutti
sappiamo come in quest’opera, Dante racconti un viaggio immaginario
nell’aldilà; possiamo nel suo insieme definire l’opera dantesca
allegorica in quanto, attraverso un racconto altro, parla del
percorso di un’anima verso la salvezza. Il Sommo però, andò ben
oltre; vi chiedo di immaginare la Divina Commedia come se fosse una
“matrioska” di allegorie.
Spero che Dante non me ne voglia per questa definizione! Andiamo a vedere come, aprendo la matrioska grande, che chiamerò allegoria madre, ne scopriremo altre.
Nel
canto I dell’Inferno troviamo le allegorie più famose dell’opera:
le tre fiere (purtroppo non intendo proporvi una gita tra fiere
gastronomiche, per fiera intendo ciò che il vocabolario Treccani
definisce “animale
selvatico che è insieme feroce e di grossa mole”).
Leggiamo
il brano in questione:
Ed
ecco quasi al cominciar de l’erta,
una
lonza
leggera e presta molto,
che
di pel macolato era coverta;
(…)ma
non sì che paura non mi desse
la
vista che m’apparve d’un leone.
Questi
parea che contra me venisse
con
la test’alta e con rabbiosa fame,
sì
che parea che l’aere ne tremesse.
Ed
una lupa, che
di tutte brame
sembiava
carca ne la sua magrezza,
e
molte genti fé già viver grame,
questa
mi porse tanto di gravezza
con
la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io
perdei la speranza de l’altezza.
[…]
Vi
confesso che le fiere, ai tempi del liceo, mi costarono
un’insufficienza. Per non ammettere di non aver studiato, azzardai
una personalissima interpretazione e, a pensarci adesso, credo che il
cinque fu un regalo – come direbbe De Gregori – “per
il coraggio e per la fantasia”.
Ora
invece, posso dirvi che la decodificazione più accreditata vede i
tre animali come tre vizi; le tre fiere sono il simbolo di tre
peccati che impediscono il cammino verso la salvezza. La lonza
rappresenta la lussuria, il leone la superbia e la lupa l’avarizia.
Questa però, non è che una delle prime interpretazioni. C’è,
infatti, chi sostiene che le tre fiere indicherebbero superbia,
invidia e (sono tutti d’accordo sull’ultima) avarizia. Possiamo
definire entrambe le versioni, allegorie
morali. Se però,
andiamo ad aprire la nostra matrioska madre, troviamo anche
un’allegoria politica: secondo alcuni studiosi la lonza
rappresenterebbe Firenze, il leone, la casa di Francia e la lupa, il
papato di Bonifacio VIII.
Ho
avuto bisogno di tempo per vedere l’allegoria oggetto di bellezza e
non fonte di allergia: son certa che la mia professoressa d’italiano
oggi sarebbe fiera
di me. Tornando seri, mediante questo esempio, possiamo vedere come
le interpretazioni per la stessa allegoria possano essere molteplici,
e come gli studiosi possano associare diversi significati in base
all’interpretazione del testo.
Lasciamo
ora un attimo da parte la poesia e passiamo alla prosa facendo un
cenno a romanzi allegorici
straordinari. Non posso non citare La
fattoria degli animali
di George Orwell, un'allegoria
politica sulla rivoluzione e il potere, dove ogni personaggio
rappresenta una figura della rivoluzione russa. Il
Signore delle mosche
di
William
Golding,
in cui un aereo carico di bambini precipita su un’isola deserta: i
piccoli sopravvissuti organizzano una società, iniziando
dall’elezione di un leader. Ne Il
signore delle mosche
scopriremo come la rivalità sia insita nel genere umano, e di come
questa (a prescindere dall’età) possa portare a conclusioni
terribili.
Altro
capolavoro allegorico, è il Deserto
dei Tartari di Dino
Buzzati. Pubblicato nel 1940, è stato considerato il romanzo con uno
dei finali più terribili, etichettando il suo autore come pessimista
senza appello. Invece, nel saggio
Il deserto dei Tartari, un romanzo a lieto fine,
Lucia Bellaspiga (buzzatiana illustre), cogliendo indizi talvolta
appena visibili, dimostra come, attraverso allegorie e metafore,
questo romanzo sia un capolavoro di umanità e speranza, con un
finale paradossalmente a lieto fine in netto contrasto con
l’interpretazione solitamente diffusa.
ALLEGORIA
E CINEMA
Fotogramma del film “Il settimo sigillo” (foto da web) |
E
ora, come esempio di allegoria nella settima arte, prendiamo come
esempio il film di Ingmar Bergman Il
settimo sigillo in
cui
il protagonista gioca una partita a scacchi con la morte. Questo film
ruota intorno alla inevitabilità della dipartita umana e alla messa
in dubbio della fede religiosa (possiamo parlare quindi sia di
allegoria morale e religiosa, passando per quella politico-sociale).
Vi
lascio un dialogo tratto dal film
Antonius
«Chi sei tu?»
Morte
«Sono la Morte.»
Antonius
«Sei venuta a prendermi?»
Morte
«È già da molto che ti cammino a fianco. […] Sei pronto?»
Antonius
«Il mio spirito lo è. Non il mio corpo. Dammi ancora del tempo! […]
Tu giochi a scacchi, non è vero?[…] L’ho visto nei quadri. Lo
dicono le leggende.»
Morte
«Sì, […] non ho mai perduto un gioco.»
Antonius
«Forse anche la Morte può commettere un errore.»
Questa
pellicola si ispira all’iconografia medievale, più precisamente al
dipinto La
morte gioca a scacchi di
Albertus Pictor, il quale è esso stesso un dipinto allegorico in
quanto rappresenta la Morte che mette in gioco la vita degli
individui (e che, prima o poi, vincerà la partita).
"La morte gioca a scacchi " di Albertus Pictor - 1440-1507 (immagine da web) |
L’allegoria
(come ci ha appena dimostrato il dipinto di Pictor) è ampiamente
usata anche nella pittura, a tal proposito vorrei citare brevemente
la tela di 27 mq. dipinta Picasso,
nata per denunciare
lo scempio compiuto durante la guerra civile spagnola, dal
bombardamento del 26 Aprile 1937 sulla città basca: il
Guernica
Oggi,
la mia figuraccia
retorica sarà
data in pasto al Guernica di Picasso
|
Un’aria metallo spalanca
narici in arene di fuoco
e terre sapide di ferrame
da sputare su rigori di calcinacci
e di corpi senza nome.
Girano i mostri daltonici
girano sulle giostre e sul gelo
masticano cieli rossi di pianto
s’appuntano il vanto o qualcosa
odoroso d’acre all’occhiello
dal quale sporgono olezzi
e marciumi di rose.
(Annalisa
Mercurio)
Volevo segnare un altro libro per favole da insegnare ai più piccini che è la favola intenzionale di Dallai per stimolare la creatività
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