(Redazione) - A proposito della raccolta "6090" di Diego Baldassarre (Convivio ed., 2019), una nota di lettura di Sergio Daniele Donati
Alla redazione de Le parole di Fedro piace pensare alla poesia come un elemento dinamico capace di fermare - in chi la legge - la percezione di una certa frenesia del tempo.
Corollario evidente di questo pensiero è una certa lentezza e tendenza all'approfondimento nella lettura, prima di crearne delle note, ma, allo stesso tempo il rifiuto di soffermarsi solo sulle novità in uscita.
Le parole di Fedro, proprio per il nome che porta, ha come unico parametro di valutazione di una raccolta o di un inedito la sua Qualità, e a quel parametro si attiene scrupolosamente, anche per non incedere nelle ire dello stesso Fedro (che ricordo a tutti essere quello di Robert Pirsig, che sulla ricerca di cosa sia la Qualità ha speso tutta la sua travagliata vita).
Non vi paia dunque in controtendenza la presente nota dedicata ad una meravigliosa raccolta di Diego Baldassarre dal titolo "6090", apparsa per il Convivio editore già nel 2019.
Anzi è proprio questa raccolta che mi pare indicare la scelta di etica editoriale cui facevo cenno sopra.
Con 6090 il Poeta ci riporta al rispetto dei tempi e delle pause della poesia, sia nella sua struttura linguistica e lessicale, sia per il lettore che a quei ritmi lenti si deve giocoforza abituare.
I versi di Diego Baldassarre paiono spesso costituiti di un materiale plastico e malleabile, quasi fossero creta, in cui, tuttavia, il lettore non si sperde perché la stessa poesia sorregge, attraverso accorgimenti linguistici raffinati e colti lo stesso lettore da un eventuale perdita di orizzonte.
Per meglio spiegarmi riporto qui sotto un testo tratto dalla sezione Taccuini
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...Anni dopo...
Scommettevamo sulle foglie:
quale sarebbe caduta prima
quale più lontana nel vento
di un metallo di altro autunno
Poi arrivò l'artiglio dell'Angelo
a grattare la corteccia del cuore
Scommetto ancora ma poco:
quel che basta per sperare
in un giorno diverso da oggi
Un tempo in cui ero ancora
il tuo bambino
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Questa, lo vedete, non è poesia che possa essere letta velocemente senza perdere spessori e densità di significati. Richiede un ritmo lento di lettura e possibilmente il gioco bambino di bisbigliarla tra sé e sé, nel leggerla.
Il titolo - come ogni titolo dell'Opera - é posto a sinistra tra una doppia copia di punti di sospensione, elemento questo che da un lato contrasta con la sin troppo rigida regola grammaticale che dell'uso di tali interpunzioni si occupa, dall'altro non può che indicarci la natura musicale della notazione del titolo.
Perché? Beh per chi vi scrive è evidente. Una parola tra due sospensioni non può che ricordare al lettore la funzione della pausa in musica o, se vogliamo entrare in campo semantico/filosofico, l'esistenza sempre di un prima e un dopo della parola.
Il testo poi che non manca di effetti commoventi (i.e. Poi arrivò l'artiglio dell'Angelo / a grattare la corteccia del cuore) ci riporta al tema della nostalgia con tratti tenui e non disperanti, eppure densi di rimpianto.
Dal noi di un gioco infantile, il lettore si trova proiettato in un gioco solitario fatto dal poeta in ricordo di ciò che fu, quasi a richiamare un ritorno quasi impossibile a un'infanzia e a una appartenenza al binomio madre/figlio (o padre/figlio) ormai spezzato.
Sono versi densi, lo vedete, ma che rifiutano ogni lirismo, ogni eccesso espressivo ed inducono, semmai, il lettore a un sentimento di com-passione, di vicinanza emotiva mai urlata, proprio perché richiamano a un'assenza che tutti, prima o poi, si è vissuta.
E delle pieghe di un ricordo l'Autore appare essere profondo conoscitore anche quando lo descrive in termini forse più distaccati e di pensiero.
Leggiamo assieme il testo che segue:
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Della falesia ne percepisco il suono
Si sposta da stella a stella il reticolo dei ricordi
dei teoremi
dei giorni
Il tempo è la cosa più importante:
esso è un semplice pseudonimo della vita stessa *
Pensieri al confino
Condannati
Resistono
All'alba evaderò in un sogno ("Libertà")
* (Lettera a Tania, 2 luglio 1933) - Antonio Gramsci
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La totale assenza di un metro costante e l'alternanza di versi lunghi ad altri brevissimi ( anche composti di una sola parola ) ci proietta già in un preciso non tempo che è certo confinante col dominio del ricordo.
Il ricordo infatti attualizza il passato, e cancella ogni traccia temporale in chi lo vive in modo intenso.
E così pare fare l'Autore.
I ricordi si spostano sul piano spaziale (da stella a stella) ma l'Autore sicuramente non ignora che le stelle, la cui luce noi percepiamo, in molti casi sono stelle estinte; sono per l'appunto ricordi di stelle che non sono più.
Quindi anche il piano temporale, seppure sottaciuto, permane, in questo primo passaggio.
La citazione poi di un brano di Antonio Gramsci tratto da Lettera a Tania (1933) è a parere di chi vi scrive vero capolavoro, perché qui la citazione non ha né funzione di vezzo culturale, né di orpello alla poesia (e infatti è posta in centro). Al contrario crea un effetto di apparente negazione con l'esordio e ci proietta sulla percezione della centralità del tempo come pseudonimo del vivere.
I pensieri, che l'Autore sa bene quanto possano essere stretti e confinati dai teoremi e giorni della prima strofa, qui lanciano un grido di esigenza vitale, di evasione nell'unico territorio dove spazio e tempo assumono connotazioni del tutto stra-ordinarie: quello del sogno.
Il sogno, sembra dirci Diego Baldassarre, è uno spazio-tempo libero, in cui è possibile l'evasione dal reale che del reale tenga però sempre conto.
La libertà sta nel saper interpretare quel sogno di evasione con gli strumenti linguistici e poetici che lo stesso reale ci dona.
Come ho sinora cercato di delineare la raccolta rappresenta un preciso richiamo a rivalutare il ruolo della scrittura nel tracciare legami inusitati tra spazio e tempo, tra ricordo e realtà.
È dunque una silloge che contiene il lettore, pur mettendolo in un disequilibrio creativo, dal quale lo stesso lettore riceva un arricchimento profondo e, in certo senso, unico.
Una raccolta da non tralasciare certo nelle vostre letture.
Per la Redazione de Le parole di Fedro
il Caporedattore - Sergio Daniele Donati
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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Diego Baldassarre è nato a Roma il 4 luglio 1969 e vive sulle colline di Pistoia da quasi vent'anni. Alterna la libera professione di Agronomo all’insegnamento nella scuola secondaria.
Sue pubblicazioni sono:
“Le sfumature del silenzio” (Poesia) (Ilmiolibro.it; Roma 2010)
“L’acqua sogna trasparenze” (Poesia) (ilmiolibro.it; Roma 2013)
“La matematica dei sogni” (Poesia) (MarcoDelBucchiaEditore; Massarosa(LU); 2014 )
“Le avventure di Beatrice la delfina rosa" (fiaba) (ilmiolibro.it; Roma 2015)
“Sinopie smarrite” (Poesia)( Lieto colle, Como 2016)
“Interstizi” ( Poesia) (Montedit, Melegnano, 2018)
“Storia di Raffaello, il pipistrello arcobaleno” (Fiaba) (Giovannelli edizioni,2018)
“Divergenze - Il pesce si allontana” con Sibiri Andre Konate (Poesia) (deComporre edizioni, 2019)
"6090 (SessantaNovanta)" (Poesia) (Il Convivo editore – 2019)
"Memorie di un tabagista" (Il Babi ed., 2022)
È presente in numerose antologie tra cui “Antologia Premio Ungaretti 2017 di 10 AA.VV.” (Antologica Atelier Edizioni, 2017)
Alcune poesie sono state inserite nella raccolta “L’acqua sogna trasparenze” (sono state musicate nell’opera ”L’acqua sogna trasparenze” del Maestro Paolo Quilichini.
È autore del libretto “La sposa bambina “ per l’omonima opera lirica, su musiche del Maestro Paolo Quilichini e del libretto “I Notturni” sempre su musiche del Maestro Paolo Quilichini.
È stato insignito di diversi premi a concorsi poetici nazionali e internazionali.
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