(Redazione) - Sulla raccolta "D'argilla e neve" di Maria Pina Ciancio (Giuliano Ladolfi Editore, 2023) - nota di Sergio Daniele Donati

 


Corpo e natura: due archetipi tanto cari alla poesia di ogni tempo, due domini che comunicano con fertili risultati da sempre nella scrittura poetica. 
Nella raccolta di Maria Pina Ciancio "D'argilla e neve" (Giuliano Ladolfi Editore, 2023) si sente vibrare intensamente questa relazione in cui il corpo assume sia le vesti di strumento di percezione della natura, sia perimetro e quasi confine che segna la distanza tra l'umano e il naturale. 
Argilla e neve sono peraltro due elementi che richiamano in maniera indiretta, ma patente, il rapporto dell'Autrice con la scrittura. 
Argilla è ciò che l'uomo sa plasmare, ciò a cui la poeta sa dar forma e senso e significato.
Neve è ciò che della parola è destinato a diluirsi, lasciando brevi tracce liquide, destinate all'evanescenza.
E questo è qualcosa che chi scrive poesia in profondità non ignora: una relazione sempre stretta tra la natura sfuggente della parola e la nostra pulsione creativa. 
È questo un crinale che la poeta percorre con estrema delicatezza di tratti ma, allo steso tempo, con passo deciso, come a indicarci che il solo il movimento (corporeo e di parola) è ciò che ci permette di trarre frutti dalla nostra relazione con lo scrivere. 
La scrittura di Maria Pia Ciancio, infatti, è sempre tesa tra i due poli della densità e della cedevolezza, come potrete cogliere nella composizione che sotto si riporta

                    Del corpo irrilevante

È solo vento che passa
e non resta
ma la schiena si incurva
e il corpo si fa erranza
una veglia di mani
...
preghiere reinventate all'occorrenza
coraggio che non disperdo

Prima di rialzarmi
ho benedetto la terra

Già i primi tre versi ci proiettano in quella relazione tra corpo e natura che ho cercato di delineare prima. 
La natura (qui il vento) ha un'essenza evanescente, passa/e non resta, ma questo suo essere in movimento al nostro fianco modifica la nostra postura (ci incurva la schiena) e rende la nostra stessa esistenza un movimento senza scopo, senza destinazione: un'erranza. 
Con la delicatezza e l'alchimia che la contraddistingue qui la poeta introduce un terzo elemento che possa dare a questa relazione corpo-natura un movimento vitale. 
È il richiamo al sacro, al nostro desiderio di reinventarci come soggetti erranti, sì, ma anche in perenne orazione e preghiera, in essere benedicenti la terra prima che ogni rinascita sia possibile. 

In altre composizioni l'Autrice di questa relazione tratteggia sfumature in parte diverse ma che fanno sempre appello alla medesima delicata chiarezza espressiva.
È il caso della poesia che sotto riporto:

                    Il riparo della neve

Ritorno dove il corpo ebbe inizio
e la parola si incendiò
nel respiro della neve
per dar forma e norme a un vagito
primordiale
Ritorno alla luce dello sguardo
per un'ostinazione d'innocenza
                                    per abitudine
per ritrovare il tutto
nel riparo atteso della neve.

Il corpo ha inizio assieme alla parola, o meglio là dove il corpo comincia la sua esistenza la parola si incendia.
Ma si incendia (fuoco) in un elemento che, almeno apparentemente, contrasta con la natura della fiamma (l'umidità della neve). 
È questo paradosso evidente a dare il senso della nascita, giacché ogni nascita ha in sé un elemento quasi paradossale.
Altri contrasti sottesi sono presenti in questa poesia:
- lo sguardo che porta luce (invece di esistere in funzione della luce è questo uno sguardo che illumina) 
- una innocenza ostinata e abitudinaria (quasi che l'innocenza portasse in sé i semi più profondi dell'attaccamento alla vita)
- un tutto che, pur essendo tutto, si ritrova (la domanda su come si possa perdere mai un TUTTO che debba essere ritrovato salta all'occhio)
E la neve, che è riparo e rifugio atteso, chiude questo gioco di contrasti, perché la neve, che è richiamo alla stessa bianca innocenza - questa volta naturale e non figlia di un'ostinazione - in questa poesia è qualcosa di più del mero elemento naturale, ma un simbolo che riporta alla delicatezza di una visione diluita e liquida dell'esistenza.

"D'argilla e neve" di Maria Pina Ciancio è una raccolta poetica di piena maturità che consiglio davvero di leggere con passo lento e profondità d'intenti se vorrete, come è capitato a me, riceverne in cambio nutrimento sia sul piano linguistico e dell'apparato retorico - sempre molto raffinato - che contenutistico e di pensiero.

Per la Redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati


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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Maria Pina Ciancio di origine lucana è nata in Svizzera nel 1965. Trascorre la sua infanzia tra la Svizzera e il Sud dell’Italia e da qualche anno vive nella zona del Castelli Romani.
Viaggia fin da quand’era giovanissima alla scoperta dei luoghi interiori e dell’appartenenza, quelli solitamente trascurati dai grandi flussi turistici di massa, in un percorso di riappropriazione della propria identità e delle proprie radici.
Ha pubblicato testi che spaziano dalla poesia, alla narrativa, alla saggistica. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo Il gatto e la falena (Premio Parola di Donna, 2003), La ragazza con la valigia (Ed. LietoColle, 2008), Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro (Fara Editore 2009), Assolo per mia madre (Edizioni L’Arca Felice, 2014), Tre fili d'attesa (Associazione Culturale LucaniArt 2022), D'argilla e neve (Ladolfi Editore, 2023).
Nel 2012 ha curato il volume antologico Scrittori & Scritture – Viaggio dentro i paesaggi interiori di 26 scrittori italiani.
Suoi scritti e interventi critici sono ospitati in cataloghi, antologie e riviste di settore. Recentemente è stata inserita nelle collettive: Orchestra (a cura di Guido Oldani) LietoColle 2010; Il rumore delle parole – 28 poeti del Sud (a cura di Giorgio Linguaglossa), Edizioni EdiLet 2015, Sud – Viaggio nella poesia delle donne (a cura di Bonifacio Vincenzi) Edizioni Macabor 2017.
Con il libro “Storie Minime e una poesia per Rocco Scotellaro” nel 2015 ha vinto la X Edizione del Premio Letterario “Gaetano Cingari”; nel 2014 il Premio Internazionale della Migrazione – Attraverso L’Italia e il Premio Letterario Città di Cerchiara – Perla dello Jonio (con un testo tratto dalla raccolta); nel 2009 il Premio “Tremestieri Etneo” (Targa Antonio Corsaro).
Ha fatto parte di diverse giurie letterarie, è presente in numerosi cataloghi e riviste di settore.
È presidente dell’Associazione Culturale LucaniArt lucaniart.wordpress.com
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