(Redazione) - Figuracce retoriche - 11 - Metafora, Similitudine, Catàcresi
di Annalisa Mercurio
Dopo la scorsa
puntata sull'allegoria, parliamo oggi di metafora
e similitudine e aggiungiamo un pizzico di
catàcresi che
non fa troppo male.
Il
nome metafora mi
fa pensare a qualcosa che sia fuori a metà. Deriva invece dal greco
μεταφορά, metaphérō
‘io trasporto’. La metafora è una figura retorica
che paragona due cose non correlate tra loro, quindi, metà
fuori di testa, lo è.
Quando
ci cimentiamo con questa figura retorica, dobbiamo fare attenzione a
non confonderla con la similitudine,
la quale richiede meno sforzo mentale e meno fantasia; quest’ultima
infatti, usa parole che definiamo di collegamento rendendo in questo
modo il paragone esplicito. Il termine di
collegamento più gettonato è ‘come’.
Facciamo il primo esempio: se dicessi “ho
occhi come il cielo” starei facendo una
similitudine,
mentre, se dicessi i miei occhi sono pezzi
di cielo, starei facendo una metafora.
In entrambi i casi starei tessendo con scarsa modestia le mie doti,
ma ai fini della retorica poco importa. Ricapitolando, una metafora
afferma che una cosa è l'altra,
mentre una similitudine
afferma che una cosa è come un'altra.
Proseguiamo
con altri esempi: ‘Silvia è un libro
aperto’. In questa frase, Silvia e il
libro aperto sono due cose non correlate (soprattutto se Silvia non ama leggere). Mi auguro che a nessuno di voi sia venuto in mente
che Silvia sia realmente un libro (se lo avete fatto, è
preoccupante). Nella frase d’esempio leggiamo invece implicitamente
che Silvia è una persona semplice da capire come un libro aperto,
che Silvia non nasconde segreti, che è ‘leggibile’ in quanto
facilmente interpretabile (sempre che Silvia non sia un libro in
sanscrito).
Ma
dirò di più: quando la metafora entra nel linguaggio comune tanto
da non essere più percepita come tale, prende il nome di catàcresi,
dal greco κατάχρησις,
katàchresis: composto da katà
(oltre) e
chrèstai
(usare). Non
intendo mandarvi in crisi con la catàcresi (che bella
allitterazione, ora me la segno), la spiegherò quindi rapidamente
facendovi degli esempi semplicissimi: chi non ha mai parlato di gambe
del tavolo o di collo
di bottiglia? Ecco. Queste sono delle
catàcresi.
Tornando
alla metafora, per
farne una abbiamo bisogno di due ingredienti:
1)
Una cosa reale (a cui ci si riferisce)
2)
Una cosa immaginaria alla quale associamo quella reale
Più
i due elementi sono lontani tra loro, più la metafora sarà
d’effetto.
Mio
figlio è un asino. Per fortuna stavo solo
facendo un altro esempio, anche perché se fosse realmente un asino
io sarei comunque la mamma e… tirate voi le somme (che le somme poi
non si tirano, e non stiamo facendo operazioni… che sia anche
questa una metafora?)
Giochiamo
ancora un po’: Paolo si era scavato la
fossa con le sue mani, per questo faceva fumo dalle orecchie. Se
leggessimo alla lettera, immagineremmo Paolo con le orecchie fumanti
per aver scavato una buca con le mani. Qualcosa non quadra, a meno
che Paolo non sia il personaggio di un fumetto o di un film
fantascientifico. Interpretando invece la frase metaforicamente,
Paolo era visibilmente arrabbiato in seguito a un evento che gli si
era rivolto contro, che lui stesso aveva provocato.
Potrei
andare avanti per ore con frasi di uso comune: sei
la mia luce, ho le farfalle nello stomaco sono in paradiso, sei una
bomba, arrampicarsi sugli specchi, ha il cuore di pietra…
Andate
avanti da soli, ma prima seguitemi ancora un po’, che ho altri
appunti da condividere riguardo la metafora.
Nella
scorsa puntata abbiamo parlato di allegoria (la trovate qui).
Riprendo il discorso perché molti studiosi ritengono che l’allegoria
sia una metafora molto estesa. Ammetto la mia difficoltà
nell’abbracciare completamente questa tesi, dato che abbiamo detto
che l’allegoria per essere definita tale, deve sollevare questioni
riguardanti un tema politico, religioso o morale; non posso però
dissentire completamente, perché è anche vero che nel momento in
cui si scrive un testo metaforico è praticamente impossibile non
toccare uno di questi vastissimi temi.
Ci
sono più di una dozzina di tipi distinti di metafore, ma di questi
toccheremo solo i quattro che sono ritenuti principali: assolute,
miste, estese e morte.
Una
metafora assoluta
è, per esempio, la neve che simboleggia la purezza, o la luce che è
indice di conoscenza.
L’allegoria
è ritenuta dai più (come dicevamo poco sopra), una metafora
estesa. Spesso si estende per un’intera
opera letteraria.
Una
metafora mista
è un tipo di metafora in cui incontriamo due diverse metafore
insieme. Un famoso spot pubblicitario diceva “two
is megl che one” ma
non sempre è così, infatti le metafore miste sono composte in
genere da due metafore che non funzionano benissimo insieme, oppure,
si tratta di una metafora contenente differenti concetti che
finiscono col rendere la metafora confusa. Se non avete ancora le
idee abbastanza confuse, ve le confondo in un attimo tentando un
esempio: “la sua bocca era un letto sul quale si posavano petali e
vuoti di parole precipitavano in un pozzo senza fine”… ecco mi sa
che ho esagerato!
Avviso
a tutti gli studenti! Se di un
vostro compito dovessero dire che è una metafora mista, non
gongolate troppo, potrebbe essere un modo carino per dirvi che
dovreste rivedere il vostro modo di scrivere.
Riguardo
le metafore morte,
riscontriamo che il linguaggio corrente ne utilizza tantissime. In
pratica, quelle che abbiamo definito catàcresi (collo di bottiglia,
gamba del tavolo, fianco della montagna…) sono dette infatti
(povere loro), metafore morte.
Se
vogliamo esagerare, esageriamo filosofando. Zucchero Fornaciari
cantava: “Nietzsche
che dice? Boh”,
per quanto concerne la metafora, ho trovato però dei documenti
interessanti riguardanti il suo pensiero. Secondo Friedrich, tutto il
linguaggio letterale è composto da metafore, le quali sopravvivono
grazie alle allusioni. Di conseguenza, tutto il linguaggio è
metaforico.
Nel suo
saggio Über
Wahrheit und Lüge im
außermoralischen Sinne Sulla
verità
e menzogna in un senso extramorale), il filosofo tedesco definisce la verità “un
esercito mobile di metafore, metonimie e antropomorfismi”, poi
continua affermando che
“le
verità sono metafore logorate e che hanno perso forza, monete che
hanno perduto la loro immagine e che quindi vengono prese in
considerazione soltanto come metallo, non più come
monete”.
Nietzsche
quindi sostiene che è impossibile che le metafore (essendo queste
create dall’essere umano) possano esprimere una realtà oggettiva,
ma che siano una visione soggettiva propria del soggetto umano.
Ma
facciamo alcuni esempi di metafora in letteratura:
"La luna era un
galeone spettrale gettato su mari nuvolosi".
Alfred
Noyes
La “Speranza" è quella cosa
piumata ˗
che si viene a posare
sull’anima ˗
Emily
Dickinson
"Silenzio! Quale luce irrompe da quella
finestra?
È
l'est, e Giulietta è il sole."
William Shakespeare
In
poesia come in letteratura, la metafora aiuta a spiegare emozioni,
paragonandole a cose tangibili e comprensibili,
con elementi che potrebbero
essere più familiari al lettore. Una seconda funzione è quella
puramente artistica: la creazione di un’immagine insolita,
originale che possa produrre un effetto sorpresa.
Le
metafore poetiche hanno spesso dato vita ad associazioni
indissolubili come quello tra l’amore e l’organo del cuore,
associazione questa errata, in quanto è scientificamente provato che
l’amore scaturisce dal cervello.
Un
esempio per me irrinunciabile di metafora è l’opera di Sylvia
Plath “Cut”.
Mentre la poetessa affettava una cipolla (immaginarla nella sua
cucina americana anni ‘50 ad affettare cipolle, me la rende così
incredibilmente vicina) si tagliò un polpastrello, questo evento
scatenò una serie di immagini disparate che nel loro insieme diedero
vita a questa poesia potentissima in cui la Plath paragona il proprio
pollice a un pellegrino scalpato, la pelle slabbrata a un bargiglio
di tacchino. Lascio siate voi a scoprire le altre metafore leggendo
il testo.
Il pollice invece della
cipolla.
la cima via di netto
eccetto che per un piccolo
sportello
di pelle, un cappellaccio
smorto.
Poi quel velluto rosso.
Piccolo pellegrino,
l'indiano ti ha scalpato.
Il tuo bargiglio di
tacchino
è un tappeto
srotolato dal cuore
su cui muovo
tenendo stretta la mia
bottiglia
di spumante rosa
(…)Sabotatore,
Kamikaze ---
(…)Babushka Ku Klux Klan
scurisce e perde lustro
quando
il cuore della tua biglia
in poltiglia
incontra la sua minuscola
macina di silenzio
come sobbalzi---
veterano trapanato,
ragazza sozza,
dito mozzo.
Altra straordinaria metafora la dobbiamo a Margaret Atwood in “You Fit into Me”. La poesia recita, nella sua interezza:
You fit into me
like a hook into an eye
a fish hook
an open eye
(Mi stai bene
come un amo in un occhio
un amo da pesca
un occhio aperto)
Sta per suonare la campanella e so che state aspettando trepidanti la mia figuraccia. Peccato io non possa vedere le vostre!
Sei
ogni goccia carica di ruggine
che
preme sul foro del tubo.
Continuo
a sperare
che
il vaso non trabocchi.
Annalisa
Mercurio
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