(Redazione) - Estratto da "Madrebianca" (Passigli Poesia ed.) di Rosalba de Filippis - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

 

Esiste una dimensione della parola che permette - sia a chi la scrive che a chi la legge - di rendere sempre ancorato al presente ciò che, al contrario, svanisce. 
La parola è, tra le altre mille cose, il metro e lo strumento della tenuta in vita dell'esperienza e delle relazioni. 
Un'assenza detta - o scritta - si riattualizza e rende nuovamente presente, e non solo nella dimensione del ricordo, ciò che appare mancare.
Per questo, da sempre, ritengo che ogni scrittura dedicata sia un atto non solo di testimonianza ma di presa di coscienza etica importante. 
Dedicare la propria scrittura a qualcuno  - o a qualcosa - significa, in altre parole, creare un ponte tra due mondi solo apparentemente distanti e disgiunti. 
Tutto questo pare saperlo benissimo Rosalba de Filippis la quale nella sua raccolta "Madrebianca" (Passigli Poesia ed., 2022) rivolge il suo scritto alla madre, della quale la poeta, nel momento della sua sparizione, descrive, con tratti emozionanti e profondi, una ossimorica presenza, manifestando come eterno e sacro un legame.
Tutto questo sta nell'abilità, ormai sempre meno comune, di scrittura dedicata genere che troppo spesso si sente messo ai margini della poesia contemporanea, troppo volta a descrivere leggi valide urbi et orbi, ed in perdita, così facendo, del valore di una relazione da uno a uno. 
Al contrario, io ritengo che, ogni volta che si incontra una scrittura di sicuro valore, come questa, con un TU inequivocabile, proprio coloro a cui quel tu non è dedicato, dovrebbero soffermarsi con maggiore attenzione. 
Ogni tu è connesso al suo plurale (VOI) e in ogni scrittura intima e dedicata c'è qualcosa che riguarda l'universale, persino nei carteggi più personali.
Rosalba de Filippis mostra con la sua scrittura una piena consapevolezza della delicatezza e fragilità di un progetto scrittura simile, ove per fragilità si intende la coscienza di essere a contatto con qualcosa di valore estremo e mostrarne rispetto. 
E questa sua testimonianza, lo si ripete, commuove, non solo per il richiamo a momenti di vita che ognuno di noi ha passato, ma, soprattutto, perché manifesta al lettore un'opera di restituzione della parola, come fiore fragile, da accogliere con sorriso e cura e quindi fa dono a chi la legge della possibilità di un ritorno alla parola come culla dell'esperienza, non come mero strumento descrittivo della stessa.
Un raccolta, quindi, questa della quale sono molto felice di pubblicare un estratto, esortandovi alla lettura dell'opera completa, appunto, come se fosse un delicato dono.

Per la Redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
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ESTRATTO

Madre di latte 
sei tutte le statue 
smarrita 
io più di te.

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Vorrei parole diamante 
piccoli tagli 
incisioni di carne 
bicchieri 
e pietanze 
che avessero solo il tuo 
unico odore.

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Adesso ti prego 
che il figlio 
sia pieno 
e tu benedica 
il suo petto di uomo 
e sia sveglio per sempre 
sia tempo di nuovi cancelli 
si lisci i capelli 
e le piante 
o le giovani amanti. 
Per un goccio di vita 
sia sua la mia spalla 
e ti prego una maglia 
per coprirlo dal vento 
che diventa lavanda 
stasera.


Scrittrice e insegnante, Rosalba de Filippis vive e lavora a Firenze. Le sue raccolte sono: Sotto nevi di carta (2007), Il filo forte del liuto (2008), La luce sugli spigoli. Canti di Monteloro (2011), Danielle (2013) e, in questa stessa collana, Le sorelle in aria (con prefazione di Davide Rondoni, 2017). Tra le altre sue pubblicazioni, ha curato il volume collettaneo Paura. Intellettuali e artisti sulle angosce del nostro tempo (2016) e, con Antonio D'Ambrosio, La casa del platano (2018). Collabora a periodici e riviste.

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