Dialoghi poetici coi Maestri - 66 - Jaques Brel
Che dire, Jaques?
Che potrei aprire quel rubinetto,
e lasciare che coli densa
la nostalgia mia per ciò
che mai riuscii ad essere?
Che una volta aperto
non sono certo
di saperlo richiudere,
ché tutti i miei
"ne me quitte pas",
a differenza tua,
non sono divenuti canto
ma strozzo e un dolore
sottile, sotto la cervicale?
Potrei dirti che i miei
sembrano più
gli occhi sbarrati e impauriti
di un bambino che le tue
perle di pioggia,
che non mi hanno lasciato
nemmeno la forza
di una supplica,
di un suono, un grido,
sui palmi delle mani.
Potrei dirti che
un giudice barbaro
dal nome palindromo
ha emesso una sentenza
di condanna inappellabile
a mio carico,
e che non conosco
la durata della pena
perché è sentenza
scritta col sangue
di un silenzio molto,
molto più grigio del cielo
del paese piatto
che è il tuo.
Si muore lentamente, Jaques,
quando si perde il canto,
molto più lentamente,
e con un'agonia
che forse non merita
chi alla parola ha creduto.
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Testo inedito di Sergio Daniele Donati
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