(Redazione) - Muto canto - 07 - Lì dove si dice del canto che cantò. Su "Adagio Limbico" ( tratto da "Viaggio salvatico" Fallone Editore 2018, pg. 33) di Gianpaolo G. Mastropasqua

 

di Anna Rita Merico


Corifeo:
Perché i paradisi perduti erano la Terra
dove le bellezze sulfuree si specchiavano
come girasoli sulla voragine.
Iscrizione portale

Sarai l’esattezza del cristallo e della fiamma
la lingua che assapora le lingue e danza
nella musica minerale, vegetale, animale
che scende saliva, sottende i millenni
appiccando i sepolcri delle lettere
come pietra focaia o lanterna o aldilà.
Sarai la morte delle mode morte
e la cenere spiritica dei copiatori medianici,
l’ubriachezza cieca dei bottegai assetati,
le ninfossessioni delle matte mature,
l’impotenza suina degli stampatori
di perle, le stalle maligne e la tomba
non avranno più dominio o forma o fame.
Nacque per solitudine e grandezza smisurata
tra le grinfie della nostalgia, mostruoso
come il cielo, degli eroi prima degli eroi
nella culla galoppante del sole
per un prodigio invisibile e narrante.
La giovinezza abitò la sua casa, in via
del tempo, al numero della leggerezza,
potevi sbirciarla dalla finestra
dei secoli camminava maestosa
e nuda, nei corridoi degli anni
cantando ninnenanne alle stelle silenti,
i gatti la chiamarono luna, la raccolsero
nello sguardo, l’amarono dal primo quarto.
Il bimbo ermetico sgattaiolò rapìto dal suono
del primo bagliore, raccolse la tartaruga
dei Sud, giocò con la sua lentezza, la uccise,
estrasse il ventre, svuotò il guscio terreno
e lo legò sette corde componendo la cetra
del dio solare: e la morte ebbe voce
che in vita non ebbe, il canto cantò.
 

Accadde che qualcuno prese a dire di come e di quanto bellezza e voragine s’affianchino nel giallo di fondali spaccati dai soli dell’eterno andato. E si sostanziarono le spesse immagini di pensiero che nasceva, di musiche nei ventri del vivente, di lanterne e di pietre intramate di vulve e di bagliori aurorali. Accadde e tutto fu dinanzi ad un portale, soglia di dentro, limine di soffio, uscio di venti.
E presero, inoltre, a danzare le forme dei sogni e le visioni sfilacciate e le ombre dei corpi che s’aprirono nell’acuto del tempo. Dai nuclei rizomatici si staccarono lente lettere d’ubriache parole ancora non composte. Esse presero a volteggiare sussurrando di upupe e di lucide sabbie bagnate dai plancton degl’inizi.
E quando qualcosa nacque fu punta di gioco e di morte e da morte nacque suono e a suono seguì canto e l’ode alzò nebbie e bore e geli e verdi di stami che sparsero vita. Corifeo svanì nel dentro di segreti. Ciò che rivolava nell’abisso ebbe a stagnare lasciando nascere il prima e il dopo.
Nella mescita delle origini, in cui ogni avvenne in gaia distruzione, la prima umana apparizione d’oggetto fu amigdala dell’anima: uno strumento, macchina di suono. Corde e carapace sventrato per stillare ode in verso carico di anime e di soffi. L’indistinto era l’unico sesso del vivente e solare nostalgia prese a dirsi, nel canto. La giovinezza appena apparsa del mondo, s’inebriò di creato e bevve il vagare tra astri e meraviglie di nomi che iniziavano a dipanare pensiero d’essere.


Quanto si apre dinanzi ai versi di questo Autore è un universo di memorie cellulari. Gianpaolo Mastropasqua scrive e pensa immerso in una bolla di inizi la cui temperatura è ancora, per Lui, appena sfreddata e la vita s’addensa in forme non definite. Sono forme tutte incalcate nel dentro di ciò che s’origina su rocce. E s’annodano immagini di prodigi intrufolati nelle gocce di un vivente che prende appena forma negl’incavi di osmunde(1) immobili al tempo che principia a scorrere. Gianpaolo Mastropasqua scrive nell’immersione in un non-tempo fatto di saturazioni e in un non-spazio fatto di fossili impilati nei cigli di percorsi umbratili. Il Suo verso accoglie nei primordi restando incistato in appartenenze mediterranee, in lucori di sud. Versi prolifici tesi come seriche corde di cembali dai sibili lunghi e accesi come scaglie d’energia vibrante. Una riscrittura continua delle nostre preistorie s’affaccia nel fondo d’ogni Suo verso, narrandoci tutti ripiegati, ancora oggi, nel dentro dei nostri viatici di umanizzazione.
Gianpaolo Mastropasqua ci coglie fermi così, acquattati nei pressi di balzi di salti cognitivi che, sola, la parola poetica può lambire, ridandoci al mistero potente della Vita.(2)

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NOTE
- Felce
- Le immagini sono rilievi fotografici dalla Grotta dei Cervi di Porto Badisco (Otranto, 1970, scoperta meritoria del Gruppo Speleologico Salentino “Pasquale de Lorentiis” di Maglie). L’insediamento risale al post paleolitico-neolitico (fondazione intorno ai 4000 anni a.C.); fondamentale lo studio del Prof. Paolo Graziosi e, in seguito, dell’archeologa Marija Gimbutas per catalogazione e lettura dei pittogrammi di questo sito archeologico che è il complesso pittorico neolitico più imponente d’Europa.

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Commenti

  1. Che bella recensione

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    1. Grazie, è la magnifica penna di Anna Rita Merico ❤️

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