A Glenn (scrittura spontanea in controtempo - dedicata a Glenn Gould) di Sergio Daniele Donati
poesia esile/poesia esule
E dimmi tu quale sia il segreto
dell'appoggio di un dito
all'armonia del silenzio.
Io mi copro di sudori
e non cala mai
la mia antica stortura.
esistere è in fondo un baco
e dal buco nero dell'illusione
che esista una verità protetta
dal guscio del proprio nome
le parole escono
come un biascicare parole d'ubriaco,
un trascinare ricordi di ciabatte
in corridoi d'ospedali dove i muri
trasudavano resine di dolore giallastro
e colavano nelle notturne
grida dei malati d'infanzie mai vissute.
Una nota sospesa - la tua -
al filo di rame brunito
della speranza diviene
nella mia retina
lacrima e poi sorriso ebete
e meraviglia e stupore,
ché io ancora esisto
come tatuaggio sbiadito
su pelle vissuta.
Di dirmi partecipe alle dissonanze
del creato - un eterno intervallo
di settima a sigillo e compendio
di una bellezza perduta -
sono stanco e, se esiste
davvero un suono
capace di prendermi
sia quello dello strappo eterno
di uno Shofar.
Mi porti via il corno d'ariete,
lontano, nei silenzi di ciò
che fu prima di ogni cosa,
o nel brusio
di un abisso magmatico.
Oh certo, tu parli di ossidiane
e sedimentazioni e stalagmiti,
ma io resto lava e non mi spengo
ancora, né i miei occhi esprimono
ancora il gelo
di una sacra evanescenza.
Volevo andare lontano
e sono rimasto immobile
ad osservare la lenta
separazione delle galassie.
Volevo andare lontano
e mi si impone la legge del ritorno
al centro che mai
ebbi la forza di abbandonare.
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