(Redazione) - Figuracce retoriche - 15 - Anastrofe e Iperbato
ANASTROFE
Inizio
col gioco a me caro delle associazioni di idee: della parola
anastrofe
quello che salta al mio orecchio è il termine italiano in lei
contenuto nastro. Questo
non ha nulla a che fare con la spiegazione etimologica del termine
che vedremo in seguito, ma questa rubrica ama smontare gli schemi
canonici (senza abbandonarli) per dare un po’ di spazio al pensiero
alternativo.
Dunque,
come associare la parola nastro
alla spiegazione di ciò che è questa figura retorica?
Immaginate
un nastro di raso, liscio, lineare: questo nastro è la nostra frase
costruita con le regole di base che vogliono nell’ordine un
soggetto, un predicato verbale, un complemento oggetto. Ora prendete
i lembi di questo nastro e invertiteli: otterrete qualcosa di altra
forma ma di stesso contenuto, qualcosa che ha un aspetto maggiormente
decorativo e lezioso, ma che può essere un po’ più complicato da
leggere.
L’anastrofe
è, dunque, una figura retorica che consiste
nell’invertire due parti del discorso rispetto all’ordine
abituale di una frase.
L’etimologia
della parola anastrofe
è di derivazione greca (ἀναστροφή
anastrophé), si
pronuncia anàstrôfe e vuol dire letteralmente “inversione”. E'
una eredità della lingua greca antica e del latino dove le parole
venivano posizionate differentemente.
Marco
Fabio Quintiliano (retore latino
35-40 d.C.
di cui abbiamo parlato più volte
nei precedenti articoli) nella sua Institutio
oratoria, precisava che: se nella frase il
cambiamento di posizione riguardava solo due parole, si doveva
parlare di anastrofe.
Ma
perchè invertire gli elementi? In particolar modo in poesia, se ci
si vuole attenere alle regole metriche, a volte c’è la necessità
di invertire alcuni termini per poter aggiungere o togliere una
sillaba, ad esempio per formare una sinalefe:
Il
/ mio/ pen/ sie/ ro/ va/ ol/ tre a/ na/ vi/ ga/ re
Abbiamo,
contando con sinalefe, dodici sillabe. Mettendo in atto un'anastrofe
possiamo renderlo un endecasillabo:
Il/
mio/ pen/ sie/ ro ol/ tre/ va a/ na/ vi/ ga/ re
Quindi,
in poesia, questa figura retorica si usa per per ottenere effetti
fonici e ritmici.
Vediamo
alcuni esempi illustri:
Spesso
il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che
gorgoglia
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il
cavallo stramazzato.
Bene
non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina
Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la
nuvola, e il falco alto levato.
(Eugenio
Montale)
“Spesso
il male di vivere ho incontrato”: nel gergo quotidiano, non diremmo
“Ho spesso incontrato il male di vivere”? e “Bene non seppi”
non verrebbe sostituito da “Non seppi bene”? o ancora “che
schiude la divina Indifferenza” verrebbe sostituito da “che la
divina indifferenza schiude”. Eppure Montale sapeva perfettamente
che, senza queste inversioni, questi suoi versi non avrebbero cantato
allo stesso modo.
Sempre
Montale in Antico inverno:
Cercavano
il miglio gli uccelli ed erano subito
di neve;
Giacomo
Leopardi invece, nella sua famosa A
Silvia scrive:
Allor
che all’opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
E
ancora nell’Infinito:
Sempre
caro mi fu quest'ermo colle
E
ora, Il brivido di
Giovanni Pascoli
Mi
scosse, e mi corse
le
vene il ribrezzo.
Passata
m’è forse rasente,
col
rezzo dell’ombra
sua
nera, la morte
Ultimamente,
ho avuto il piacere di incontrare questa poesia di Hölderlin
(traduzione Gianfranco Contini) che penso sia un perfetto esempio di
anastrofe:
Di
gialle pere il suolo
e
colmo di rose selvagge
pende
nel lago, voi cigni del cuore,
e
il capo di baci ubriaco
nell’acqua
tuffate
c’hè
santa e non turba.
Ahimè,
dove li prendo
Ora
ch'è inverno, i fiori, e dove
Del
sole la luce, della terra
L’ombra?
Al freddo muti
Se
ne staranno i muri, nel vento
Stridono
le banderuole.
Stiamo
diventando forse troppo seri? Allora cambiamo subito registro. Come
non citare il Maestro Jedi Yoda della saga di Star Wars? Da oggi sarà
anche Maestro d’anastrofe:
"Perché
mio alleato è la Forza e un potente alleato essa è".
Sono certa
che questo esempio è stato illuminante e determinante per la
comprensione dell’anastrofe, per questo validissimo motivo vi offro
uno Yoda cocktail.
Ma l’anastrofe non appartiene alla poesia e al Maestro Yoda, infatti, è spesso utilizzata negli spot pubblicitari (La Coop sei tu) o in espressioni di uso quotidiano come “eccezion fatta” o “cammin facendo”.
Troviamo
molti esempi di anastrofe anche nei testi musicali. Per esempio
Fabrizio De Andrè ne fa uso nella nota canzone La
guerra di Piero nell’espressione: “dei
morti in battaglia ti porti la voce”.
FIGURACCIA
RETORICA DEL GIORNO
Della
notte l’ombra calpesti
e
dei passi la voce estingui
le
ossa del tempo attraversi,
senza
rumore andare a provocare.
(Annalisa Mercurio)
Per
terminare questa prima sezione, gli amici sardi direbbero: "Capit(t)o
mi hai?”
IPERBATO
C’è
un’altra figura retorica alla quale piace mischiare le carte in
tavola, è simile all’anastrofe ed è l’iperbato.
Nell’iperbato la faccenda si complica, infatti, tra i termini che
vengono spostati viene inserito un inciso.
L'ipèrbato,
dal greco ὑπερβατόν hyperbatòn:
ὑπερ-βαίνω, (io) oltrepasso.
Questa
figura appartiene alle figure sintattiche e consiste
nell’allontanamento di una parola da un'altra alla quale dovrebbe
essere vicina.
Mentre
nell'anastrofe abbiamo
un'inversione tra due elementi nell'ordine “normale” delle
parole, l'iperbato rappresenta l'incunearsi di un elemento
all'interno di un altro.
Bice
Mortara Garavelli scrive: “Naturalmente connesso all’anastrofe
è l’iperbato, che è un
«andare al di là» di un qualche
elemento posto in mezzo.”
Passiamo
ad analizzare alcuni esempi famosi della letteratura:
io
parlo de’ begli occhi e del bel volto, che gli hanno
il
cor di mezzo il petto tolto.
(Ludovico
Ariosto, da Orlando furioso, C. VIII)
tu
dell’inutil vita
/estremo unico fior/
(Giosuè
Carducci da Pianto antico)
Giovin
signore, o a te scenda per lungo di magnanimi
lombi ordine il sangue...
(Giuseppe
Parini da Il
Mattino)
...tardo
ai fiori / ronzìo di coleotteri.
(Eugenio
Montale da La rana, prima a ritentar)
Angelo
Marchese, nel suo Dizionario di retorica e stilistica riguardo
l’iperbato scrive:
Più
in generale l’iperbato consiste nel separare elementi che
costituiscono un sintagma, interponendone altri che determinano una
struttura irregolare della frase (irregolare, è ovvio, rispetto a un ordine standard): mille di fiori al ciel mandano incensi
(Foscolo). In questo verso i termini mille e incensi, che
strutturalmente costituiscono un sintagma, risultano separati;
inoltre di fiori si riferisce a incensi e risulta anticipato secondo
il gusto dell’inversione latineggiante caro al Foscolo; la frase
dovrebbe avere questo ordine logico: “(le convalli) mandano mille
incensi di fiori al cielo”
Si
avvertirà il significato ritmico dell’iperbato nell’unità
metrica dell’endecasillabo.
Nella
poesia italiana quindi, l'iperbato si usa sia per evidenziare parole
(o parti di discorso) che altrimenti sembrerebbero poco importanti,
sia per ricordare la sintassi (ordine) della lingua latina in cui,
quelli che italiano sono iperbati, erano costrutti (strutture) di
uso comune.
Certo
è che, questo modo di ordinare la frase crea una discontinuità e
non aiuta il lettore, ma non è detto che il bello debba essere a
ogni costo facilmente raggiungibile.
A
intrecciare pensieri lascio voi
con
questa figura intricare il cervello,
con
questo tormento sul più bello
d’
abbandonarvi al vento non mi pento.
(Annalisa Mercurio)
Alla prossima!
Articolo molto interessante. Grazie.
RispondiEliminaGrazie a te per la lettura, puoi trovare altre figure retoriche alla voce "rubriche - figuracce retoriche"
EliminaGrazie a lei per la lettura
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