(Redazione) - Muto canto - 09 - Radicali Mutamenti
di Anna Rita Merico
Muto Canto 9 in
cui si dice di radicali mutamenti novecenteschi del concetto di realismo e di frenate utili allo scorrere delle immagini della mente, in epoca storica di iperrealismi e velocità assolute.
Anna Rita Merico
Robert Rauschenberg Retroactive I, 1964 - Serigrafia. Hartford, Wadsworth Atheneum (1) |
GLI SCRITTORI
Io scrivo in camera da letto col
bucato in disordine,
una culla e un bambino che strilla.
Mio marito lo scrittore si tiene
sedie di velluto dorato,
un divano che costa quattrocento
dollari,
un tappeto da muro a muro, rosso
fuoco, di pura lana,
e una scrivania grande abbastanza da
giocarci a biliardo.
Io batto a macchina quattro copie,
due a me
e due al bambino per sbavarci sopra,
in una postura propizia alla lista
della spesa
e alla scelta tra hamburger e
platessa.
Per caso Emily Dickinson scriveva
poesie
vicino alla pomata per gli sfoghi da
pannolino?
Elizabeth Browning smetteva di
“contare i modi”
quando Robert chiedeva un hot
pastrami?
Scusate, i ragazzi sono appena
tornati da scuola
e vogliono a tutti i costi la mamma.
Mio marito lo scrittore fa chiamate
internazionali
con persone troppo famose per
tirarle in ballo.
Al grande mondo là fuori io arrivo
tutt’al più ascoltando sull’altra
linea
o leggendo vecchi <Digest>
mentre porto
i bambini a fare il vaccino contro
l’influenza o
l’antibiotico
(la madre che lavora, lo sa
chiunque,
crescerà senza dubbio psicopatici
tranne che non sia lì pronta quando
spunta la varicella
o li tormentano i morsi di moscerini
e il mal di piedi).
Edna St. Vincent Millay si alzava
per caso all’alba
per una recita di prima elementare
dal titolo Fiocchi di neve?
E Marianne Moore metteva da parte i
suoi simboli
per sgombrare la tavola dai Quaker
Oats?
Scusate, mio marito vuole una birra
fredda.
Tornerò appena posso.
Il piccolo dorme, ho fatto i letti
e ho passato lo straccio sullo
schifo in cucina.
Mio marito lo scrittore ha finito il
<Times>
e si sta ritirando nel suo studio,
dove nessuno osa turbare i suoi
profondi pensieri
(o il pisolino di mezz’ora che gli
serve come l’aria).
Io sono stata in lavanderia, ho
preso il dessert
e ho anche gonfiato le gomme
dell’auto
prima di sedermi alla mia Royal di
seconda mano.
(Lui ha appena preso un’ Olivetti
nuova).
Miss Amy Lowell trovava Patterns
imbrattata
dagli schizzi di spaghetti al
pomodoro?
Phyllis Mc Ginley soffoca le sue
rime
se il giardino implora una
rinfrescatina?
Scusate, la lavatrice fa i capricci.
Forse mi dò all’uncinetto.(2)
Duane Hanson (1925-1996) -Young Woman Shopper (1973) resina e poliestere |
Questo Suo essere così assolutamente
smagata.
Questo Suo essere così assolutamente
legata alla contraddittorietà.
Questo Suo stare sempre
legata a doppio cappio ad un’America guardata dall’ultimo piano
di un grattacielo dell’East Side.
Questa Sua immersione
continua nelle viscere di una quotidianità attenta
all’allucinazione della normalità.
Questo Suo essere così
amabilmente Judith Viorst.
Ogni Suo testo ha lo
spessore di una materica scultura. La poetica di Viorst colloca un
invisibile retino di stampa tra l’occhio e la parola, un retino che
si trasforma in strumento del Suo modo di “trattare” la parola.
Viorst pone distanze tra sé e l’immagine ritratta e ciò rende
l’effetto di una doppia spazialità: l’immagine è vicinissima
ma, contemporaneamente, lontana. Il Suo verso opera una sorta di
manierismo sul dato e, ciò, non consente al lettore nessuna
immedesimazione. Il Suo verso tiene nella giusta distanza
compartecipata e crea una misura ironica il cui fine è svelare
significati.
E’ come se una
“oggettificazione” del dato, pur divenendo segno narrativo, non
chiede analisi ma si colloca all’interno di una nuda narrazione
dello sguardo. La Sua è una illuminante pennellata iperrealista
capace di solleticare l’immaginario. Attraverso questo preciso e
netto movimento, Judith Viorst frammenta ironicamente la realtà
riconducendola, però, nello spazio di uno sguardo che seziona e
denuncia un’America e una contemporaneità fatta tutta di pretesa e
di immobilismo.
In Scrittori (come
in tanti altri Suoi testi), la storia diviene minima e la minaccia
della deflagrazione è, semplicemente, congelata.
Quella degli anni ’70
dello scorso secolo, è stata un’America che s’era andata
imbozzolando in un Vietnam dell’anima e procedeva con un peso di
tonnellate legato all’esile caviglia, un’America bloccata eppure
tesa nella richiesta di continui distacchi e mutamenti.
Il Desiderio, nei versi
della Viorst, smette di viaggiare negli spazi delle profondità ed
emerge una pragmatica sospensione che non si eleva a dubbio ma,
contemporaneamente, è critica radicale dell’esistente. Aumenta,
nei Suoi versi, la permeabilità della realtà e la domanda si
colloca nello spazio di ciò che è guardato come fosse un oggetto
narrante. E’ quanto - in arte visiva - accade con la ricerca, ad
es., di Claes Oldenburg (1929-2022). (3)
Sono pezzi di realtà banale che, una volta mostrata
attraverso la lente della dicibilità (visiva), divengono realtà
complicata, sbilanciata. Sono narrazioni della realtà finalizzate al
veder sorgere la domanda in grado di tagliare l’esistente e
esprimere il desiderio di voler sgusciare via da ruolo e
oggettificazione. Abilmente Judith colloca la normalità nel cono di
una incapacità ossessiva del movimento, una qualità particolare
della stasi che è, nei fatti, centro di ribellione. La Sua capacità
di lasciar comunicare gli opposti è mirabile.
Ambientare la parola
nella distanza e liquefare la possibilità di lasciar emergere
qualsiasi connotazione. Lasciare accadere l’emersione di un io che
non partecipa e che, pure, è coinvolto nell’operazione di
riconoscimento. Consentire ad ogni verso di divenire elemento
immateriale e centrifuga di sensi. Attivare un’energia messa in
moto all’interno di un gesto violento di muta cancellazione delle
immagini costruite nel corso del tempo.
E’ una poetica che
rilancia domanda sul realismo esprimendo una dialettica in cui poesia
e realtà chiedono una diversa nominazione di sè. E’ una poetica
in cui non è più possibile scandagliare ancora l’universo della
soggettività. E’ esperienza che la Viorst affronta con piglio di
consapevole leggerezza donandoci affreschi di un’umanità rappresa
in un corto circuito da cui cercare uscita. Diviene chiara la
percezione di come il Suo poetare ricami la crepa attraverso cui
lesionare la certezza.
_____
NOTE
1 - Immagine tratta da: Robert Hughes, Lo shock dell’Arte moderna, Idealibri ed., 1982 pg. 347
2 - Judith Viorst La gente ed altre seccature, con traduzione di Leonardo Guzzo e Marco Sonzogni, Einaudi 2023, pg 873 - Claes Oldenburg, Molletta da bucato di Filadelfia 1976, h. mt 13, ivi pg 361
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