Tre poesie inedite di Laura Valentina Da Re - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati
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Il mio lichene sensibile sverna
nel mento dipinto quando
diventa capsula
chiusura perfetta dell'universo
e crea l'albero, l'attaccamento
la parola decapitata
come il lombrico avvolta, per bene
su sé stessa.
Si salva, poi, il sibilo di terra
non c'è più un corpo che
pende senza dire
niente,
ho a cuore l'insonnia
del vuoto.
(©️ Laura Valentina Da Re - inedito 01 marzo 2024)
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Perché invochi l'orrore
nel basso delle risa
e da nessuna
(altra) parte?
Io so come ti estendi
mentre sei pura
verso la follia la disobbedienza
del volto sulla spalla marea
di spine.
Quello che era, era scavo
nella donna forte, passeggera
la zagara segreta intera
in solitaria,
cresciuta con l'errore.
(©️ Laura Valentina Da Re - inedito 04 marzo 2024)
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Io sono poca farfalla nel sasso
di giada, lo vedi? O l'oppiodei miei parassiti è per davvero
capace di illudere?
Ti mangio il collo miserabile
di sale e sopra
la visione muta volante:
il mio nutrimento ha i nostri
confini.
(©️ Laura Valentina Da Re - inedito 08 marzo 2024)
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NOTA DI LETTURA
di Sergio Daniele Donati
Queste tre poesie inedite di Laura Valentina Da Re si situano in un percorso di scrittura dagli evidenti richiami a un simbolismo in cui corpo (dell'autrice? del lettore?), elemento naturale e parola trovano feconda sintesi richiamandosi vicendevolmente in un continuo gioco prismatico di colori. Questo movimento ludico che trova palese manifestazione dei versi finali della prima composizione (non c'è più un corpo che/pende senza dire/niente,/ho a cuore l'insonnia/del vuoto) richiama tematiche care a chi della parola sottolinea anche crinali e inciampi (la parola decapitata qui appare emblematica) e dona la sensazione di un dono fatto all'incapacità, al limite di ogni dire: quel vuoto che si caratterizza come assenza di sonno, ma oso dire anche del sogno, quasi a volerci trasmettere la straniante sensazione della necessità di uscire dall'onirico per raccogliere la verità del simbolo.
Mirabile anche il finale della seconda composizione (Quello che era, era scavo/nella donna forte, passeggera/la zagara segreta intera/in solitaria,/cresciuta con l'errore) ove la poeta si sofferma sul valore fondante dell'inciampo (errore) per ogni crescita, come di pianta (zagara) capace di fiorire e donare i suoi gialli su terre arse e brulle. Lo scavo che Laura Valentina Da Re qui cita non può non riportare il lettore all'immagine stessa dell'atto dello scrivere. Perché, se c'è un elemento che della poeta emerge in tutta la sua opera, è una relazione con le profondità dei lemmi mai lasciati a sé stessi, ma curati sino allo spasmo creativo, in una ricerca di verità, persino capace di superare le barriere meramente contenutistiche e di significato. L'autrice procede sempre per immagini che prima, di significare, risvegliano il lettore ad un mondo altro sempre limitrofo al proprio quotidiano. L'alterità per Laura Valentina Da Re è sempre territorio limitrofo, mai così distante da non essere percepibile; luogo, in altre parole, ove si parla una lingua cugina della nostra maternale, e per questo comprensibile nei suoi contorni per vicinanza semantica.
Le due domande che compongono la terza e ultima poesia e quella che appare essere una possibile risposta nel finale della stessa rendono ancora più evidente, ove possibile, quanto sopra descritto.
(...)
il mio nutrimento ha i nostri
confini.
dice la poeta. E, se mi desse l'autorizzazione a mettermi in dialogo con questo distico (estratto dalla stessa poesia) le risponderei, indegnamente, con una inversione dei termini, così per solleticarci in un gioco di parole bambino.
(...)
il confine è il nutrimento
dei nostri appoggi
Per la redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
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NOTA BIOBIBLIOGRAFICA
Laura Valentina Da Re risiede a Belluno con il marito, i due figli e il suo inseparabile husky, insegna da quasi trent'anni nella scuola dell'Infanzia.
E' da sempre una grande amante della letteratura, della poesia in modo particolare, ma anche della musica e dell'arte.
Da poco più di tre anni si sta cimentando in quella che per lei è la più alta espressione artistica, ovvero la poesia, di sé dice: “il cammino compiuto sino ad ora è stato travagliato e metamorfico, mi ha sezionata e ricomposta quotidianamente, accade che i componimenti nascano da una parola bisognosa di corpo, di descrizione, di destino, di musica, di una o mille identità; manipolare, decodificare, destrutturare e dare vita nuova alle parole è il mio senso di poesia.” “La magrezza dell'uno” (PlaceBook, 2022) è la sua seconda pubblicazione.
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