Beethoveniana (sulla settima sinfonia)
Sai che si alzano
fumi verticali
di lontano?
Presenze di umana distanza,
in una natura che, verde,
aspira al tramonto
ocra del pensiero.
Volevo celarmi ancora
tra le pieghe di quei suoni,
ma i corni incitavano al ritorno,
la veste strappata
per il lungo viaggio,
e i flauti restavano legati
a una speranza di rinascita
senza voce.
Io non so perché
mi parli d'amore
mentre l'erba cresce indifferente
e il seme non sa che solo
la sua morte,
un abbandono senza strappo,
donerà al mondo
un nuovo virgulto.
Io non so perché mi chiedi
com'è che io torni, inesorabile,
a osservare un passato
mai esistito
e non posi mai
il mio sguardo
sulla falsità della primavera.
So che mio è il canto nostalgico,
il racconto senza sosta
del languore dell'antico,
il sospiro d'addio di un popolo
troppo a lungo restato imperituro.
Ci diciamo vivi
ma disconosciamo le sabbie
che hanno forgiato i nostri pensieri
e le schegge di roccia che contengono
i segreti dei nostri silenzi.
E tu mi parli d'amore,
mentre il mio occhio lacrima
dense stille d'olio blasfemo
sulla bellezza di un mondo
che declina e lascia rotolare
i massi densi della caduta
sul piano obliquo dell'oblio.
Mi parli d'amore mentre ascolto
i pianti delle vedove e degli orfani
e lacrimo nenie di consolazione
sul dolore del mondo;
solo come la luna,
in un cielo senza stelle.
Tu mi parli d'amore
e io benedico quel tuo fiato
capace ancora di sogno,
e prego che tu non abbia mai
a vivere il mio stesso risveglio.
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