Cinque poesie inedite di Patrizia Caffiero e una nota di lettura di Sergio Daniele Donati
«...Forse questa montagna che ti ombreggia/questo ostacolo corposo e sfuggente/è soltanto la conseguenza amara/del tuo non dare un Nome alle Cose.» scrive in uno degli inediti che oggi pubblichiamo la poeta Patrizia Caffiero.
E in questi versi che paiono centrali mi pare di poter scorgere tracce di un pensiero che ha radici nelle profondità da un lato del Mito e dall'altro in un pensiero mediorientale ben preciso.
C'è sempre tanto delle cose nel Nome delle cose, la loro essenza secondo alcuni pensieri, e c'è tanto di ricco nel saper tornare all'origine dei lemmi che danno Nome alle cose.
Ma questo pensiero, sembra suggerirci la poeta, porta con sé un'amarezza di fondo, ché altro non è che la constatazione dell'impossibilità di poter sfiorare la realtà delle cose al di fuori del linguaggio, della parola.
Ed, in fondo, è la stessa ossimorica dolce amarezza che ritroviamo nei versi:
«...Ho costruito la casa nel mar/ma non avevo il progetto/quando sono andata a cercare le carte/mi hanno detto che non c'era più tempo.»
Quella di Patrizia Caffiero è in questi inediti una declinazione particolare della scrittura del limite della parola , forse, dell'esistenza, che si tinge di colori tenui e malinconici, mai di strappo ma semplicemente portatori di un suono di assenza, oserei dire molto vicino a certe antichità sempre ricavabili dalle culture mediorientali e mediterranee.
È il bello che si fa tenue per lasciar spazio ad altro bello dato da un limite, da una carenza, da un'assenza che parla la lingua solo lievemente estranea di ciò che sarebbe impossibile a dirsi.
E lo fa senza orpelli, facendo del suo paino inclinato di espressione, il campo di crescita, così, senza la pretesa di trasformarsi in teoria, ma con tutta la potenza di ciò che è.
Per la Redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
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La conversazione
Parlo con te, tu rispondi
ellissi, spirali in movimento
sul foglio di neve mentre discorriamo
una mano invisibile disegna un fiore
un’antica abbazia
un cedro del libano
il viso della dea.
Mentre parliamo
il pianeta prosegue la sua corsa
il mare turchino si increspa di nuovo
sulle rocce fa il nido il cormorano
se parli con me
con te
s’apre la fila di mandorli per farmi passare
la selva degli opposti si rivela
rallenta il metronomo
si rigenera il fiato del giorno.
Quando parliamo
la montagna rivela la sua vetta
cresce come un fiore
trascendo il corpo e mi riparo d’ali
siamo le creature e non gli strali
ci abbeveriamo a un principio d’alba.
_________
La casa del mar
Sto costruendo
la casa nel mar
ma non sono mie queste mani.
La linea del sole che nasce che muore
ha la forma dell'onda
il silenzio del cielo è una coppia di bianchissimi uccelli
il pescatore con il rosso cappello
ha infilzato idee inafferrabili
prima di ributtarle nel fondo del blu.
Ho costruito la casa nel mar
ma non avevo il progetto
quando sono andata a cercare le carte
mi hanno detto che non c'era più tempo.
La casa è finita, è diventata un battello.
Navighiamo senza timone né stelle
fuoco e vento sulle vele
la nostra pelle è una bussola
per raggiungere l'eden, signore
per non sbagliare la strada
ti conviene scordare di usare parole
e chiudere gli occhi.
_________
Vita
Dimmi della rondine
dello slancio curvo
quando sorvola rasoterra il sottobosco
la piana
gli argini pazienti del fiume
i fianchi della montagna
raccontami dell'imprendibilità del suo volo
celeste è splendere
di un coraggio privo di coraggio
stare al mondo desidero
senza sapienza
scorrere desidero
abbracciare la letizia dei semplici
del monaco che esce dalla cappella dipinta dai cenobiti
dopo aver pregato
e lentamente
attraversa il chiostro che gli è familiare
o di un bambino
accudito sin dalla nascita dalla madre dal padre
da tutta la sua comunità
e al tempo stesso lasciato libero
io lo vedo correre
in un campo d'erba alta a braccia alzate
gli sfiora il viso il vento della mattina
un brivido che non finisce.
_________
La libertà
Forse questa montagna che ti ombreggia
questo ostacolo corposo e sfuggente
è soltanto la conseguenza amara
del tuo non dare un Nome alle Cose.
Forse potresti dirlo almeno a te stesso
ad un tratto, rompendo il grigiore del tempo
con l'amata semplicità, una mano sul cuore:
dirlo
pronunciare quelle poche parole;
rivelarlo agli alberi, alle stelle, alla bellezza del giorno
con tutta la forza della tua verità.
La casa del mar
Sto costruendo
la casa nel mar
ma non sono mie queste mani.
La linea del sole che nasce che muore
ha la forma dell'onda
il silenzio del cielo è una coppia di bianchissimi uccelli
il pescatore con il rosso cappello
ha infilzato idee inafferrabili
prima di ributtarle nel fondo del blu.
Ho costruito la casa nel mar
ma non avevo il progetto
quando sono andata a cercare le carte
mi hanno detto che non c'era più tempo.
La casa è finita, è diventata un battello.
Navighiamo senza timone né stelle
fuoco e vento sulle vele
la nostra pelle è una bussola
per raggiungere l'eden, signore
per non sbagliare la strada
ti conviene scordare di usare parole
e chiudere gli occhi.
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Vita
Dimmi della rondine
dello slancio curvo
quando sorvola rasoterra il sottobosco
la piana
gli argini pazienti del fiume
i fianchi della montagna
raccontami dell'imprendibilità del suo volo
celeste è splendere
di un coraggio privo di coraggio
stare al mondo desidero
senza sapienza
scorrere desidero
abbracciare la letizia dei semplici
del monaco che esce dalla cappella dipinta dai cenobiti
dopo aver pregato
e lentamente
attraversa il chiostro che gli è familiare
o di un bambino
accudito sin dalla nascita dalla madre dal padre
da tutta la sua comunità
e al tempo stesso lasciato libero
io lo vedo correre
in un campo d'erba alta a braccia alzate
gli sfiora il viso il vento della mattina
un brivido che non finisce.
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La libertà
Forse questa montagna che ti ombreggia
questo ostacolo corposo e sfuggente
è soltanto la conseguenza amara
del tuo non dare un Nome alle Cose.
Forse potresti dirlo almeno a te stesso
ad un tratto, rompendo il grigiore del tempo
con l'amata semplicità, una mano sul cuore:
dirlo
pronunciare quelle poche parole;
rivelarlo agli alberi, alle stelle, alla bellezza del giorno
con tutta la forza della tua verità.
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La soglia
Un ragazzo è seduto
all'ombra della notte
"in abisso".
Prima dell'alba
molto prima dell'alba
nella stanza della morte e della vita.
Sul tavolo nudo
la tempesta silenziosa dei libri
una candela di cera d'api.
Un giaciglio
un fiore nel calice
un canto a bocca chiusa.
Il ragazzo sta nascendo
nel grembo della terra
la sua maestosa solitudine
è una conchiglia.
Raccontami la storia del ragazzo
che cercava l'assoluto
nel fuoco.
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DICE L'AUTRICE:
Patrizia Caffiero - Leccese di nascita, emiliana d'adozione dal 1996, da sempre nerd, scrivo poesie misticheggianti, ballate, mistery e adoro la letteratura americana. I miei versi sono pubblicati su riviste online. Pasoliniana, ho pubblicato per Miraviglia editore, nel 2007, “Guarda che prima o poi Dio si stancherà di te”; per Fernandel, un racconto per l’antologia “Quote rosa”; nel 2009 un racconto per l’antologia “Fobieril - soluzione MANIAzina” (Jar Edizioni). Nel 2017 è uscita la raccolta di racconti "Incredibili vite nascoste nei libri", Musicaos editore, sempre per Musicaos nel 2021 "Il Pianeta delle Occasioni Perdute". A giugno 2023 è uscito il mio primo romanzo, "Nora. Un'estate a Villa Genziana", Musicaos. Sto scrivendo attualmente un romanzo in prosa poetica “per frammenti”.
Sono redattrice del blog letterario "Larosainpiù". Da marzo 2024 ho cominciato con Bruno Fraccaroli “Zaumlirò”, un progetto di videoarte.
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