(Redazione) - Echi di Fedro (dialoghi poetici) - Daniela Favretti con Anna Rita Merico
Son segni gli sfarfallii dei fari
dietro e sopra scarabocchi
precise le scie d’ aerei
trofei di sguardi bocca incisa
Sedare il metro imparare
il sasso le cicatrici
forano in alto il mio basso
e ancora parole, ai bordi
Matrici e forme fiori di dita
che sia maledetta la via retta
detta norme in vedetta il sovrano
la Maschera dietro l’impegno
Mentono in aria miracoli da
trentadue giorni in una riga
costretta fatica raccolta
nel volo di ore ricordo,
i disegni.
(Daniela Favretti)
dietro e sopra scarabocchi
precise le scie d’ aerei
trofei di sguardi bocca incisa
Sedare il metro imparare
il sasso le cicatrici
forano in alto il mio basso
e ancora parole, ai bordi
Matrici e forme fiori di dita
che sia maledetta la via retta
detta norme in vedetta il sovrano
la Maschera dietro l’impegno
Mentono in aria miracoli da
trentadue giorni in una riga
costretta fatica raccolta
nel volo di ore ricordo,
i disegni.
(Daniela Favretti)
da qui, angolo di onda, entriamo in
un’energia
e
ne diciamo affinché tutto s’impili nel ventre di una creazione
fatta di visioni e di inciampi
e
un universo marcia intorno ai nostri pensieri
e
carte carte carte ne dicono profondità
e
ti sento scendere nel nudo del dentro e ti vedo catapultata nel
vortice dell’esistenza mentre stani menzogne
mentre
sbucci un quotidiano impastato in baccelli spinosi
Colore su colore, sformi forma e infili il deforme e annusi trasparenza e cobalto di sguardo. E vorrei che quello Hyeronimus fosse qui, con noi, a narrarci come i secoli riscrivano Giardini e nastri di genetiche memorie. In ogni andare occorre trovare l’avo che sussurra e guida in sibilo lungo che serpeggia nell’occhio vedente. Incredibile come, nell’affondare, capiti spesso di tirare fuori le tenie del sogno che vengono a visitarci dentro lo spiraliforme del buio illuminandone neuroni e percezioni e metamorfosi e pietre creatrici d’ogni passaggio tra il dentro ed il fuori. Stasera mi doni questa luce: lapislazzulo intramato di ori e quell’azzurro di pesci poveri dall’anfibio respiro.
Narrami
del tuo affondare nell’informe che genera forme, risucchio di vita,
spirale di nulla, eccesso di segno.
(Anna Rita Merico)
verso un’acqua che
non smette nell’ andare e ritornare
e scambia il fuoco con
un luogo ancora nido, calco caldo non toccato da quei morsi dei
malati.
Me la godo la mia
nebbia e le sue fette. Me la rido e di Cartesio scaccio il chiodo
…ricadere nel ricamo
mi ricuce all’ Orinoco o al fiume Congo.
Ogni notte dico mia, un
sorso ricco, un vanto scorsoio -com’è avida la luce
nell’ intarsio già
incollato di un dittongo.
Siamo andati, poi
dispersi
come cerchio
senza botte ancora un
passo.
(D.F.)
E
ti guardo mentre ricami l’immagine del tuo andare
sottile
filo serico che cuce oro di ferita
la
Maschera che nasconde sbava urto di menzogna
il
sogno si dipana nel lento di oggetti galleggianti
volano
tutti in perdita di gravità come feti in acque primordiali
e
tu spalmi lentezze come burri molli o sabbie appena smosse
un
dinosauro un peperone un ombrello
disordini
di percezioni e conchiglie di pensiero
seguo
le tue dita nelle tue colle
dall’appiccicoso
la forma
scorgo
tutto
respiro
libertà di scenari inesistenti
incedono
irregolari oggetti ponti e sfondi
resto
nel dentro di un sorriso
ammiro
quell’arte tua di mutare il Grigio in Bellezza
e
mi dondolo nelle biforcazioni che
alchemiche
accadono
trasmutando
mondi
(A.R.M.)
_____
N.d.r: le foto sono particolari dell'opera di Daniela Favretti "Il mare è un altare" (2024), tecnica: carta su cartone pressato, mis. 60/100; il dialogo è un inedito (2024)
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DICE DANIELA FAVRETTI:
«Non
mi piace dare informazioni biografiche. Posso dire di non aver mai
amato se non la carta, la carta bianca, la carta stampata. Riconosco
come lavoro la pittura: prima quella accademica e, poi, la sua stessa
negazione ma, ammetto di essere radicalmente accademica.
La
mia è stata un’esistenza inquieta, ho vissuto in molti luoghi
differenti stando in lavori altrettanto differenti ed eterogenei.
Sono poco socievole, amo gli animali».
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