Estratto da due raccolte edite di Alberto Barina con nota di lettura di Sergio Daniele Donati
Che sia cosciente o voluto, ogni scrittura porta con sé sempre tracce della percezione del mondo che l'autore ha.
Per questo l'antico e veritiero adagio, per il quale la poesia è sostanzialmente fenomeno di attraversamento nel quale saper ascoltare le voci è almeno altrettanto importante della capacità di trascriverne i timbri, deve sempre tener conto della qualità di tale ascolto.
Trattasi, evidentemente di un ascolto attivo il cui esito - la parola del poeta - non può non tener traccia del terreno attraversato - il poeta stesso - , quasi ne assumesse i sali minerali, da rilasciare poi lentamente al lettore.
Le poesie di Alberto Barina che vi proponiamo oggi - in estratto da due raccolte i cui riferimenti troverete sotto ogni composizione - di questo movimento che dall'ascolto parte, e, attraverso l'irrorazione di un campo, arrivano poi al lettore, sicuramente di tale andamento sono coscienti.
Ed è esercizio molto interessante, scorrendo le due raccolte, poter riconoscere tra le righe e le parole, un io creativo, tanto battente quanto celato, in un paradossale e ossimorico gioco tra manifestazione e nascondimento.
Sono poesie dense, anche se non prive di una ironia di fondo, potatrici di un lessico evoluto e di metafore originali, figlie queste ultime di una evidente ricercatezza e ricerca espressiva.
E, soprattutto, quella di Alberto Barina è una scrittura che risente molto del peso - in senso positivo di preponderanza - dello studio quando si fa simbolo e vissuto.
Nelle sue composizioni prendono vita presenze che hanno tanto condizionato il pensiero umano e la produzione artistica dell'uomo, in un dialogo costante con la quotidianità dei loro tempi.
Sono tuttavia presenze che diventano simbolo di un altro che si incarna nel lor pensiero, nel pensiero del poeta, nel pensiero di chi quelle linee poetiche si trova a leggere e apprezzare.
Siamo dunque lieti di potervele presentare.
Per la Redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
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ESTRATTO
DALLA RACCOLTA
L'urto della sensibilità (Pedrazzi ed., 2019)
Proprietà letteraria riservata
Talvolta,
solo le virgole
sembrano cedere all'ozio,
l'incunearsi dell'inchiostro
sulla carta - pelle afona -
nel farsi Alhambra della parola.
lirico il traguardo di nebbie,
nuvole conficcate
nel taglio d'ombra
nell'ora boreale,
radente del ricordo.
Ho tutti i diritti assolti
di vivere
dicono...
Voce di Aydah
La mia voce
che commette strofe di peccati
perchè la poesia denuda,
strappa il velo,
stordisce di luce viva e libera.
Qui la parola è deserto
e noi siamo rose di profilo,
gambe e labbra
non previste.
DALLA RACCOLTA
Gli idoli sbagliati (Placebook ed., 2020)
Un sorso per Nietzsche
Chiamiamolo questo cuore
come il clamore di un popolo
che erge barricate,
come il filosofo che travasa l'acqua.
È sempre stato così
innamorarsi della punta di una stella
un desiderarsi pre-umano
un battito eucaristico
un sorso in fondo
anche per Nietzsche.
Sezione aurea
L'azzurro ha messo pupille
campi magnetici
sezione aurea per girasoli,
barriera corallina rovesciata
sconosciuta dalle nuvole.
C'è abbastanza incoscienza di vento.
È il mese di Van Gogh
e del suono secco del corvo,
dello schiaffo a Botticelli.
DICE L'AUTORE DI SÈ STESSO:
«Che cosa è davvero importante e fondamentale scrivere in una biografia che sappia andare al di là dell’elenco di date e fatti che poco o nulla dicono della persona? Che sono nato il 3 maggio del 1975? Che ho iniziato a reggere in mano una penna e a “sporcare di nero il bianco” all’età di sedici anni, aiutato e sospinto dall’ascolto della musica? Che scrivo con la mano sinistra? Che non ho mai coltivato utili amicizie tra critici letterari, riviste, salotti mondani di poesia? Che forse dovrei scusarmi con molte persone se a volte mi definisco poeta e se altre ancora mi chiamano con questo appellativo? Che ho pubblicato tre sillogi di poesia? Che ora posso dire di sentirmi privilegiato se alcuni amici decidono di ricamare i miei versi sulla stoffa per poi farne dono ad altri? Se una delle cantautrici italiane più brave, ma purtroppo sconosciuta, prende spunto dai miei versi per scrivere e creare una canzone? Che ho accumulato un po’ di premi e riconoscimenti vari, nel corso del tempo, ma farne l’elenco mi sembra un atto presuntuoso e che la relativa elencazione è del tutto inutile e priva di interesse per chi legge?
So che non dico (e non scrivo) nulla di nuovo, che non invento nulla che già non sia stato detto e scritto. So che i miei versi non cambieranno il mondo (e nemmeno hanno la capacità di poterlo fare). In ultima istanza forse bisognerebbe chiedere alle parole che uso come se la passano sotto di me, se si sentono trattate bene, se si sentono rispettate, se si sentono prese per il “verso giusto”. Forse loro (e solo loro) potrebbero tentare di scrivere una mia biografia sensata.»
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