A proposito della antologia poetica "Prima del Sempre" (Puntoacapo ed., 2024) di Mauro Germani - nota di lettura di Sergio Daniele Donati

 

Apparirà banale a dirsi ma non si può affrontare la lettura di una antologia poetica di un autore con la stessa attitudine che normalmente si tiene con una raccolta dello stesso poeta. 
Perchè ogni antologia è, per definizione stessa, opera di rivisitazione che l'Autore fa del suo intero percorso poetico e contempla spesso la rielaborazione, lo scarto, la modifica di testi da lungo tempo lasciati sedimentare. 
Ancor maggior cautela occorre poi nello svolgere una nota di lettura ad un'antologia densa di stimoli e richiami come quella di Mauro Germani dal titolo decisamente evocativo Prima del sempre (Puntoacapo ed., 2024).
L'opera è complessa perché tra le diverse sezioni che la compongono si coglie appieno une evoluzione stilistica battente, che corre sul filo di una precedente maggiore vicinanza alla narrativo o, quantomeno, alla prosa poetica, per poi giungere alla struttura stretta di un verso che spesso si caratterizza per una estrema incisività e rifiuto di appoggi a inutili lirismi.
Si confrontino questi due testi tratti da diverse sezioni. 

L'ordine
(tratta da L'ultimo sguardo - 1995)

Una voce nasce ai rintocchi, ai nomi spenti del cielo.
Chiama nel freddo, qui, dove qualcuno aspetta il 
suo sogno e trema, tra le lampade e il vento.


Senza titolo
(tratta da Voce interrotta - 2016)

Come se fossero ancora le cose
come se mi avessero ancora
nel loro destino
muto
nella mia infanzia tagliata.

Come fosse tutto
per qui
per questa casa
strappata alla vita.

In entrambe pare di cogliere un certo richiamo al tremore e al timore, all'attesa e a un sogno tremulo ed incerto che, nella seconda composizione diviene vera e propria domanda espressa o, meglio, risposta. Un dire, in entrambe dell'incompletezza, del non bastare e del non bastarsi, nè a bastare alla vita cui si riesce solamente a strappare qualche scampolo di realtà. 
Pur nelle evidenti differenze espressive, mi è parso di poter cogliere un filo di continuità tra le due composizioni che ho cercato qua sopra di delineare. 
Ma in realtà gli stimoli di questa antologia sono davvero innumerevoli e portano il lettore, più che a una ricerca di comprensione di una unità stilistica dell'autore, al piacer di riscoprire al sua storia poetica, così ricca e profonda da divenire, essa stessa elemento interpretativo possibile dell'opera.
Interessanti e profondissime alcune composizioni che riguardano la relazione del poeta con una certa parola, come ad esempio ne La parola trafitta, il cui testo sotto si riporta.

Allora è questa
la parola trafitta
del mondo, la veglia
sui campi di neve
alla frontiera
                    è questa
la supplica che
trema nell'orizzonte
e tocca le mani
giunte, i visi
di pane e terra

                     questa
la memoria che
torna dall'esilio
dei monti, l'ora
che grida e piange
nei rifugi assediati
e invoca da sempre
                     per sempre
il perdono. 


Sono pochi, credetemi, i poeti capaci di descrivere in questo tanto umano quanto elevato lessico il limite e l'affanno di una parola che nasce già perdente al confronto con il dramma della vita, di una supplica tremula (il tremolio è elemento che torna spesso nell'antologia) in un orizzonte che, chi legge questa poesia, non può immaginare amico, di una memoria e di un esilio perenne (quanti richiami ai grandi poeti dell'esilio del 900) e non chiede -  no - invoca (chiama a sè) il perdono. 
Perchè una parola, una memoria fallace non può che chiedere che la sacralità del perdono cali lenta su di lei, dentro di lei, e può farlo solo nel tremore, nella delicatezza che qui il poeta sa esprimere, pur nelle linee descrittive di un fallimento umano patente. 

«Ecco, benedetto poeta, la bellezza di una parola trafitta; il canto del limite, la preghiera di perdono, che si tingono di bello nel mostrare all'uomo tutta la sua fragilità. Si è questa, poeta, la sublime parola trafitta», mi verrebbe da rispondere a Mauro Germani se non fossi troppo timido e conscio dei miei limiti per pretendere di poter - su questo - interloquire con lui.

Sergio Daniele Donati
Caporedattore de Le parole di Fedro




NOTIZIE BIOBIBLIGRAFICHE TRATTE DALLA PAGINE DEL SUO EDITORE Puntoacapo

Mauro Germani (Milano 1954) nel 1988 ha fondato la rivista “Margo”, che ha diretto fino al 1992. Ha pubblicato poesia e narrativa e si è occupato di numerosi autori classici e contemporanei. Suoi saggi, poesie, recensioni e racconti sono apparsi su diverse riviste cartacee e online. In ambito critico ha curato il volume L’attesa e l’ignoto. L’opera multiforme di Dino Buzzati (L’arcolaio, 2012). Nel 2013 ha pubblicato Giorgio Gaber. Il teatro del pensiero (Zona) e nel 2014 Margini della parola. Note di lettura su autori classici e contemporanei (La Vita Felice). Tra le sue opere poetiche L’ultimo sguardo (La Corte, 1995; con prefazione di Roberto Carifi), Luce del volto (Campanotto, 2002), Livorno (L’arcolaio, 2008; ristampa 2013), Terra estrema (L’arcolaio, 2011) e Voce interrotta (Italic Pequod, 2016); queste ultime tre raccolte sono risultate finaliste al Premio Lorenzo Montano, rispettivamente nel 2009, nel 2011e nel 2016. In ambito narrativo ha pubblicato il libro di racconti Storie di un’altra storia (Calibano, 2022) e Tra tempo e tempo (Readaction, 2022). Gestisce il blog “in-certi confini”.
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