Piccole riflessioni su una poesia di Rainer Maria Rilke con accenni a Blake

 


Rainer Maria Rilke è autore di una magnifica poesia dal titolo Eros che potrete trovare nell'edizione Einaudi di Poesie di Rainer Maria Rilke con traduzione di Giaime Pintor, testo che, fra l'altro, contiene  una magnifica introduzione di Franco Fortini
Ecco a voi il testo. 

Eros

Eros! Eros! Maschere accecate
Eros. Chi sostiene il suo fiammante
viso? Come il soffio dell'estate
alla primavera spegne i canti

di preludio. E nelle voci ascolta
ora l'ombra, e si fa cupo...Un grido...
Egli getta il brivido indicibile
su di loro come un'ampia volta.

O perduto, o subito perduto!
Breve il bacio degli dèi ci sfiora.
Altro è il tempo, e il destino è cresciuto.
ma una fonte piange e ti accora. 

L'esordio, invero gigantesco, a mio avviso tanto richiama, con quella sua pressante domanda (chi sostiene il suo fiammante viso?) altra accecante domanda di Blake nella sua The Tiger. [What immortal hand or eye / Could frame thy fearful symmetry? - Quale immortale mano o l'occhio/poté forgiare la tua spaventevole simmetria? - traduzione libera mia].
Perchè, a ben vedere, c'è una storia della domanda in poesia, soprattutto se posta agli elementi sovrannaturali di agghiacciante bellezza che ogni uomo incontra nell'arco della sua vita. 

E anche autori immensamente distanti tra loro nella domanda creano fili di lino tenace a cui il lettore attento non può non far caso. 
Non a caso in entrambe le poesie il richiamo alla fiamma divorante è esplicito ed è proprio questo elemento ustionante a creare, in entrambi, la domanda.

Il richiamo alle maschere, per deformazione culturale mia, non può non rimembrarmi la teoria ebraica dei volti (in ebraico volti si declina solo al plurale ed ognuno di noi, per quel pensiero, è portatore di volti che indicano il suo essere in essenza sempre plurale e collettivo).

Ma qui le maschere sono accecate, non vedenti, forse dalla fiamma divorate, e non possono che essere portatrici di altro messaggio. 
Eros, l'estate, il calore di un richiamo amoroso per Rilke è anche fonte di lutto, perchè spegne la delicatezza dei canti di preludio primaverile che vengono riempiti di ombre e di un grido. 

Di quale grido si potrà mai parlare se non di quello della morte della delicatezza che Eros trascina via con sé? E il brivido che ne scaturisce non è forse un rifiuto del corpo di una sorta di lutto, legato a doppio filo di ferro con Eros. 

Eros  per il poeta si manifesta come elemento di violenza inaudita che tutto sconvolge ma pur sempre nella brevità, in un istante sottile in cui l'uomo può cogliere il bacio degli dèi. 
Di Eros, della sua apparizione tempestosa e fugace, dell'eccidio dei preludi della primavera e dei canti non resta che un pianto e uno scoramento profondo. 
Perchè Eros per il sommo poeta è anche le ceneri che lascia al suo passaggio, la traccia fuligginosa di un bacio con l'eternità già svanito, in una ossimorica tensione. 

Che magnifica poesia è mai questa? Chi altro mai ha saputo descrivere di Eros l'aspetto ferale con tocco così magistrale nella storia della poesia? 
Chi ai d'altro è riuscito a togliere Eros dal mito e descriverne le tracce, i resti del suo terrificante passaggio?

Una poesia questa che andrebbe recitata a voce alta milioni di volte, una poesia del rovescio della medaglia di Eros, che noi, troppo abituati ai lirismi e alla descrizione edulcorata delle cose, incapaci di restare nel Mito e nei suoi significanti, evitiamo di guardare.
La crudeltà di Eros è qui perfettamente descritta, come senza fiato lascia il dato mortifero e mortificante per la delicatezza delle cose che il Dio dell'Amore a volte rappresenta.

E credo che solo un sommo poeta come Rilke potesse restituire al divino Eros il suo lato  distruttivo che ne è parte fondante. 
Pochi versi, questi di Rilke, che ci obbligano a rientrare in contatto col mito vero e con la sua crudezza di cui abbiamo bisogno, perchè l'essere umano manifesta la sua più alta qualità spirituale nelle rielaborazione e non nel darsi alla fuga alla ricerca di un mondo inesistente.

Sergio Daniele Donati
caporedattore de Le parole di Fedro.  


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