(Redazione) - Figuracce retoriche - 18 - Enjambement
di Annalisa Mercurio
L’impeccabile
Treccani scrive: enjambement
[s.m.] Procedimento
per cui due elementi sintattici strettamente legati vengono in poesia
collocati su due versi contigui. Questo effetto si riscontra solo o
principalmente nella scrittura.
A orecchio, abbiamo tutti compreso
che, eccezionalmente, questa figura retorica non deriva dal greco ma
dal francese. Le sue traduzioni più accreditate sono:
‘scavalcamento’ o
‘inarcatura'.
Ollallaaaaaa
ma perché un nome francese? Parce
que
furono i cugini d’oltralpe, tra il cinquecento e il seicento a
inventare l'accezione metrica del loro vocabolo enjambement.
In particolare, questo vocabolo fu utilizzato da un tal Nicolas
Boileau
(detto
"il legislatore del Parnaso" poeta, scrittore e critico
letterario francese 1636 –
1711)
per
condannarne l’uso frequente che se ne faceva nella poesia italiana.
Ma
diamo un volto al criticone, et voilà eccolo qua.
Nicolas Boileau (Ritratto) - immagine da web |
Pare
che la metrica francese tradizionale infatti, consideri l'enjambement
una
infrazione della norma
metrica,
mentre la poesia italiana ne fa un uso abbondante a partire dal ’500
(ma il nostro Dante, da gran precursore, ce lo propone già nella
Divina Commedia).
Vediamo
di cosa si tratta. L’enjambement interessa la fine di un verso e
l’inizio di quello successivo. Inizialmente, per ricordarmi cosa
fosse e come si chiamasse lo avevo battezzato
ENCIAMPAMENT,
perchè in parole povere (molto, molto povere), è come se un
enuciato, cioè una frase, a un certo punto inciampasse, e facesse
cadere il seguito, nel verso successivo.
Anche
per Antonio Merola nel suo "Allora
ho acceso la luce",
c’è qualcosa che precipita:
Lezione di scrittura: con gli
enjambements è facile fare poesia. Non ci credi? Per prima cosa puoi
interrompere una frase, oppure se preferisci fare finta di
precipitare... chissà dove poi. Scomporre qualsiasi termine tu
voglia: per esempio puoi dire com- prendere, anziché comprendere.
Puoi lasciare uno spazio
bianco così da fare credere che qualcuno abbia tagliato a metà
parole da non mostrare e per
questo messe in evidenza. Sapevi che enjambement è una cittadina negli
Stati Uniti, Illinois? Ci abita il silenzio che ha mutilato le parole non scritte. È stato lui a
insegnarmi: non credere mai a chi voglia farti lezioni di scrittura.
Poi si è corretto, ha parlato: non credere mai a chi voglia darti
lezioni di scrittura.
Non
è però così semplice come dice, fare poesia con gli enjambements.
Questa
figura retorica che viene tecnicamente descritta come frattura tra
verso e unità sintattica, cioè che spezza un verso completandolo
nel verso successivo, è come se volesse farci voltare pagina prima
di farci sapere come va a finire. L’enjambement è un nanosecondo
di suspance.
A
seconda di ciò che andiamo a separare, inoltre, otteniamo effetti
differenti; possiamo scegliere tra: soggetto e verbo, articolo e
sostantivo, aggettivo e sostantivo, verbo e complemento.
Vi
starete chiedendo: “e dov’è la difficoltà?”. Diciamo allora,
che non basta scrivere
Vado
a fare la spesa
per
comprare i pomodori
o
meglio, dato che la frase si spezza, potrebbe essere inteso come
enjambement, ma un enjambements, per essere efficace, dovrebbe in
qualche modo stupire.
Passiamo,
come sempre, a qualche esempio.
è
tra questi muri il suolo in
cui trasuda
altro suolo; questo umido che
ricorda altro umido;
e risuonano.
(Pier Paolo Pasolini, Le
ceneri di Gramsci)
Trasuda,
un termine straordinario che è stato messo in risalto grazie alla
sua posizione a fine verso, ma non solo, è una parola che stimola
istantaneamente la domanda "cosa trasuda?" e dobbiamo
andare a capo per trovare una risposta: altro
suolo. Un'immagine
fortissima, e la stessa cosa accade nei versi successivi nei quali
restiamo sospesi a un "che"
in attesa di un verbo che ci porta nella dimensione di un tempo
passato per tornare infine al qui e ora.
Un altro classico esempio per
l’enjambement è l’Infinito di Leopardi, questa figura retorica
infatti, ha in questo poema un ruolo determinante, comparendo in nove
versi. Ne vediamo un paio:
[…] Ma
sedendo e mirando, interminati
spazi
di là da quella, e sovrumani
silenzi,
e profondissima quiete
io
nel pensier mi fingo[…]
Interminati cosa? Spazi. Diciamo che
l’accostamento interminati
e spazi potrebbe
non stupire, ma che l’iperbole interminati,
necessita di isolamento per poter rendere quegli spazi
ancor più grandi, e Giacomo lo sapeva. Ma come non inginocchiarsi
davanti a sovrumani
silenzi? Altra iperbole,
sovrumani
che posata così, a fine verso, ci fa sentire tutto il peso di
qualcosa di umanamente insopportabile, qualcosa che ancora non
sappiamo, ed eccoci a capo a raccogliere i gravosi silenzi. Quindi? In pratica, questa figura retorica a cosa serve? Abbiamo detto che l’enjambement perfetto ha un effetto sorpresa, ma non solo, è un espediente in grado di mutare il ritmo, è magnetico, agisce sull’attenzione del lettore che resta alta fino al verso successivo ed esalta, inoltre, alcune parole esponendole “in vetrina” a fine verso. Camillo
Sbarbaro, in Talor mentre
cammino per le strade
scrive:
Talor, mentre cammino per le strade
della città tumultuosa solo
Mi dimentico il mio destino d’essere
uomo tra gli altri, e, come smemorato,
anzi tutto fuor di me stesso, guardo
la gente con aperti estranei occhi […]
della città tumultuosa solo
Mi dimentico il mio destino d’essere
uomo tra gli altri, e, come smemorato,
anzi tutto fuor di me stesso, guardo
la gente con aperti estranei occhi […]
Un ardito Foscolo, in Alla
sera, come l’altrettanto
ardito Leopardi in L’infinito,
pone l’enjambement
tra due terzine (versi 11-12):
[…]
Vagar mi fai cò miei pensier su l’orme
Che
vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo
reo tempo, e van con lui le torme
Delle
cure, onde meco egli si strugge;
E
mentre io guardo la sua pace, dorme
Quello
spirto guerrier ch’entro mi rugge.
Ed è
giunta l’ora che mi cimenti nella la mia figuraccia.
Chiusa la diga del fiato
salivano acque e annegai
e fu sera e non so
se fu mai mattina su quel prato
spirai. S'un tappeto di trappole
salivano acque e annegai
e fu sera e non so
se fu mai mattina su quel prato
spirai. S'un tappeto di trappole
Alla
prossima!
Ogni volta mi incanti, con le tue figuracce, maestra. Mercurio vola!
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