(Redazione) - Figuracce retoriche - 19 - Ossimoro



di Annalisa Mercurio


I banchi di Figuracce retoriche sono caldi, ma non lasciate quella sedia! Oggi parleremo di ossimori!


Ossimori - Immagine da web (modificata)



A volte mi vengono servite su un piatto d’argento…Tra OSSI-MORI e OSSI-BIONDI cosa preferite? Oggi, a figuracce retoriche, solo OSSIMORI! Spostate però l’accento sulla prima ‘i’ e leggete ossìmori.
Inizio questa puntata col dirvi che l’ossimoro, se desiderate confondere qualcuno, è la figura retorica che fa per voi!
Parliamo di una figura retorica che appartiene alla famiglia delle figure di senso, e, come la maggior parte delle figure retoriche che abbiamo visto nelle precedenti puntate, la sua etimologia deriva dal greco ὀξύμωρον, oksýmōron: un’unione di ὀξύς (oksýs) acuto, perspicace e μωρός (mōrós) sciocco, folle.
Cominciamo benissimo! Il termine ossimoro è esso stesso un ossimoro, infatti, è composto da due termini in grande contrasto tra loro.
Mi tolgo un attimo dall’impaccio della spiegazione e lascio la parola al grande Jorge Luis Borges il quale, descrive così la figura retorica di oggi: “Nella figura retorica chiamata ossimoro, si applica ad una parola un aggettivo che sembra contraddirla; così gli gnostici parlavano di una luce oscura; gli alchimisti di un sole nero”.
Creiamo quindi un ossimoro quando pronunciamo un termine e subito dopo andiamo a contraddirlo creando così un’immagine assolutamente inedita, utopica, illogica e irrazionale.
Ma che scopo ha l’utilizzo di questa figura retorica? L’ossimoro viene utilizzato per dare forza e stupire, è un paradosso che invita il lettore a soffermarsi e andare oltre il visibile, è uno stimolo a superare la ragionevolezza.
Bice Mortara Garavelli in “Il parlar figurato”, oltre a riportare come esempi alcune locuzioni latine come concordia discors (concordia discorde) e festina lente (affrettati lentamente), definisce l’ossimoro un cortocircuito semantico (definizione che trovo geniale) e fa presente che questo ‘gioco di parole' può avvenire non solo tra un nome e un aggettivo. Qui tutte le possibilità con relativo esempio:

"a) soggetto/predicato:
La loro vita è morte d’immortali / E d’immortali vita, il morire.
(Eraclito, in Ceronetti 1986, p. 36)

b) nome/attributo o altra specificazione:
una voce monotona, aspra, irta, iterativa, che via via verrà misurandosi con l’altra che tu hai scelto, insensato senso.
(Manganelli 1987, p. 144)

Cosa significano quelle ridicole mostruosità, quelle deformi formosità e formose deformità?
(Eco 1980, p. 88)

c) verbo/avverbio o altro modificatore:
mi avvicino guardingo e ferisco / senza ferire spio senza spiare / guado senza guadare.
(Lontana – così vidi io il suo volto oscurarsi, vv. 15-17, in Zanzotto 1986)"

Chiudiamo ora il testo di Garavelli e andiamo a esplorare altri esempi.
Ugo Foscolo in Alla sera, ci offre l'immagine di un nulla eterno.
Una mente poco allenata agli ossimori avrebbe subito da obiettare: se è nulla, cioè qualcosa che non esiste, come fa a essere eterno? Azzarderei quindi col dire che l'ossimoro è una figura decisamente più adatta al pensiero filosofico che a quello matematico, ma torniamo a Foscolo:

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme.

Mentre, ritroviamo la locuzione latina di cui parlava Bice Mortara Garavelli in Undulna di Gabriele D’Annunzio:

Figure di nèumi elle sono
in questa concordia discorde.
O cètera curva ch’io suono,
né dito né plettro ti morde.

Alessandro Manzoni, invece, nel sesto capitolo dei Promessi Sposi, associa gli aggettivi bieco e rabbioso a uno sguardo d’amore:

"...fissando con uno sguardo bieco d’amor rabbioso, la vicenda comune, pareva pensare alla porzione d’appetito che le doveva sopravvivere

E ancora il mio amato Salvatore Quasimodo in Lettera alla madre crea uno straordinario contrasto tra la neve (e di conseguenza alla sensazione di freddezza che porta con sé) e il fuoco che brucia:

Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d’acqua, bruciano di neve;”

Ora un ultimo esempio classico. Giovanni Pascoli in Il lampo, in due versi ci regala due ossimori: il primo, composto da aggettivo e sostantivo, il secondo da due verbi:

"…nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto…"

Ma non solo i poeti usano espressioni ossimoriche, frasi che potrebbero sembrare ‘senza senso’.
Alzi la mano chi non ha mai sentito espressioni come: c’era un silenzio assordante, o ancora: il tuo silenzio è eloquente, fu un attimo di lucida follia
Dopo cotanta serietà, vi vedo stremati, è giunto così il momento di sorridere un po’.
Pochi giorni fa mi sono imbattuta in un simpaticissimo post su Facebook il quale, parlando di ossimoro, ha pubblicato questa immagine:


Ma come quasi sempre accade, la cosa più esilarante erano i commenti, nei quali c’è chi ha proposto come esempio, felicemente sposato.
Passiamo ora alla filmografia, dove troviamo il film noire di Lawrence Kasdan Body Heat: questo tiotlo in italiano è stato tradotto con un intrigante: Brivido caldo. Anche il titolo dell’horror del 1968 La notte dei morti viventi è di grande effetto e, in questo caso, anche in lingua originale si è giocato sullo stesso ossimoro: Night of the Living Dead .
Tornando invece alla letteratura, ma sempre parlando di titoli, ‘L’insostenibile leggerezza dell’essere' di Milan Kundera, non è già di per sè un capolavoro?
Chi segue questa rubrica sa bene che spesso ho un pensiero divergente, in questo caso particolare, non posso non fare una piccola escursione nell’arte pittorica. Sento la voce del/della prof. che è in voi che mi dice: "mi scusi Mercurio, stiamo parlando di ossimoro, una figura retorica che appartiene al linguaggio…"
Ma ora, ditemi voi se questo megalite volatile del il dipinto “il castello dei Pirenei” di Magritte non è un ossimoro! Dopotutto la pittura non è che un’altra forma di linguaggio.

Il castello dei Pirenei René Magritte 1959 - Immagine da web



E ora, figuraccia sia!

So quanto amavi distrarti dal reale
contando gli infiniti e microscopici
spigoli del cerchio oppure cantando
di albe discendenti e onde aride,
di floridi deserti, di tornadi lenti.
Di vita propria morendo.

Annalisa Mercurio

Vi aspetto alla prossima!
 
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Commenti

  1. Come al solito è un piacere leggere questa rubrica .Grazie

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  2. Grazie Annalisa per questo approfondito articolo. Su un esempio penso si dovrebbe riflettere: quello del Pascoli, l'uso dei due verbi (in accordo anche col tema del lampo e quindi di una luce che permane pochissimo) indica secondo me la successione temporale di due immagini e quindi non dovrebbe trattarsi di un ossimoro:

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    1. Un commento davvero illuminante (a proposito di fulmini). Scherzi a parte ringrazio per questa osservazione. Le figure retoriche lasciano sempre qualche dubbio, e non sempre le fonti sono d'accordo. Come dico sempre, sono qui per imparare condividendo. Grazie per l'attenzione!

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    2. Grazie per questo commento illuminante (a proposito di lampi). Scherzi a parte, le figure retoriche lasciano sempre qualche dubbio e qualche via di interpretazione aperta. Gli stessi studiosi spesso non sono d'accordo, in questo caso non resta che fare una scelta e buttarsi. Come dico spesso, sono una studentessa che condivide gli appunti, ogni sguardo attento e competente è altamente gradito. Grazie per l'attenzione.

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  3. Grazie, sempre interessanti, semplici ma chiarissime le tue figuracce. Ma non sono solo una bella lezione, sono appassionanti! Comunque...buon lunedì è insuperabile!

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