(Redazione) - Figuracce retoriche - 20 - Antitesi

 
 
 
di Annalisa Merurio
 
Nella scorsa puntata (https://www.leparoledifedro.com/2024/07/redazione-figuracce-retoriche-19.html) abbiamo parlato di ossimori, ma attenzione a non confondere l’ossimoro con un'altra figura retorica molto simile: l'antitesi. 
ANTITESI
Dal greco ἀντίϑεσις antíthesis, contrapposizione.
Anche l’antitesi ordina in sequenza due termini o due frasi di significato contrastante ma, a differenza dell’ossimoro, per ottenere un'antitesi non è sufficiente affiancare due termini, infatti, questa solitamente nasce all’interno di un’intera frase. 
Per utilizzare questa figura retorica, vi consiglio di munirvi di un vocabolario sinonimi-contrari, perché è di questi ultimi che abbiamo bisogno.
 Lo so, detto così non è chiarissimo. Addentriamoci nel discorso e impariamo a distinguere l’antitesi dall’ossimoro.
Che differenza c’è dunque, tra queste due figure retoriche?
Come dicevo all’inizio, in figuracce retoriche di luglio abbiamo visto che l’ossimoro è una contrapposizione, un’unione paradossale di due termini (soggetto e predicato, nome e attributo, verbo e avverbio). Dicevamo invece che, per dar vita a un'antitesi, abbiamo bisogno di sviluppare un’intera frase, decisamente più logica, nella quale compariranno comunque due elementi opposti.
Come primo esempio, leggiamo i seguenti versi di Petrarca:

"Pace non trovo e non ho da far guerra;
e temo e spero; e ardo e sono un ghiaccio
e volo sopra ’l cielo e giaccio in terra;
e nulla stringo e tutto ’l mondo abbraccio…"
 
(F. Petrarca, Pace non trovo, Canzoniere, CXXXIV, vv.1-4)
 
A ogni verso qui riportato (nel secondo per ben due volte), troviamo un elemento e il suo esatto contrario, ma questi termini, nonostante siano in netto contrasto, vengono legati da altre parole che fan sì che la frase sia ricca e scorrevole. Differente è dire ardo e sono un ghiaccio da sono ghiaccio bollente che sarebbe un ossimoro.
Nel linguaggio comune il termine antitesi indica due oggetti, due persone o due situazioni opposte. Per esempio, nella tragedia sheakespeariana di Romeo e Giulietta, le casate dei Montecchi e dei Capuleti sono in antitesi, cioè in opposizione, in contrasto insanabile.
Invece, se guardiamo questa figura retorica da un punto di vista linguistico, possiamo dire che l’antitesi accosta idee, soggetti o concetti in netto contrasto tra loro.
Possiamo quindi definire lantitesi una figura retorica di pensiero che consiste nel far risaltare due immagini consecutive, giocando sul senso opposto di queste.
È un espediente per dare forza a ciò che si vuole descrivere, mostrando entrambe le facce di una medaglia, lo ying e lo yang, l’alba e il tramonto.
Sempre a proposito di ghiaccio e fuoco (ma signori poeti, e che diamine! Un po’ di fantasia!) Giosuè Carducci in Illusa gioventù scriveva:
 
So che non focoma ghiaccio eravate"
 
Non scrive sei fuoco freddo, che sarebbe un ossimoro, qualcosa di impossibile. Scrive “non eri fuoco, ma ghiaccio", e questo ha decisamente un altro significato, i termini in contrasto ci sono, sì, ma fanno parte di un discorso che spiega ciò che il soggetto era e non era, in maniera assolutamente logica e razionale. 
Niccolò Macchiavelli, invece, farà innervosire generazioni di donne rischiando il linciaggio con questo passo tratto dalla commedia da lui scritta nel 1518, La mandragola:
 
madonna Lucrezia è savia e buona: ma io la giugnerò in sulla bontà. E tutte le donne hanno alla fine poco cervello"
 
Quindi, madonna Lucrezia, per quanto sia sana di mente, ha poco cervello come tutte le donne… contenuto a parte, rendiamoci conto di quanto sia più efficace la sua conclusione, dopo aver presentato il soggetto come savio: savio con poco cervello.
 
E Dante, che abbiamo ultimamente un po’ trascurato, ci regala questa perla:
 
"Non fronda verde, ma di color fosco; 
non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; 
non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco…"
 
Inferno, canto XIII
 
In ogni verso Dante ci presenta un’immagine, qualcosa che non è, per poi farci vedere quel che vuole; ogni immagine delicata e fresca diventa, grazie al contrasto, ancora più infernale.
Trovo differente da tutte le precedenti invece, la seguente citazione tratta da Il Gattopardo di G. Tomasi di Lampedusa:
 
Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi
 
Tomasi di Lampedusa scrive qualcosa e immediatamente il suo contrario ottenendo sì una frase di senso compiuto, ma comunque paradossale, qualcosa che ci spinge a pensare facendo in modo che si trovi il bandolo della matassa e che il paradosso si sciolga diventando qualcosa di possibile. Immaginando per esempio un rapporto amoroso problematico, potremmo leggere la frase di Tomaso di Lampedusa in questo modo: se vogliamo far sì che il nostro amore duri, se vogliamo restare insieme, bisogna che tutto (ciò che non funziona) cambi.
Nel linguaggio comune, troviamo questa figura retorica in affermazioni come: usciva di notte, non di giorno, oppure, temo e spero.
Anche alcuni modi di dire si basano su antitesi come “buoni si nasce, cattivi si diventa” o “farne di cotte e di crude”. Anche l’espressione "ti lascio perché ti amo troppo” ha del paradossale e ora la trasformerò in antitesi per renderla più originale: "mi odio perché ti amo, per questo ho deciso di lasciarti". Notate l'efficacia differente? Spero comunque non dobbiate usarla!
Detto tutto ciò, perché limitarci al linguaggio? Possiamo infatti trovare l’antitesi anche camminando per strada, facendo due passi in città… nella foto che segue il calore del mattone rosso, il blu del cielo in forte contrasto e il vento, che tiene le fila del discorso.
 
Rimini, Corso d'Augusto

Traduciamo ora l’antitesi in musica: qualche giorno fa, visitando il Museo e biblioteca della musica di Bologna, mi sono imbattuta in un pensiero di Gottfried Wilhelm Leibniz estratto da una lettera del 1706 inviata a Christian Goldbach: “… Anche se non sa di numerare, l’anima avverte l'effetto di questo calcolo insensibile,ossia il diletto che viene dalle consonanze e la molestia delle dissonanze…”

 
Se dovessi invece scegliere un rappresentante di questa figura retorica nell'arte pittorica, proporrei Kandinsky, la cui arte è basata sul contrasto ed è un gioco d’equilibrio tra conflitti: linee curve e rette, i gialli e i rossi (caldi) messi in risalto dal blu (freddo).

‘La capanna del silenzio', Vasilij Kandinsky

 

Egon Shiele, invece, intitola un suo acquerello "Io amo l'antitesi"; a noi scoprire il nesso tra titolo e opera. Come nel dipinto di Kandinsky abbiamo un contrasto tra la tinta calda del soprabito e il blu dei pantaloni, ma non solo: il soggetto pare steso eppure è verticale, lo sfondo sembra un comodo giaciglio, ma la figura è tesa, nel corpo e sul volto.
 
'Io amo l’antitesi', Egon Shiele (1912)
 

E ora vi saluto con la mia solita figuraccia del giorno. Alla prossima!
 
Tutto il dolore generato
per trasformare il nero in bianco
mentre il tempo cominciato è già finito
e sulla lingua pronuncia d’amore muore.
 
(Annalisa Mercurio)
stampa la pagina

Commenti