Poesie di Duilio Papi con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

 

Le vie che la poesia elegge per far incontrare voci diverse tra loro sono le più imperscrutabili e, alle volte stupefacenti, e chi sa osservare questa sorta di déroulement, di svolgimento silenzioso delle inesorabili regole e leggi del contatto umano in poesia non può che rimanerne colpito nel profondo.

Di Duilio Papi, poeta milanese di rilievo della mia stessa generazione, avevo sentito parlare sempre con apprezzamenti importanti nel corso degli ultimi anni, ma ancora non mi ero avvicinato alla sua poesia.
Questa estate, in una delle afose serate che Milano si è prodigata di fornirci senza pietà,  mi sono recato con un amico a bere un aperitivo al solito bar e il mio amico mi dice: Oh guarda chi c'è, vieni che ti presento un mio amico anche lui poeta. 

Era Duilio, con il quale è nata una immediata intesa su tanti temi attinenti la creazione poetica. 
Un volto il suo che ricorda un po' Fernandel e un po' Jaques Brel e una visione la sua che richiama, non so quanto consciamente, la produzione letteraria e poetica degli anni 60-80 di oltralpe. 

Dal conoscersi, al parlarsi, al leggersi reciprocamente e al chiedere di poter pubblicare alcune sue su Le parole di Fedro il passo è stato breve, quasi un baleno. 
E sono oggi molto lieto di potervi proporre alcune sue poesie dall'evidente richiamo ad una spinta etica di tutto rilievo. 
Sono versi, come potrete vedere, in cui il silenzio ha un ruolo sempre centrale e la speranza poggia su una descrizione dell'elemento naturale che colpisce per delicatezza ma, allo stesso tempo, per diretta incisività. 
L'elemento del quotidiano in queste poesie assurge a ruolo di simbolo di un altro che prende le forme del piccolo per emergere, e voi sapete bene come tale tema mi stia a cuore e sia centrale nella mia visione della poesia. 
Non mancano poi deserti, grida, seduzioni, principi eterni, sogni fuggiaschi; tutte immagini queste che parrebbero dover richiamare un lessico di potenza e strazio ma che, al contrario, con estrema maestria il poeta copre del velo di una umana, tenera e delicata comprensione (altro tema questo a me molto caro).
La poesia di Duilio Papi sorge dal pensiero e dal pensiero stimola il lettore (terzo tema a me caro).
E, a ben vedere, è proprio questo che stupisce in questa scrittura: il picco etico celato dietro un dire piano e lento, la vertigine contenuta di alcuni versi, la profondità nascosta dietro un parlare quotidiani.

Sono tutti questi, a parere di chi vi scrive, veri e propri ossimori etici, nel senso che, al di là dell'uso di quella specifica figura retorica nella quale Duilio Papi non abbonda, si percepisce un ossimoro etico nel celare le vette dell'etica dietro ad immagini semplici - nel senso etimologico di senza pieghe - ma mai facili e ancor meno facilone. 
Il poeta sembra volerci condurre per mano nella scoperta del goccia a goccia etico in cui speranze e sogni si formano lentamente ed è solo il loro processo formativo che pare interessare autore e lettore, non le vette degli esiti.

Quelle di Duilio Papi, sono evidentemente poesie per la scrittura delle quali il poeta, e quindi anche il lettore per la loro com-prensione, ha immerso mani pure nel fango per estrarre gemme e pare averlo fatto col sorriso bambino di chi sa, nel gioco compositivo di lemmi e parole, ritrovare una sacralità degna del nome poesia.

Per la Redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati

POESIE DI DUILIO PAPI
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Semplicemente pace

Spero nel silenzio
dopo le grida,
dopo i pianti,
nelle allungate albe
da nuvole lievi,
in notti quiete
dove gli incubi giacciono
in armadi chiusi per sempre.

Auspico il silenzio
nelle pieghe
dei proclami declamati,
tra un boccone di pietà
e un sorso di speranza,
nello sguardo stupito
per un filo d’erba vivo
in mezzo all’arida morte.

Parlasse il silenzio
agli occhi stanchi della violenza,
parlassero le macerie
raccontando il loro pianto,
mentre implodono
le loro forme.

Cieco sembra l’uomo,
intontito dalle sue ambizioni,
solitario di principi eterni,

dilaniato come un cencio
nel nome della giusta vittoria.


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La storia dell’albero

Nelle lande della sera
si appoggiano le nubi dense
dei pensieri ossessivi.

Quando ero ramo sottile
speravo in germogli,
quando fui stabile legno
in un percorso di foglie.

Ora l’autunno rimonta
la mia nuda corteccia
infeconda per sorte.

La secchezza esile
delle mie braccia
incide il cielo distante
disegnando sospiri di linfa.
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L’adolescenza incallita

Ho riposto gli occhi
stanchi di guardare
la mia vita arrugginirsi
a causa degli inganni.

Li custodisco in un cassetto;

arriveranno stagioni
dove ascoltare il vento,

dove l’istino urlerà
la condanna delle seduzioni.


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L’abbraccio di ombre

Guardo il tramonto
fra gli scarni arbusti
stiracchiati dalla fretta di un treno.

Nello specchiarsi del mondo
un biancore accennato.

Il candore delle strisce di neve
si appresta a morire,
come il giorno,

regalando
un ultimo abbraccio di ombre.


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Lacrima la luce
sul tessuto nero
del mare di notte.

Brilla un chiarore
ristretto in calli
di abbagli mossi.

La guardo solidale,
mentre sfuma il buio
nel silenzio dell’incanto


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Come sei lontana
siderale lampione,
lievitare di luce
nella notte salina.

Prendimi, ti prego,
nel tuo deserto,
gibboso divenire
di cipria sottile.

Anch’io sono luce
di un altrove
fatto di tempo,
costrutto di proteine,

semplicemente vagante
nello spazio di attimi,
intarsiato nell’aria
tra passioni impreviste.
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A quante lune
deve ululare un lupo
per carpire il rantolo
di una lepre in esilio?

Lei felicemente muta,
tra le stelle sacre,
lui gemente
nella battaglia vuota.

Attanaglia la mia notte
Il sortilegio acre
di un sogno fuggiasco.
Neppure l’ardore
di lucciole frementi
tracima dal buio.


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Sarà ingenuo sognare.
L’amore perde
nei tribunali del sapere,
insipido assunto
di un pensiero felice.
Forse non è un calasse,
ma un treno veloce
disperato della sua sete.
Vorrei essere sempre
un albero fiorito
spettinato
dalla carezza del vento.

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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
(dice di sé il poeta...)

Duilio Papi è nato nell’aprile del 1967 a Milano dove tutt’ora vive. Malgrado sia Impiegato in attività di tipo organizzativo nell’ambito tecnico informativo, sente ormai da diversi anni la necessità di comunicare attraverso la scrittura le sue emozioni e gli stati d’animo del suo tempo. La poesia è la forma letterale che predilige. È autore di diverse sillogi, ma si applica anche nella scrittura di testi teatrali e di recente ha pubblicato un testo di prosa. Il Papi, nel suo cimentarsi con la scrittura, cerca di dar voce a quelle strofe minori della vita che sole paiono contenere una purezza di messaggio e di bellezza. Il disincanto verso il proprio tempo non gli impedisce di cercare il vero, e di stupirsi delle tracce sparse di un altrove più profondo, che però pare sfuggirgli appena timidamente si palesa.

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