(Redazione) - Figuracce retoriche - 21 - Litote

 
 
 di Annalisa Mercurio

Disse Buffalo Bill: “Non è lì il totem" "Ma se non è lì dov'è?" rispose Toro seduto. "Se non è lì è là! Ah eccolo! Non è brutto!” “Come non è brutto, è bellissimo!” " "Lo ammetto, è bellissimo, ma non volevo esagerare con l’entusiasmo"… Fu così che nacque la Lìtotem che perse la "m" a causa di una apocope (qui) e diventò LITOTE.


Buffalo Bill e Toro seduto immagine da web


Ovviamente, come mio solito, sto scherzando! Siamo giunti alla 21ª puntata di Figuracce retoriche e come mia abitudine farò in modo che questa, come le altre, non sia noiosa… non noiosa, quindi piacevole, spassosa, divertente. Anche oggi, come nelle precedenti due puntate nelle quali parlavamo di ossimori (lo trovate qui) e antitesi (lo trovate qui), avremo bisogno di un vocabolario dei contrari (vedremo che in questo caso può essere d’aiuto ma non risolutivo) perché giocheremo a “cosa non è”. Signore signori e signore a voi la litote.
Alzi la mano chi, almeno una volta, ha cantato C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones! Ricorderete tutti che il ragazzo in questione non era bello, ed ecco la litote. Quel 'non era bello' ci fa intendere delicatamente che il ragazzo in questione non fosse un Adone (ho fatto anche la rima!). Immaginatevi ora davanti al fuoco, una chitarra, degli amici... immaginatevi cantare era bruttino ma accanto a sé... direi che farebbe decisamente un altro effetto anche se in musica calza a pennello!
Anche Roberto Vecchioni grazie all'uso della litote, in “Figlia” descrive la donna amata e non più giovane (ecco un'altra litote) utilizzando il termine “ragazza”. L’immagine di una donna ormai grande mantiene così il sapore della freschezza e fa in modo non si possa fare a meno di immaginarla bella

Non c'era fiume quando l'amai
e non era propriamente ragazza
(R. Vecchioni “Figlia")

Litote, deriva dal greco λιτότης, litótēs, semplicità e attenuazione, da da litós semplice. Un meccanismo semplice per attenuare una dura verità. E se facessimo il contrario? Se mettessimo la negazione prima di un termine negativo? In questo caso otterremmo comunque un'attenuazione; se per esempio dicessi non è cattivo, il mio interlocutore percepirebbe qualcosa che si avvicina al buono, ma che completamente buono non è. In pratica, abbiamo una litote quando usiamo una negazione per dichiarare il contrario e così facendo otteniamo l’attenuazione di un concetto. Questa è pertanto la figura retorica perfetta per essere diplomatici, per dire la verità senza essere troppo diretti.

Al tempo stesso però la litote, partendo da una negazione e non esplicitando l’intenzione, apre le porte a più interpretazioni, o meglio a più livelli del significato contrario: tornando a Gianni Morandi, non era bello può indurci a pensare a vari livelli di non bellezza, era solo non particolarmente bello? Era bruttino, brutto, molto brutto? E quando Loredana Bertè canta non sono una signora, cosa intende precisamente? Sono nubile? Non ho le buone maniere che si addicono a una signora? Sono una donna non sono una santa?
La litote, non solo può non essere chiara (eccone un'altra!) in quanto non ci informa della misura del contrario, ma può essere facilmente confusa con l’antitesi o con una semplice negazione. Insomma, gli studiosi dicono che, la litote per essere tale, deve attenuare un giudizio (negativo o positivo che sia) negandone il contrario.
Dario Corno però, parlando di litote per Treccani scrive:
[…] I discorsi mostrano spesso una ‘forza’ enfatica non enunciando direttamente quanto si vuole dire, ma – a seconda dei contesti – negando il concetto o l’espressione allo scopo di ottenere un effetto di dissimulazione rafforzata. […] successivamente riporta i seguenti versi di D'Annunzio:

Tal chiaritate
il giorno e la notte commisti
sul letto del mare
non lieti non tristi
effondono ancora

(“Il novilunio”, vv. 68-72)

Un momento: in questo verso di D’Annunzio (non lieti non tristi) non abbiamo nessuna attenuazione e negando di non essere triste dovrei intendere esser lieto! Quindi, dal momento che giochiamo a cosa non è, in base alle regole sopra citate, a mio avviso questa potrebbe non essere una litote, o, quantomeno, non una litote classica. Nonostante vi consigli vivamente di non affidavi ciecamente alle mie elucubrazioni mentali di studentessa dell’ultimo banco, devo farvi presente che questo argomento è stato spunto per una interessante chiacchierata con il mio mentore, uno che mangia figure retoriche a colazione, chiacchierata nella quale abbiamo ipotizzato di poter definire questo verso di D’Annunzio un "ossimoro litotico". Abbiamo visto nell'articolo a lui dedicato che abbiamo un ossimoro quando dichiariamo di essere allo stesso tempo qualcosa e il suo esatto contrario (ricordate il ghiaccio bollente?), in questo caso invece, viene negato di essere qualcosa e al contempo si nega di essere anche il contrario; per questo motivo lo abbiamo definito ossimoro litotico.
Detto ciò, vi sembrerà strano, ma tutto questo ragionamento sul verso del Vate, mi ha fatto pensare al testo di Caparezza “Io vengo dalla luna", testo che, a questo punto, definirei borderline:

Io non sono nero

Io non sono bianco
Io, non provengo da nazione alcuna
Io, sì, io vengo dalla Luna
Io non sono attivo
Io non sono stanco

Nei primi versi abbiamo delle negazioni con relativa anafora (lo trovate qui). Prendendo il primo verso da solo, potremmo pensare a una litote: se dice di non essere nero, vorrà dire di essere bianco, anche se non essere nero potrebbe significare essere qualunque altro colore; nel secondo verso infatti, il nostro primo pensiero viene smontato. Quindi, in base alle regole, possiamo dire che, non attenuando un giudizio e negando poi il suo contrario, non sia una litote ma una semplice negazione arricchita da antitesi (nero – bianco / attivo- stanco), o quello che abbiamo definito ossimoro litotico nel caso dannunziano. Lo stesso vale per i versi successivi, fino a “non provengo da nazione alcuna" cioè vengo da qualcosa che nazione non è, e nel verso che segue Caparezza specifica che non viene da nessuna nazione perché viene dalla luna attenuando il fatto di essere extraterrestre. Tornando discorso delle ampie possibilità di interpretazione di una litote, in questo caso particolare ciò che non è nazione è un concetto talmente ampio, che ci proietta nello spazio!
Come vedete la litote può essere un’arma a doppio taglio e come ogni cosa va usata cum grano salis (tranquilli, non mi metterò a parlare latino), con buon senso, o quantomeno con la consapevolezza di poter aprire le porte a vari livelli di interpretazione di quel contrario che vorremmo far intendere.
La litote è una figura retorica che coinvolge l’interlocutore e, alzando la sua attenzione, lo “obbliga” a operare un’inferenza, a cercare una conclusione in base a ciò che è stato detto. Trovo molto interessante anche la domanda che mi è stata posta a proposito di questa figura retorica: “la litote è intenzionale?” Personalmente penso che possa essere utilizzata consciamente nel caso in cui si parli di retorica politica, o quando un avvocato prepara un’arringa (no non l’aringa!) Per esempio Quintiliano (se non sapete di chi stia parlando potete leggere qui) invece, in Istituzione oratoria del I secolo d.C. usa locuzioni come Non mi sfugge o nessuno ignora formule decisamente più eleganti e diplomatiche di "so" e "tutti sapete". Anche in Retorica a Gaio Erennio risalente al I secolo a.C attribuito a Cicerone leggiamo: Per indigenza? A lui precisamente il padre ha lasciato un patrimonio – non voglio dire troppo – non modestissimo; in altri casi la litote la si usa inconsciamente, senza che vi sia una reale intenzione di attenuazione, questo perché è entrata a far parte del nostro linguaggio. Tutti noi usiamo la litote molto più di quanto si creda e spesso, come dicevo, senza farci caso. Per esempio, quando siamo ammalati ma non vogliamo far preoccupare i nostri cari diciamo “non mi sento bene" perché sappiamo che dire loro "mi sento male" avrebbe un peso differente.
Mi viene in mente anche la classica raccomandazione quando i figli adolescenti escono: “non fare tardi!” che ha un sapore differente dal dire loro “torna presto”, non fare tardi dà l'impressione che possano avere più libertà, la parola tardi li trasporta in un futuro abbastanza lontano da soddisfarli, come se quel non venisse cancellato dal cervello... infatti a volte capita che lo cancellino davvero e tornino comunque fuori tempo massimo!
Vediamo ora alcuni esempi in letteratura iniziando dal Sommo:

Però, se l'avversario d'ogne male
cortese i fu, pensando l'alto effetto
ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale,
non pare indegno ad omo d'intelletto.

(Dante Alighieri, Inferno canto II 16.19)

Un altro esempio di litote la troviamo in A Zacinto di Ugo Foscolo:

... onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
cantò fatali ...

Giacomo Leopardi, invece, in Dialogo della natura e di un islandese scrive:

dove non ignori che si dimostra più che altrove la mia potenza.

Un altro esempio classico dell’uso della litote è nei Promessi sposi dove Alessandro Manzoni descrive così Don Abbondio:

non nobile, non ricco, coraggioso ancora meno

Non trovate sia gentile da parte sua non definirlo plebeo, povero e vigliacco? E ancora:

Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone.

Un modo carino per non definirlo, ancora una volta, direttamente codardo.
Anche se questa puntata non può procedere oltre, non siate tristi! Come sempre vi saluto con la mia figuraccia del giorno, a voi cercare litoti, semplici negazioni e antitesi!

Non sono acqua né terra
ma di una porto la forma.
A chi chiede trasparenza
bordata d'aria non rispondo.
Non sono torbida.
È solo che
non sono mai come vorresti io fossi.

Annalisa Mercurio
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